Condono edilizio in Manovra come quello del 2003 del governo Berlusconi

La riapertura del condono edilizio del 2003 torna nella legge di bilancio 2026. Cosa prevede l'emendamento proposto

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Claudio Cafarelli

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Giornalista pubblicista laureato in economia, appassionato di SEO e ricerca di trend, content manager per agenzie italiane e straniere

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La Legge di Bilancio 2026 potrebbe prevedere in extremis l’inserimento di un condono edilizio. Un emendamento presentato in commissione Bilancio al Senato da due senatori di Fratelli d’Italia propone la riapertura della sanatoria del 2003, il terzo grande condono edilizio varato durante il governo Berlusconi. La misura avrebbe potenzialmente un impatto nazionale, ma nasce soprattutto per risolvere situazioni rimaste sospese in Campania.

Cosa prevede l’emendamento

Il correttivo proposto dai senatori Matteo Gelmetti e Domenico Matera riattiverebbe le norme previste dall’articolo 32 del Dl 269/2003. Si tratta della possibilità di sanare opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio, a condizione che fossero conformi alle prescrizioni urbanistiche vigenti o adottate al 31 marzo 2003.

La sanatoria sarebbe possibile solo se, al momento della realizzazione, gli immobili non erano soggetti a vincoli ambientali, paesaggistici, idrogeologici, relativi alle falde acquifere o inseriti in parchi e aree protette. L’emendamento mantiene quindi i limiti già previsti nel 2003, escludendo gli edifici costruiti in zone con vincoli di inedificabilità assoluta.

Il quadro del condono edilizio del 2003

Il terzo condono edilizio, varato durante il governo di Silvio Berlusconi, consentiva di regolarizzare abusi commessi fino al 31 marzo 2003. Le norme prevedevano che potessero essere sanate solo opere coerenti con gli strumenti urbanistici e, per le aree vincolate, interventi limitati a restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria senza aumento di volumetria. Erano invece esclusi dalla sanatoria:

  • interventi realizzati in aree con vincoli paesaggistici, ambientali, idrogeologici o storici;
  • opere non adeguabili alle norme antisismiche;
  • immobili con precedenti penali gravi;
  • edifici già oggetto di altri condoni;
  • costruzioni abusive in territori dove era previsto il divieto assoluto di edificazione.

Per gli immobili in zone vincolate era comunque necessario il parere favorevole dell’autorità competente.

Il nodo Campania e le pratiche rimaste sospese

Gran parte delle pratiche mai concluse riguarda la Campania, dove la legge regionale dell’epoca limitò l’applicazione del condono. Molti procedimenti rimasero bloccati per anni, nonostante proroghe successive che portarono l’ultima scadenza al 31 dicembre 2020.

Le situazioni più complesse riguardano immobili in aree soggette a rischio vulcanico o in zone per cui è necessario il permesso di costruire in sanatoria. A pesare sono anche i vincoli ambientali e le nuove classificazioni territoriali, che l’emendamento presentato esclude comunque dalla possibilità di regolarizzare gli abusi.

Una proposta già apparsa in Parlamento

La riapertura del condono non è un’idea nuova. A giugno, in commissione Ambiente alla Camera, era stata assegnata una proposta di legge della deputata Imma Vieri che riprendeva gli stessi contenuti. L’emendamento alla manovra ricalca quel testo e potrebbe rientrare tra i correttivi che saranno messi ai voti, anche se il numero delle proposte ammesse è molto inferiore rispetto a quelle presentate.

Secondo i promotori, la riapertura del condono permetterebbe di “salvare migliaia di abitazioni” rimaste in sospeso per errori amministrativi, soprattutto in Campania, precisando che non riguarderebbe immobili costruiti in zone rosse. La discussione entrerà nel vivo nelle prossime settimane, quando la commissione Bilancio sarà chiamata a selezionare gli emendamenti da mettere ai voti, in un percorso che comunque non si concluderà prima di dicembre.