Tassa sullo zucchero: ecco i paesi dove è stata introdotta e come funziona

Anche in Italia, come già succede in molti altri paesi europei, la sugar tax diventerà una vera e propria realtà a breve. Ma vediamo in quali paesi, oltre al nostro, è già stata introdotta

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 13 Maggio 2024 13:00

In molti l’hanno già ribattezzata la tassa sulla Coca-Cola mentre all’estero la chiamano semplicemente Sugar Tax. Parliamo della cosiddetta tassa sullo zucchero, un provvedimento adottato già in 50 paesi esteri che mira a ridurre drasticamente l’utilizzo di zucchero nella produzione di bevande analcoliche, light e soft drink. L’obiettivo è invogliare i grandi produttori di bibite zuccherate o ricche di edulcoranti a riformulare le ricette e limitarne il consumo presso i consumatori finali. Nel nostro Paese l’argomento è ancora tabù, o quasi. C’è chi si schiera a sfavore dell’introduzione di un’ennesima tassa, chi invece vorrebbe trasformarla in uno strumento per favorire il consumo di zucchero italiano con un provvedimento per così dire sovranista.

Tassa sullo zucchero anche in Italia?

La sugar tax, in Italia, arriverà il prossimo 1° luglio 2024. In un primo momento la nuova imposta avrebbe dovuto partire nel 2026, ma l’esecutivo a guida Giorgia Meloni ci ha ripensato, creando non poche tensioni all’interno della maggioranza.

A prevedere l’introduzione della sugar tax è stata la Legge di Bilancio 2020, benché l’entrata in vigore dell’imposta sia sempre stata rimandata. A ogni modo quella che ha visto la luce in questi giorni è sostanzialmente una tassa dimezzata. L’aliquota per i prodotti finiti, infatti, è stata fissata in 5 euro per ettolitro – ossia a 5 centesimi per litro -. Inizialmente era prevista un’aliquota pari a 10 euro per ettolitro, ossia 10 centesimo per litro. L’aliquota, ovviamente cambia, per i prodotti che possono essere utilizzati dopo una diluizione: in questo caso l’imposta è fissata a 0,13 euro per chilo di prodotto, contro i 0,25 euro che erano previsti in un primo momento.

Stando a quanto è stato previsto dall’articolo 2 de decreto del Mef del 12 maggio 2021, i soggetti tenuti al pagamento della sugar tax sono il fabbricante, il cedente – che corrisponde al soggetto che vende le bibite ai consumatori, l’acquirente e, unicamente per i prodotti che arrivano dai dei paesi extra-Ue, l’importatore.

Come funziona la sugar tax

Fuori dai confini italiani la situazione è ben diversa. La tassa sullo zucchero è già legge in 50 paesi stranieri e in tanti altri Stati le proposte stanno per diventare operative. In generale la logica adottata è basata su alcune linee comuni, tra cui:

  • tassare le bevande zuccherate per incentivare le industrie a riformulare le loro ricette;
  • vietare la pubblicità di cibi e bibite squilibrati, soprattutto se destinati ai bambini;
  • adottare etichette a semaforo dare ai consumatori le informazioni necessarie sui prodotti che acquistano;
  • promuovere corsi di educazione alimentare nelle scuole.

Nella maggior parte dei paesi europei che hanno già disposto una tassa sullo zucchero, il parametro di riferimento è la quantità di zucchero presente nei prodotti.

In Gran Bretagna, ad esempio, la Soft drinks industry levy è entrata in vigore lo scorso aprile ed è stata applicata solo sulle bevande analcoliche o poco alcoliche di oltre 300 produttori che superano una certa soglia di zuccheri nelle ricette industriali.

Succhi di frutta naturali e bevande a base di latte sono invece esentate. La tassa è pari a 18 pence (20 centesimi) per litro per le bibite con un contenuto variabile da 5 a 8 grammi di zucchero ogni 100 ml. Se il contenuto supera gli 8 grammi la tassa sale a 24 pence. L’obiettivo, dunque, non è semplicemente quello di diminuire il consumo di zucchero, ma di convincere i produttori a calmierarne l’utilizzo nel processo produttivo.

In quali paesi europei è stata adottata la sugar tax?

In Francia l’introduzione di una tassa sullo zucchero risale addirittura al 2012 e riguarda tutte le bevande zuccherate o edulcorate, comprese le cosiddette bibite light. Inizialmente l’imposta prevedeva un prelievo fisso pari a 7,53 euro a ettolitro che ha comportato un incremento sui prezzi delle bevande.

Dal 1° luglio 2018 è entrata in vigore la nuova tassa sullo zucchero basata sulla percentuale dell’ingrediente presente nella bibita. Per le bevande con il 4% di zuccheri la tassa è di 0,045 euro a litro. Con il 10% si arriva a 0,135 euro a litro, mentre per una con il 15% il costo aggiuntivo è di 0,235 euro a litro.

Tra i paesi in cui il dibattito è più vivace, spicca senza dubbio la Germania. Nel paese teutonico oltre duemila dottori avevano chiesto alla Cancelliera Angela Merkel e ai suoi ministri di adottare delle misure concrete per combattere obesità e malattie del metabolismo legate a un regime alimentare squilibrato, ricco di zuccheri e grassi.

Anche in Norvegia esiste una sugar tax fin dal 1922: nel gennaio 2018 è stata aumentata 4,75 corone. Le vendite di bevande a base di zucchero sono così diminuite dell’11% rispetto al 2017.

Più che un dibattito, la campagna si è trasformata in una vera e propria battaglia sostenuta da organizzazioni professionali, aziende del settore sanitario e nutrizionisti. Ciò che si chiede a gran voce è l’introduzione di un’etichettatura nutrizionale semplificata per alimenti e bevande zuccherate. La logica dovrebbe essere quella dei colori del semaforo, come avviene in Gran Bretagna e Francia, l’introduzione di nuovi standard per i pasti serviti nelle mense scolastiche e misure fiscali efficaci come, appunto, una tassa sullo zucchero per tutti i produttori.