Aumento e rimodulazione di tariffa telefonica: come recedere senza penali?

Bollette telefoniche in aumento, con rincari comunicati via SMS o in fattura, il cliente può recedere senza penali, ma solo rispettando termini e procedure fissati da AGCOM.

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

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Se l’operatore decide di modificare il contratto, aumentando il canone mensile, il cliente ha diritto di recedere senza penali né costi di disattivazione. Lo stabilisce l’art. 98-septiesdecies del Codice delle Comunicazioni Elettroniche confermato dal Regolamento AGCOM n. 307/23/CONS, che impone regole precise su preavvisi e termini.

L’azienda deve avvisare il cliente almeno 30 giorni prima che scattino le nuove condizioni.”

Dal momento in cui arriva la comunicazione, tramite SMS, e-mail o bolletta, si apre una finestra di 60 giorni entro la quale l’utente può sciogliere il contratto o migrare verso un altro operatore senza costi extra. Non sono termini alternativi, i 30 giorni sono il tempo minimo di preavviso che l’operatore deve garantire; i 60 giorni sono invece il periodo a disposizione del cliente per esercitare il recesso.

Come si calcolano i 60 giorni per non perdere il diritto?

Il conteggio parte dalla data in cui la comunicazione viene ricevuta.

  • se la richiesta di recesso/migrazione viene chiusa entro i primi 30 giorni, l’utente resta con le vecchie condizioni fino al completamento tecnico del passaggio e l’aumento non entra mai in fattura.
  • se invece la cessazione si perfeziona dopo il 30° giorno, la compagnia applicherà la nuova tariffa solo dal giorno di entrata in vigore della modifica fino al passaggio al nuovo gestore.

Come esercitare il recesso: canali validi e causale corretta

Il recesso può essere esercitato in diversi modi: con PEC, raccomandata A/R, area clienti online, app ufficiale, punti vendita o call center; purché venga rilasciata una conferma scritta o un numero di pratica.

Nella causale è opportuno scrivere:

Recesso per modifica unilaterale delle condizioni contrattuali (ius variandi)”

Questa formula mette al riparo dall’addebito di penali o di costi di disattivazione che, in presenza di una rimodulazione, non possono essere applicati. Inoltre, per rafforzare la posizione dell’utente è consigliabile allegare alla comunicazione una copia dell’avviso ricevuto (SMS, e-mail o bolletta), il codice cliente o il numero di linea e la data della comunicazione.

Portabilità del numero: cosa chiedere al nuovo operatore?

Il recesso può avvenire in due modi. Nel caso del recesso “secco”, la linea viene chiusa senza passaggio ad altro gestore. Invece, con la migrazione con portabilità il numero viene trasferito al nuovo operatore, che si occuperà delle pratiche tecniche.

Durante la migrazione, il servizio deve rimanere attivo fino all’attivazione della nuova linea, è un principio di continuità previsto dalle regole AGCOM. Per questo motivo, al momento della migrazione, è bene specificare al nuovo operatore che la procedura avviene a seguito di una rimodulazione tariffaria. In questo modo, la richiesta sarà gestita come recesso per modifica contrattuale e non come una normale cessazione, evitando così l’addebito di costi non dovuti.

Quali costi restano e quali sono vietati se recedo per rimodulazione?

Il diritto di recesso per modifica unilaterale delle condizioni è pensato per tutelare il cliente. Quindi, penali e costi di disattivazione non possono mai essere applicati.

Se l’operatore inserisce in fattura una voce di questo tipo, si tratta di un addebito illegittimo e può essere eccepito.”

Diverso è il discorso per altre voci che possono comparire anche in caso di recesso legittimo. Restano infatti dovute le rate residue degli apparati acquistati a rate insieme all’abbonamento, come smartphone o modem. Allo stesso modo, il cliente deve pagare i servizi effettivamente fruiti fino al giorno della cessazione o della migrazione. In alcuni casi possono aggiungersi dei costi di chiusura della linea, ma solo nei limiti fissati dalle Linee guida AGCOM 487/18/CONS, che vietano importi sproporzionati e non commisurati al reale costo tecnico sostenuto dall’operatore.

Per riepilogare:

Costi ammessi

Costi vietati

Rate residue di smartphone/modem acquistati a rate

Penali di recesso anticipato

Corrispettivi per traffico/servizi fino alla cessazione

Costi di disattivazione forfettari

Eventuali costi tecnici di chiusura linea, nei limiti AGCOM 487/18/CONS

Qualsiasi voce mascherata da “costo di cessazione”

Smartphone o modem a rate, devo restituirli o continuo a pagarli?

Molti contratti prevedono la vendita abbinata di un apparato. In questi casi, il recesso non annulla l’impegno preso, le rate residue continuano a essere addebitate fino al saldo completo. Il cliente può chiedere, se preferisce, di versare l’intero importo in un’unica soluzione, così da chiudere subito ogni pendenza.

La restituzione dell’apparato non è dovuta, a meno che non si tratti di un bene fornito in comodato d’uso o in noleggio. Se il modem o lo smartphone sono stati venduti a rate, restano di proprietà del cliente e devono solo essere pagati secondo le modalità previste. Al contrario, in caso di comodato, l’obbligo è restituire l’apparecchio entro i termini fissati dal contratto, pena l’addebito del suo valore commerciale.

Aumento legato all’ISTAT, c’è differenza sul diritto a recedere?

Negli ultimi anni gli operatori hanno introdotto clausole che collegano il canone telefonico all’andamento dell’inflazione, in particolare all’indice FOI calcolato dall’ISTAT. Non si tratta di una rimodulazione unilaterale, ma di un meccanismo di indicizzazione automatica. Perché la clausola sia valida è necessario che l’utente l’abbia accettata in modo espresso al momento della sottoscrizione.

Se la clausola si limita a riprodurre l’indice ISTAT senza correttivi, l’aumento viene applicato in automatico e il cliente non può recedere gratuitamente, salvo esercitare il recesso ordinario con i costi previsti dal contratto. Tuttavia, se la clausola prevede soglie minime, percentuali aggiuntive o altri meccanismi che vanno oltre il semplice adeguamento all’inflazione, si parla di clausole “correttive” e la legge riconosce al consumatore la facoltà di recedere senza costi.

Il Regolamento AGCOM 307/23/CONS stabilisce che:

La prima applicazione non può avvenire prima di 12 mesi dalla sottoscrizione.”

Alcune disposizioni aggiuntive sono state oggetto di contenzioso dinanzi al TAR Lazio nel 2024, segno che il tema è ancora in evoluzione.

Diversa è la rimodulazione, cioè l’aumento deciso unilateralmente dall’operatore senza alcun riferimento all’indice ISTAT. In questo caso il diritto a recedere senza penali opera sempre, e il cliente può esercitarlo entro i 60 giorni dalla comunicazione.

Cosa posso fare se mi addebitano penali o costi indebiti?

Può accadere che, nonostante il recesso per rimodulazione, l’operatore inserisca in fattura penali o costi disattivazione. In questi casi il primo passo è presentare un reclamo scritto, tramite PEC, raccomandata A/R o area clienti, indicando le voci contestate e allegando la comunicazione di rimodulazione. Spesso è sufficiente per ottenere lo storno o il rimborso.

Se il reclamo non viene accolto o resta senza risposta, il consumatore può rivolgersi a ConciliaWeb, la piattaforma online di AGCOM. La procedura è gratuita e obbligatoria prima di un’eventuale causa. Basta caricare contratto, avviso di aumento, copia del reclamo e la fattura con i costi contestati. Nella maggior parte dei casi la conciliazione si chiude con la cancellazione degli addebiti e la restituzione delle somme.

In più, se l’addebito ha generato un disservizio o un comportamento scorretto, il cliente può chiedere anche indennizzi aggiuntivi, quantificati secondo le tabelle AGCOM.