Con la sempre più imminente approvazione della Legge di Bilancio 2026, riemerge con forza in Parlamento, con la discussione degli emendamenti, l’idea di ridurre l’Iva su una lunga serie di beni, soprattutto alimentari. La proposta, nonostante i suoi chiari risvolti sociali, si scontra con l’enorme costo per le casse pubbliche, stimato in miliardi di euro.
Dopo vari tentativi, i partiti di maggioranza e di opposizione tornano a insistere per applicare l’aliquota agevolata al 4% a diversi prodotti. L’obiettivo è inserire la misura nella prossima Manovra finanziaria e nel più ampio contesto della riforma fiscale, un intervento che finora è rimasto incompiuto proprio a causa delle ingenti risorse necessarie.
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Le richieste in campo, dalle carni alle ostriche
In prima fila c’è Italia Viva, con la senatrice Raffaella Paita, che chiede di applicare l’Iva al 4% su carni suine fresche, refrigerate, congelate e prodotti di salumeria. Una misura che, secondo le stime de Il Sole 24 Ore, avrebbe un costo di circa 900 milioni di euro.
Il Movimento 5 Stelle, attraverso il senatore Mario Turco, propone un taglio ancora più ambizioso, portando al 4% (dall’attuale 10%) l’Iva su un vasto paniere di beni alimentri di prima necessità.
Nell’elenco figurano:
- pasta;
- pane;
- latte;
- burro;
- formaggi;
- uova;
- frutta;
- ortaggi,
- legumi,
- cereali;
- olio d’oliva.
Il conto per questa operazione sarebbe di circa 1,5 miliardi di euro. secondo le stime de Il Sole 24 Ore.
Anche Forza Italia prova a inserire un suo prodotto simbolo nel pacchetto: le ostriche. Il partito, come già tentato in passato, propone un’aliquota agevolata al 10% per il prodotto. Una richiesta sostenuta anche dal senatore Claudio Lotito, che ha presentato un emendamento per escludere le ostriche dalla tabella III della Legge Iva.
Completa il quadro Alleanza Verdi e Sinistra, con la proposta di Tino Magni di applicare l’IVA al 4% a tutti gli alimenti e i prodotti biologici certificati. Una misura che avrebbe un costo stimato di 1,35 miliardi di euro.
Il nodo sulle coperture, un conto da 3,7 miliardi
Il tallone d’Achille di tutte queste proposte è il loro impatto sul bilancio dello Stato. Sommando le stime dei costi, si arriva a un totale di oltre 3,7 miliardi di euro.
Anche considerando le singole voci separatamente, si tratta di un onere difficilmente sostenibile per la finanza pubblica. La partita dell’Iva agevolata si giocherà tutta sulla capacità di trovare coperture adeguate, senza compromettere gli obiettivi di deficit.
La proposta sul pet food: un risparmio fino a 600 euro l’anno
Anche il cibo per cani e gatti potrebbe presto costare meno. Sono stati infatti proposti emendamenti per ridurre l’Iva sul pet food, specialmente per le diete veterinarie prescritte da un medico. L’obiettivo è equiparare questi prodotti a beni di prima necessità o farmaci, spostando l’aliquota dall’attuale 22% al 4% o al 10%.
Con oltre 12 milioni di animali domestici in Italia, si stima che questa misura potrebbe tradursi in un risparmio medio di 600 euro annui per famiglia, un alleggerimento significativo per i bilanci domestici e per le associazioni di volontariato.