Mentre sui cieli di Mosca va in scena una vera e propria “guerra dei droni” con l’Ucraina, mercoledì 24 agosto, in pieno pomeriggio, un jet Embraer Legacy registrato a nome di Yevgeny Prigozhin è precipitato schiantandosi poco più a sud del piccolo villaggio di Kuzhenkinskoe, nella regione russa di Tver. Il sito di giornalismo investigativo indipendente Greyzone ha diffuso un video in cui si vede il jet in fumo precipitare in verticale. Nel cielo blu si scorge anche del fumo bianco, che secondo la stessa fonte sarebbe stato prodotto dall’impatto di uno o più proiettili contro l’aereo.
“Prima che il jet si schiantasse, i residenti locali hanno sentito due raffiche di caratteristiche difese aeree, e ciò è confermato dalle scie di condensazione nel cielo in uno dei video, così come dalle parole di testimoni oculari diretti”, scrive Greyzone.
I 10 uomini a bordo, 7 passeggeri e 3 membri dell’equipaggio, sono tutti morti. Tra di loro, secondo la tv di Stato russa, anche lo stesso capo della Wagner. Il suo cellulare sarebbe stato trovato vicino a uno dei suoi fedelissimi, tra le vittime. Tuttavia, le autorità russe stanno conducendo delle indagini vicino al luogo in cui si è schiantato l’aereo ma non ci sono ancora conferme sul ritrovamento del suo corpo.
Intanto, mentre la Francia esprime “ragionevoli dubbi” sulle “condizioni” dell’incidente aereo in cui sarebbe morto il leader del gruppo paramilitare Wagner, il comitato investigativo di Mosca, massimo organo di polizia russo, ha aperto un’indagine penale sull’incidente per violazione delle norme di sicurezza della circolazione e dell’esercizio del trasporto aereo; ma poco importa, visto che l’esito probabilmente non sarà imparziale.
Prigozhin morto, che ruolo potrebbero avere Putin e i suoi
Il punto, adesso, è che “Batya”, come era soprannominato dai suoi uomini lo spregiudicato ex “cuoco di Putin” dai segretissimi affari miliardari con Vladimir, poi ribattezzato “morto che cammina”, non è più una pedina della politica russa. A prescindere da quale sia la vera causa dell’incidente aereo – attentato con bombe o missili, guasto tecnico o errore del pilota – gli analisti ora si domandano chi avrebbe motivo, e mezzi, per sbarazzarsi di lui e dei suoi? Per molti osservatori internazionali la risposta è semplice, ma assolutamente non scontata: Vladimir Putin.
Prigozhin stava tentato di rimediare al plateale “sgambetto” a Putin. Dopo il pesante ridimensionamento del ruolo di primo piano di Wagner nelle operazioni militari russe in Ucraina dopo la sua marcia su Mosca, che aveva messo in profondo imbarazzo il capo del Cremlino, Prigozhin stava cercando di recuperare parte dell’influenza acquisita attraverso le sue operazioni in Africa per volere del Cremlino. In un video di qualche settimana fa invitava gli investitori russi a iniettare denaro in attività non meglio specificate nella Repubblica Centrafricana attraverso Russian House, ufficialmente un centro culturale russo nella capitale del Paese, Kinshasa.
Secondo l’autorevole Istituto per lo studio della guerra (Isw), il presidente russo Vladimir Putin “ha quasi certamente ordinato al comando militare russo di abbattere l’aereo di Prigozhin”, probabilmente – spiegano gli analisi – in un tentativo pubblico di riaffermare il suo dominio e di vendicarsi dell’umiliazione che la ribellione armata del Gruppo Wagner del 24 giugno ha causato a Putin e al Ministero della Difesa russo. Una ribellione armata durante la quale le forze di Wagner avevano abbattuto diversi elicotteri russi e ucciso almeno 13 militari russi.
La decisione di affidare alle difese aeree russe quello che definiscono senza mezza termini “l’assassinio” di Prigozhin avrebbe permesso al ministero della Difesa russo – scrive il think thank – “di vendicare direttamente quello che è stato uno dei giorni più letali per l’aviazione russa dall’inizio dell’invasione su larga scala“.
“È estremamente improbabile che alcuni membri delle forze armate russe, in particolare il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il capo di Stato Maggiore dell’Esercito Generale Valery Gerasimov, abbiano giustiziato Prigozhin senza l’ordine di Putin”, aggiunge il centro studi Usa. “L’intera sfera politica e di sicurezza russa ha probabilmente considerato la sopravvivenza di Prigozhin dopo la ribellione di Wagner come a discrezione di Putin”.
Incidente aereo o omicidio?
I giornali di tutto il mondo hanno riportato la notizia sollevando moltissimi dubbi sull'”incidente aereo”. Il Financial Times riporta una citazione del capo della CIA Bill Burns del mese scorso: “Secondo la mia esperienza, Putin è il massimo apostolo della vendetta”.
Il Guardian scrive che la causa dell’incidente non è immediatamente chiara, ma il fallito ammutinamento guidato da Prigozhin darebbe allo Stato russo ampie motivazioni per agire contro di lui. Inoltre, canali mediatici collegati al gruppo Wagner “hanno suggerito che un missile di difesa aerea russo abbia abbattuto l’aereo”.
Il Times è ancora più esplicito: “Il boss di Wagner che ha incrociato Putin è stato ‘ucciso’ in un incidente aereo”, titola.
Di parere diverso invece Yuri Felshtinsky, autore del celebre “Blowing up Ukraine”, che sottolinea come in tutte le operazioni russe ci sia un’enorme quantità di confusione e disinformazione, “ma alcune cose spiccano. Abbattere un aereo nel cuore della Russia sa di disperazione più che di autorità. Se Putin e il Cremlino fossero stati davvero al comando, Prigozhin sarebbe svanito nel nulla, come il giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, o addirittura il fondatore del gruppo Wagner Dmitry Utkin che, per quanto ne sappiamo, non è stato visto vivo dal 2016 e che oggi apparirebbe improvvisamente morto insieme al suo amico Prigozhin sullo stesso aereo”.
Quale futuro per la Russia
Se il Cremlino avesse davvero qualcosa a che fare con la morte, violenta a mediaticamente potentissima, di “Batya” – “defenestrazione con altri mezzi”, dice qualcuno – questo potrebbe però anche rafforzare l’ipotesi che la Russia stia per entrare nuovamente in quello che in patria si definisce “Tempo dei Torbidi”, come alcuni analisti hanno suggerito durante l’ammutinamento.
Nel Paese questa frase si riferisce a un periodo di illegalità e di violenta crisi, per definire successioni e nuovi equilibri, all’inizio del 1600. Un po’ come quella feroce fase anarchica degli anni ’90, quando i russi affrontarono la violenta transizione verso un’economia di mercato, con omicidi politici all’ordine del giorno.
Quale futuro per Wagner
Per quanto riguarda il futuro di Wagner, in un’analisi seguita al fallito golpe di giugno, la celebre Brookings Institution ha osservato che potrebbe essere utile per il Cremlino ristrutturare efficacemente alcune delle attività di Prigozhin, o affidarle comunque a una nuova gestione.
Gran parte dell’”impero africano” di Wagner, che si regge su un mix esplosivo di disinformazione, interessi commerciali parecchio torbidi e lavoro mercenario, esiste proprio grazie ai legami oscuri che Prigozhin e i suoi stretti collaboratori avevano creato nel corso degli anni. Gli analisti sono convinti ad esempio che Wagner fosse venuto in aiuto della giunta militare in Mali, una mossa che contribuì alla decisione della Francia di porre fine ad un’operazione militare durata quasi un decennio.
“Piuttosto che liquidare completamente Wagner in Africa e in Medio Oriente, i servizi segreti russi elimineranno le strutture di Wagner per indebolire le affinità con Prigozhin e rafforzare i legami con il Cremlino”, aveva scritto. “Una tale ristrutturazione imiterebbe l’apparente preferenza del presidente russo Vladimir Putin rispetto a Wagner in Russia e Ucraina – collocando alcuni quadri sotto l’esercito russo, disarmandone altri e consentendo ad altri di operare nell’attuale formato semi-indipendente, ma sotto una nuova leadership e con il potere di Prigozhin ridotto al minimo”. Ora che il capo di Wagner non c’è più, questo scenario diventa ancora più plausibile.
Simile anche il punto di vista dell’ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti ed ex direttore della Cia Leon Panetta, per cui “è probabile che Mosca cerchi di assumere il controllo del Gruppo Wagner“. Panetta pensa che “saranno molto preoccupati di permettere a questi ragazzi di continuare a operare da soli”. “Non mi sorprenderebbe quindi se affermassero il controllo sul Gruppo Wagner in Africa, in Asia e ovunque si trovino”. E invita caldamente anche gli altri membri di Wagner a “preoccuparsi per la propria vita”. Secondo alcuni rapporti, centinaia di combattenti Wagner che erano stati esiliati nelle basi in Bielorussia hanno iniziato a lasciare il Paese, alcuni insoddisfatti dei livelli salariali più bassi, altri trasferendosi proprio a lavorare nell’Africa occidentale.
Negli ultimi mesi, mentre il Cremlino corteggiava i leader militari dei Paesi del Sahel, Prigozhin sviluppava rapporti personali con signori della guerra, golpisti, paramilitari, politici corrotti e uomini d’affari in erba. Ma senza Prigozhin, dicono numerosi esperti di geopolitica, Wagner potrebbe non essere più nulla.