Il forex è uno degli strumenti che, almeno nel corso degli ultimi anni, gli investitori stanno utilizzando per speculare sullo scambio delle valute estere. Per operare possono essere utilizzate delle piattaforme che permettono ai trader di comprare o vendere delle valute: operativamente parlando si compra una moneta e se ne vende un’altra.
I guadagni e le eventuali perdite, in questo tipo di operazioni, sono determinate dalle variazioni del tasso di cambio che intercorre tra le due valute. Il forex si muove un po’ come il mercato azionario: il trading comporta dei rischi. Permette di guadagnare ma si rischia di perdere. Ovviamente sui guadagni maturati su questo tipo di operazioni è necessario pagare le imposte.
Indice
Come funziona il mercato del forex
Il forex è il mercato finanziario più liquido al mondo: al suo interno vengono scambiate le valute nazionali. E si effettuano queste operazioni:
- le valute sono scambiate a coppie e la transazione prevede l’acquisto della prima e la vendita della seconda;
- il mercato è aperto 24 ore al giorno, 5 giorni a settimana a causa delle diverse zone orarie dei più importanti centri finanziari mondiali, tra i quali ci sono Londra, New York, Tokyo e Sydney;
- è un mercato particolarmente liquido – ogni giorno c’è un imponente volume di scambi;
- alcune transazioni sono effettuate per delle reali esigenze commerciali (perché una società deve convertire nella valuta nazionale i proventi della vendita fatta oltre frontiera), altre hanno delle motivazioni semplicemente speculative – gli investitori cercano di trarre vantaggio dalle fluttuazioni dei tassi di cambio.
Il trattamento fiscale di chi opera sul forex
I soggetti che operano sul forex possono essere di due differenti tipologie:
- i trader privati;
- i trader con partita Iva.
La distinzione che abbiamo appena fatto ha un’implicazione molto importante sulla tassazione che viene applicata.
I soggetti privati devono qualificare i guadagni derivati da questo tipo di attività come redditi diversi di natura finanziaria (come prevede l’articolo 67, comma 1, del Tuir).
La tassazione avviene con imposta sostitutiva del 26%: non importa con quale frequenza vengono effettuate le operazioni e quale sia il loro ammontare economico. I guadagni devono essere dichiarati con il Modello Redditi Persone Fisiche e indicati nel Quadro RT, sezione II-B.
Il discorso cambia leggermente per i soggetti titolari di partita Iva: in questo caso è necessario verificare che il trading (non solo quello sul forex) costituisca un’attività commerciale abituale.
Qualora si verificasse questa eventualità, i guadagni costituiscono reddito d’impresa e sono soggetti alla tassazione ordinaria Irpef o Ires a seconda dei casi (vedasi, in questo senso, la risoluzione n. 88/E/2010 dell’Agenzia delle Entrate).
Le aliquote che devono essere applicate sono progressive e sono condizionate dallo scaglione di appartenenza del contribuente.
L’attività diventa commerciale nel momento in cui viene svolta:
- abitualmente;
- professionalmente;
- in modo organizzato.
Persone fisiche, le soglie da verificare
Un’importante voce che devono tenere a mente le persone fisiche riguarda la plusvalenza che si viene a generare dalle compravendite. A dare le indicazioni del caso per gestire le operazioni sotto il profilo fiscale è l’articolo 67 del Dpr n. 917/86, il cui comma 1 prevede che:
La tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di valute provenienti da depositi e conti correnti si ha solo nel caso in cui la giacenza in valuta nei depositi e conti correnti complessivamente sia superiore a 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è stata realizzata.
Siamo davanti ad una soglia che ogni trader deve tenere ben a mente: quanti rimangono al di sotto di questa cifra non devono indicare niente nella dichiarazione dei redditi. I piccoli trader che dovessero gestire delle somme inferiori alla soglia prevista non hanno degli obblighi fiscali: le plusvalenze derivanti dal forex non devono essere tassate.
È possibile effettuare il calcolo della giacenza complessiva sommando tutti i controvalori dei conti correnti e dei depositi anche quando sono intrattenuti con delle valute diverse e ci si appoggia su diversi intermediari.
Cosa succede quando si supera la soglia di esenzione
Le carte in tavola iniziano a cambiare nel momento in cui, per almeno sette giorni, viene superata la soglia di 51.645,69 euro. Il contribuente è soggetto a tassazione.
Eventuali plusvalenze realizzate con il forex, non confluiscono all’interno del reddito imponiible Irpef: sono soggette ad un’imposta sostitutiva del 26%. Questa linea di principio è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate attraverso la circolare n. 102/E/2011.
Ricordiamo che la ritenuta del 26% deve essere applicata a tutti i redditi di natura finanziaria, quindi anche alle plusvalenze che derivano dal trading fatto sul forex.
Cosa succede quando c’è un intermediario finanziario
Nel caso in cui il trader dovesse appoggiarsi su un intermediario finanziario per le operazioni di trading nel forex, l’imposta sostitutiva è applicata direttamente da questo soggetto, che agisce in qualità di sostituto d’imposta.
Le plusvalenze vengono tassate alla fonte, nel caso in cui dovesse essere superata la soglia. La trattenuta esonera i diretti interessati dal presentare la dichiarazione dei redditi (almeno per i proventi delle operazioni finanziarie).
La situazione inizia a cambiare nel caso in cui ci dovesse essere un intermediario estero: non può essere applicata la ritenuta alla fonte sulle plusvalenze, perché non è un sostituto d’imposta in Italia. Nel caso in cui si dovesse venire a configurare questa situazione, il trader ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi.
Le plusvalenze, quindi, devono essere indicate all’interno del quadro RT del Modello Redditi Pf. Il contribuente dovrà applicare l’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze che sono maturate nel corso dell’anno oggetto di dichiarazione.