La Striscia di Gaza come un salotto da arredare. È questo il piano dell’amministrazione Trump per trasformare in appena 10 anni una terra bombardata e distrutta in una località turistica di lusso, una riviera scintillante e un polo manifatturiero e tecnologico. Il Washington Post ha potuto visionare il GREAT Trust, ovvero la proposta elaborata dagli stessi israeliani che hanno avviato la Humanitarian Foundation sostenuta da Stati Uniti e Israele.
Nelle 38 pagine del piano c’è di tutto, da crimini di guerra legalizzati con il termine “volontario” fino alle immagini create con l’intelligenza artificiale che mostrerebbero una Striscia “rinata” tra terre coltivate e grattacieli. Il tutto da realizzare in circa 10 anni e con un investimento di appena 100 miliardi di dollari. E la popolazione palestinese? Trasferita volontariamente e, in alcuni casi temporaneamente, altrove per realizzare questo scenario di The Sims su un terreno rosso sangue.
Indice
Trump in vacanza nella riviera di lusso a Gaza
Fin dall’inizio, la fine delle ostilità nella Striscia di Gaza è stata accompagnata da progetti di restauro e investimento. Non si parla di ricostruzione per la popolazione gazawi, ma di trasformare ciò che resterà della Striscia in un parco giochi per quei ricchi che hanno creduto nella pulizia, sia etnica che urbanistica, del territorio.
L’ultimo in ordine cronologico di questi piani è il GREAT Trust, ovvero “Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation Trust”. Non è chiaro se la proposta sia quella che anche l’amministrazione Trump approverà, ma intanto il Washington Post fa sapere che sono diverse le persone interessate al progetto di una riviera del Medio Oriente.
Non si possono poi dimenticare le parole dello stesso Donald Trump, quando dopo poco il suo insediamento nello Studio Ovale, guardando una foto di Gaza disse che gli sembrava un cantiere di demolizione. Aveva commentato:
Deve essere ricostruita in modo diverso, era un luogo fenomenale… Sul mare, con il clima migliore. Tutto è perfetto. Si possono fare cose meravigliose.
Dopo due settimane aveva confermato che gli Stati Uniti volevano prendere il controllo della Striscia di Gaza. E sulla “riviera del Medio Oriente”, ha detto che poteva essere qualcosa di magnifico. Netanyahual suo fianco, quando il 4 febbraio è stato ospitato nello Studio Ovale, aveva definito quella di Trump come una visione coraggiosa e aveva affermato che Israele e Stati Uniti erano allineati.
Gli obiettivi del piano
Scorrendo le pagine del piano per la costruzione di una riviera a Gaza, si scoprono quelli che sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere nei primi 10 anni. A partire dal rendere Gaza un crocevia sia per gli scambi di terra e per il commercio marittimo. Il piano descritto infatti trasformerebbe Gaza in un porto importante e un punto di incontro via terra tra India, Yemen, Arabia ed Europa.
Il progetto, suddiviso nelle 38 pagine, presenta moltissimi schemi colorati, che secondo il Washington Post servono a Donald Trump per mantenere l’attenzione perché il presidente si annoierebbe facilmente a leggere lunghi report. Questo però trasforma tutto il piano in un colorato gioco, dove i rischi e se non le problematicità etiche e morali almeno i dubbi, vengono meno in nome delle immagini create con l’intelligenza artificiale e la mappa dei mega progetti delle multinazionali, in cui rientrano anche i super ricchi o aziende già accusate di essere complici del genocidio, con tanto di stelline e puntini colorati.
I 10 mega progetti
Senza palestinesi, destinati alla migrazione coatta e senza l’Iran, analizzato nel documento come una parentesi di facile soluzione, viene presentato il piano della Zona economica speciale di Gaza.
La Striscia viene così suddivisa in 10 mega progetti:
- la ricostruzione delle infrastrutture di Gaza, che seguirà alla bonifica degli ordigni inesplosi, la rimozione delle macerie e la ricostruzione dei servizi utili come la rete elettrica e idrica;
- l’Abraham Gateway, ovvero la logistica regionale, collegata alla zona manifatturiera di Gaza, al porto e all’aeroporto attraverso il “Gaza Ring” e a sua volta collegato al corridoio infrastrutturale abramitico per la connessione dei porti in Egitto, Israele e Paesi del Golfo;
- un anello autostradale e una linea tranviaria attorno a Gaza;
- realizzazione di una ferrovia, oleodotti e gasdotti e della fibra per collegare l’Abraham Gateway agli hub regionali lungo l’Imec;
- il porto e l’aeroporto di Gaza;
- la zona industriale “Elon Musk Smart Manufacturing Zone”;
- la riviera di Trump, ovvero un resort di lusso lungo la costa e una serie di piccole isole artificiali simili alle Palm Islands di Dubai;
- l’American Data Safe Haven;
- un hub idrico regionale, con impianti solari e di desalinizzazione su larga scala nel Sinai;
- la costruzione da zero di 6-8 città dinamiche, moderne e alimentate dall’intelligenza artificiale in cui tutti i servizi e l’economia funzioneranno tramite un sistema digitale basato su ID.

La cancellazione dei palestinesi da Gaza in 10 anni
Il progetto prevede l’allontanamento della popolazione palestinese da Gaza, ma per farlo prima bisogna dare il via libera a Israele di smantellare Hamas. Un qualcosa che è effettivamente in corso. Il progetto però mette un asterisco e dice che la fase potrebbe essere superata facilmente se Hamas accettasse di disarmarsi volontariamente.
Intanto nel progetto, presentato dagli stessi GHF, questi si presentano come un operatore adatto al mandato umanitario per mettere in sicurezza la popolazione. Solo a quel punto verrebbero trasferite responsabilità amministrative creando il GREAT Trust, nel quale la GHF confluirebbe.
Il GREAT Trust avrebbe l’autorità e la responsabilità amministrativa su Gaza per tutto il periodo necessario per la transizione a un sistema politico palestinese riformato ed eradicato dall’estremismo, si legge. Ma nel frattempo, per accelerare la ricostruzione, è in programma una ricollocazione volontaria dei residenti gazawi. Potrebbero esistere, si legge del documento, alloggi temporanei o, meglio ancora, potrebbero essere trasferiti in un altro Paese con un pacchetto di ricollocazione di circa 5000 dollari a persona, con un affitto convenzionato per quattro anni e la sovvenzione alimentare per il primo anno. Il primo piano costerebbe 6 miliardi, mentre il secondo 5 miliardi di dollari.
Il progetto fa anche la stima dei risparmi, ovvero 500 milioni di dollari per ogni 1% della popolazione che si ricolloca fuori da Gaza. Costo che risulta ancora inferiore proseguendo il bombardamento e l’uccisione di civili. Ma questo nel progetto non è esplicitato: è solo una triste constatazione al superamento delle 60.000 vittime confermate dal ministero della Salute di Gaza.
Come le parole di Trump, anche il progetto non sembra prendere minimamente in considerazione la continuità del popolo palestinese nella Striscia di Gaza, né l’istituzione di uno Stato palestinese.