Salvo rare eccezioni, il patrimonio personale del socio di una Srl (società a responsabilità limitata) si può ritenere al sicuro. Gli imprenditori generalmente preferiscono costituire questa tipologia di società perché, nel caso in cui le cose dovessero andare male, si perde esclusivamente quanto è stato investito nell’azienda, senza rischiare la casa o i risparmi personali.
Optare per una Srl è generalmente ritenuta una scelta sicura, anche se non è completamente e interamente “impenetrabile”, almeno nel momento in cui l’azienda finisce di esistere. Cosa succede se, quando si chiude la Srl, ci sono ancora dei debiti da saldare? La società non è riuscita a prenderli in carico e in questo contesto diventa importante comprendere chi abbia l’onere di gestire la fase finale delle operazioni. Chi ha ceduto le proprie quote, può sentirsi al sicuro?
L’Agenzia delle Entrate e gli altri creditori hanno la possibilità di “inseguire” gli ex soci anche quando la società a responsabilità limitata è stata cancellata dal Registro delle Imprese.
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I soci di una Srl: quando possono essere aggrediti
Fino a quando la società è operativa, i soci non possono essere aggrediti: vige, infatti, il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta della Srl. Questo significa che i creditori sociali non hanno la possibilità di disturbare il socio per chiedergli che si faccia carico di eventuali debiti aziendali.
Quando la società è operativa, la responsabilità economica del socio si limita ai fondi che ha conferito. Poco conta che sia uscito vendendo le proprie quote o se sia ancora uno dei proprietari.
A questa regola c’è un’unica eccezione, costituita dalle garanzie personali volontarie: nel caso in cui il socio dovesse aver firmato una fideiussione in banca per garantire un prestito alla Srl, dovrà rispondere con il suo patrimonio personale. Non dovrà però intervenire come socio ma come un garante privato.
La società viene cancellata
Le carte in tavola iniziano a cambiare leggermente nel momento in cui la Srl viene messa in liquidazione e, in un secondo momento, cancellata dal Registro delle Imprese. In un certo senso possiamo affermare che con questa operazione la società sia morta, giuridicamente parlando. Non si può dire lo stesso però dei suoi debiti, che non si sono estinti e non sono spariti nel nulla.
È come se si fosse aperta la successione: i debiti che non sono stati pagati si trasferiscono agli ex soci. Succede la stessa cosa quando gli eredi di un persona che è venuta a mancare si devono prendere carico dei suoi debiti. Si sarebbe verificata la stessa condizione in caso di crediti (suddivisi tra i soci sulla base delle percentuali di proprietà).
I soci di una Srl non ereditano però completamente e interamente i debiti. Ne devono rispondere solo nei limiti di quanto hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, così come previsto dall’articolo 2495 del Codice Civile.
Se alla chiusura della società un socio ha incassato zero euro, non sarà possibile chiedergli alcunché. Se invece quello che ha incassato è pari a 10.000 euro come riparto finale, dovrà coprire i debiti aziendali fino a questa somma, non un euro in più.
Chi attesta quanto ha incassato il socio
Qui inizia a sorgere la questione più delicata: quando un qualsiasi creditore bussa alla porta di un ex socio, questo potrebbe affermare di non aver incassato nulla. A chi spetta l’onere della prova, ossia dimostrare che effettivamente il socio si sia portato a casa qualcosa e, soprattutto, quanto ha incassato?
Su questo argomento la giurisprudenza si divide in due differenti filoni:
- orientamento tradizionale: il creditore deve dimostrare che c’è stato un attivo di liquidazione e che i soci abbiano riscosso le loro quote;
- orientamento severo: alcune recenti sentenze – tra le quali vi è la 7425/2023 della Corte di Cassazione – ribaltano l’onere. Spetta al socio dimostrare che non ha ricevuto nulla per evitare di mettere mano al portafoglio.
In quale modo il Fisco recupera le tasse
Nel momento in cui viene chiusa una Srl, però, non bisogna fare solo e soltanto i conti con gli ex fornitori che vantano dei crediti: ci sono anche i debiti tributari da gestire (così come è stato previsto dall’articolo 36 del Dpr 602/73). Siamo davanti a una responsabilità che va a colpire i soci e i liquidatori in modo autonomo, nel momento in cui hanno ricevuto del denaro o dei beni da parte della società, distogliendoli dall’Erario.
La responsabilità scatta nel momento in cui i soci hanno ricevuto delle assegnazioni:
- mentre era in corso la liquidazione;
- nel corso dei due anni precedenti la messa in liquidazione.
Queste disposizioni hanno una motivazione di fondo ben precisa: evitare che i soci svuotino le casse dell’azienda prima di metterla in liquidazione per non pagare le tasse. Ad ogni modo, anche in questo caso ogni socio dovrà provvedere a coprire eventuali debiti tributari nel limite dei beni che ha ricevuto: l’Agenzia delle Entrate non chiederà più di quanto il singolo socio si è messo in tasca.