Mentre a Parigi si riuniscono i 31 Paesi della “coalizione dei volenterosi”, tra cui anche l’Italia, il vicepremier Tajani mette un asterisco importante al pur incrollabile supporto che Roma assicura a Kiev.
Il ministro degli Esteri afferma che il coinvolgimento del nostro Paese non implicherà l’invio di soldati italiani in Ucraina. O, meglio, che le nostre truppe non saranno mobilitate in quanto forza nazionale, ma eventualmente in missioni multilaterali sotto l’egida dell’Onu. Come stanno veramente le cose?
Cosa ha detto Tajani sulle truppe italiane in Ucraina
Il ministro Antonio Tajani lo ha precisato più volte: l’eventuale coinvolgimento di militari italiani in territorio ucraino avverrà nell’ambito di altrettanto eventuali missioni Onu. In altre parole: l’Italia non invierà soldati in quanto esercito italiano, ma inserite in forze di peacekeeping o organizzazioni multilaterali. “Se si deve trattare di una garanzia del cessate il fuoco è indispensabile la presenza dell’Onu altrimenti diventa un’altra cosa, noi lo abbiamo detto sin dall’inizio che non invieremo militari italiani in altre missioni”, ha dichiarato il vicepremier.
Perché per l’Italia e per molti altri Paesi Ue e Nato è necessario operare sotto l’egida delle Nazioni Unite? Innanzitutto perché in questo modo non verrebbero coinvolti, sulla carta, direttamente come forze nazionali che si oppongono all’esercito di un altro Stato. Poi perché un’eventuale operazione approvata dell’Onu coinvolgerebbe il Consiglio di sicurezza in cui ci sono Russia e Cina. In questo modo, se si decidesse per una forza di interposizione di qualsiasi tipo in Ucraina, Mosca sarebbe ampiamente e preventivamente informata, senza rischi di escalation con l’Europa.
Quali Paesi difenderanno l’Ucraina? E come?
Da gennaio si parla di una “forza di interposizione”, formata da peacekeeper stranieri, che garantisca la pace in Ucraina. Non solo europei, nei piani degli Stati Uniti, ma anche di altre nazioni quali la Cina. E poco importa se Pechino non accetterà mai di sacrificare la sua ambiguità diplomatica e se le richieste di Volodymyr Zelensky vertano su truppe pronte a combattere, e non “mantenitori della pace”. L’intento americano è impantanare nel nodo ucraino sia gli alleati più ribelli in Europa (Francia e Germania in primis) sia conclamati rivali come Pechino. Ma, di fatto, nessuno ha ancora stabilito quali e quanti soldati debbano andare in Ucraina, sebbene sia già stata confermata la presenza di militari di Nato e Cia in questi tre anni di conflitto. Per due motivi principali:
- perché la tregua delle armi non è stata ancora raggiunta;
- perché la Russia respinge con forza la presenza di militari europei nel Paese invaso, che vorrebbe neutrale.
Per rispondere al riavvicinamento Usa e Russia, i Paesi europei assieme a Canada e alla disponibilità eventuale di Giappone e Australia hanno ripescato la retorica della coalition of willing, cioè una “coalizione di volenterosi” che vada oltre l’impegno già preso da 57 Stati con l’Ukraine Defense Contact Group, promettendo la disponibilità a contribuire anche con truppe al mantenimento della pace. Quando e se sarà raggiunta. La forza di interposizione potrebbe essere schierata infatti solo dopo che Kiev e Mosca firmeranno un “accordo di cessate il fuoco globale”. I Paesi “volenterosi” sono 31, almeno al momento del vertice di Parigi, tra cui 24 Stati dell’Ue con l’esclusione di Slovacchia, Ungheria e Malta. L’Austria, come Australia e Canada, ha inviato a Parigi una delegazione dell’ambasciata. Tra i leader non nazionali, hanno partecipato anche i vertici di Ue e Nato. Il gruppo dei “willing” è suscettibile di espansione, come avvenuto finora, ma anche di possibili defezioni.
- Australia
- Austria
- Belgio
- Bulgaria
- Canada
- Cipro
- Croazia
- Danimarca
- Estonia
- Finlandia
- Francia
- Germania
- Grecia
- Irlanda
- Islanda
- Italia
- Lettonia
- Lituania
- Lussemburgo
- Paesi Bassi
- Norvegia
- Polonia
- Portogallo
- Repubblica Ceca
- Romania
- Slovenia
- Spagna
- Svezia
- Turchia
- Regno Unito
- Ucraina
L’ombra degli Usa dietro ogni questione militare europea
Lo avevamo già visto trattando dell’improbabilità di una Difesa comune europea: l’Ue non rappresenta un soggetto geopolitico, figurarsi una nazione. La comunità europea è una creazione politica indotta dagli Stati Uniti che, dopo aver liberato (e occupato) il continente europeo, fin dall’immediato Dopoguerra hanno riempito i futuri Stati membri di basi militari a stelle e strisce. Accanto al braccio politico rappresentato dall’Ue, Washington ne ha predisposto uno militare: la Nato, che resta l’unico e autentico “esercito europeo”. Non fosse altro perché espressione diretta della superpotenza che controlla il Vecchio Continente.
Ne consegue che gli Stati Ue non siano pienamente sovrani per quanto riguarda le questioni strategiche, incluse quelle militari. Senza che nessuno si offenda o sogni che la storia e le guerre si siano fermate al 1945, l’Italia e il resto dell’Ue sono province dell’impero americano. Ed è dunque l’America a decidere come, quando e in che modalità gli eserciti dei singoli Paesi europei possano intervenire oltre i loro confini. Le modalità sono essenzialmente due, volendo semplificare di molto il discorso per legarlo alla questione ucraina: sotto l’ombrello della Nato o sotto l’ombrello dell’Onu.
In altre parole: l’Italia non può scegliere da sola di inviare soldati dell’esercito nazionale in qualunque posto del mondo, senza che la mossa sia stata discussa con gli americani. E anche in uno schema che a noi sembra chiaro, con una Russia “nemica”, gli imperi come gli Usa inseriscono considerazioni superiori. Le grandi potenze non hanno nemici o alleati prestabiliti (noi siamo satelliti, anche se ci lusinga chiamarci “partner”), ma cambiano tattica a seconda delle contingenze. Non a caso, la nuova amministrazione di Donald Trump, su spinta degli apparati, ha aperto alla Russia dopo tre anni di guerra. Ma l’avversione a Mosca è al contempo necessaria per compattare il variegato fronte europeo. Ed ecco dunque le interminabili e (finora) inconcludenti discussioni intra-Ue sulla Difesa comune e su come intervenire in Ucraina. Gli Usa ci vogliono appaltare lo sforzo di proteggere i nostri confini. E noi non possiamo che rispondere.