Assegno di mantenimento negato se manca questo requisito: la sentenza

No al mantenimento anche se il reddito della moglie è insufficiente. La Cassazione dà ragione al marito che fa ricorso e vince la causa per la brevità della durata del matrimonio

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 1 Settembre 2024 16:00

I più recenti dati Istat indicano che il matrimonio non è più considerata quell’unione fondamentale per la famiglia e per la vita di coppia, come è stato invece negli scorsi decenni. Oggi, come certificato dall’istituto di statistica nella sua indagine (dicembre 2023) relativa a matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi, l’andamento degli sposalizi nel nostro paese è infatti oscillante e, alla leggera ripresa nel 2022, è seguita una nuova riduzione lo scorso anno.

Ci sono poi le coppie sposate che, dopo qualche mese di rapporto matrimoniale, decidono di interrompere il legame. Aspetti caratteriali incompatibili, progetti di vita diversi, infedeltà o scarsa comunicazione sono solo alcune delle cause alla base della separazione e, proprio in queste circostanze, entra in gioco il fattore economico rappresentato dall’assegno di mantenimento.

Quest’ultimo può costituire una fonte di reddito assai significativa per il coniuge separato, ma attenzione alla durata del legame matrimoniale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 20507 dello scorso luglio, ha sottolineato infatti che non c’è alcun diritto a tale somma di denaro, se il legame è stato di breve lunghezza.

Scopriamo il perché di questa decisione e che cosa le coppie da poco sposate debbono considerare, per evitare brutte sorprese in ipotesi di rottura del vincolo matrimoniale.

Il caso concreto

In un giudizio di separazione, in primo grado, il marito era stato condannato al versamento di tremila euro a favore della moglie a titolo di assegno di mantenimento. Nel corso della controversia era in particolare emerso che la moglie si era allontanata dalla casa coniugale nella primavera del 2017, dopo pochi mesi di matrimonio.

La sentenza di primo grado veniva impugnata in appello. E, anche in questa sede, la magistratura si era orientata per l’attribuzione del diritto al mantenimento, considerando irrilevante la scarsa durata del matrimonio – poco più di dodici mesi. Per la corte infatti assumeva importanza soltanto l’oggettivo e sostanziale squilibrio economico fra le parti.

Nel provvedimento della Cassazione, che qui ci interessa, sono peraltro menzionati gli ampi proventi reddituali ed il vasto patrimonio immobiliare del marito a fronte dei modesti introiti della moglie, provenienti dalla limitata attività di fotografa.

Il ricorso in Cassazione

Il marito, evidentemente scontento dell’esito giudiziario in appello, scelse di fare ricorso in Cassazione e, tramite il suo legale, sostenne la non spettanza dell‘assegno di mantenimento alla moglie, proprio per la breve durata del legame matrimoniale.

Nell’ordinanza n. 20507, la Corte ha indicato alcuni punti molto importanti e che ci fanno capire come funziona il rapporto tra mantenimento e matrimonio di pochi mesi. In passato, questo giudice circoscriveva la portata della durata del matrimonio al profilo della quantificazione e misura dell’assegno mantenimento, ma di fatto non lo escludeva se:

di questo sussistono gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti.

Il cambio di orientamento della Corte: l’affectio coniugalis

Successivamente – e di ciò si fa menzione nella recente decisione della Cassazione – tale approccio è cambiato nel caso di matrimoni di corta durata, e nei quali non si è ancora realizzata – alla data della separazione – alcuna comunione materiale e spirituale nella coppia di persone sposate.

Nel testo della Corte si può infatti leggere che, nelle ipotesi di matrimoni di durata molto breve, e in cui:

non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento.

La Corte ha ha ricordato in passato che, se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all’assegno, la mancata instaurazione della comunione materiale e spirituale fra i coniugi può essere causa di esclusione (Cass. n. 16737/2018).

E, come già in altri approfondimenti e puntualizzazioni (Cass. n. 402/2018), la Cassazione ribadisce che l’affectio coniugalis è quindi un requisito essenziale per vedersi attribuito l’assegno di mantenimento, costituendo una condizione che va oltre il semplice innamoramento iniziale, indicando piuttosto un legame affettivo solido e continuativo nel tempo, fondato su stima, fiducia, disponibilità al sacrificio, condivisione e presenza di un progetto di vita da portare avanti in coppia.

In altre parole, per la Cassazione l’affectio coniugalis è un pilastro fondamentale del matrimonio (annullabile anche presso la Sacra Rota) e, conseguentemente, soltanto con la sua presenza sarà possibile parlare di un vero e proprio diritto al mantenimento,  accertandolo in via giudiziaria.

Ecco perché nel provvedimento di luglio questo giudice ha negato alla donna, che si era allontanata dalla casa coniugale dopo pochi mesi dalle nozze, il diritto al versamento dell’assegno da parte del marito separato. In altre circostanze, invece, la Corte ha chiarito quando viene meno il diritto al mantenimento della prole.

Conclusioni

Nell’ambito di una separazione (in cui emergono anche questioni accessorie come la chiusura di un conto corrente cointestato), l’assegno di mantenimento è stabilito in primis per la disparità di reddito tra i coniugi e per l’impossibilità del partner economicamente più debole di autosostentarsi. Anche qualora ci sia una consistente differenza tra lo stipendio del marito e quello della moglie, laddove quest’ultima abbia un reddito che le dà indipendenza economica, il magistrato non potrà imporre il versamento dell’assegno mensile.

Ma, come abbiamo visto nel caso in oggetto, questo non è il solo fattore da valutare. Infatti, anche la durata del matrimonio influenza la decisione e, se è ritenuto troppo breve e privo della citata affectio coniugalis, sarà ben possibile vedersi negato il diritto all’assegno di mantenimento.

Ricordiamo infine che, in linea generale, l’assegno di mantenimento consiste in un somma forfettizzata, determinata in sede di separazione e frequentemente prevista a favore della moglie che non lavora o il cui reddito è di molto inferiore a quello del marito. L’attribuzione dell’assegno si ha su istanza di parte e non può essere stabilita d’ufficio dal giudice.