Dopo essersi messa alle spalle le infinite polemiche sulla Festa della Liberazione e sulle iniziative per il 25 aprile, nelle ultime ore la compagine di governo guidata da Giorgia Meloni è tornata ad occuparsi a tempo pieno delle questioni che riguardano l’economia e i conti pubblici. In particolare, nella giornata di giovedì 17 aprile, la maggioranza di centrodestra era chiamata ad affrontare il voto in Parlamento sul Documento di economia e finanza (il cosiddetto Def), che delinea la cornice entro cui l’esecutivo potrà muoversi nel 2023.
Un passaggio, quello della conta in Aula, che si è rivelato molto più complicato del previsto: i partiti che sostengono la premier – impegnata in quelle ore in una trasferta a Londra presso il suo omologo Richi Sunak – non sono riuscito a garantire i numeri sufficienti per approvare lo scostamento di bilancio, ossia il provvedimento che prevede il ricorso a nuovo debito pubblico per finanziare gli interventi previsti entro la fine dell’anno.
L’approvazione del Def, le prospettive economiche e l’aumento del debito: cosa sta succedendo ai conti pubblici
Come richiesto dalla nostra Carta costituzionale, l’aumento del deficit tramite decreto dev’essere approvato alla Camera e al Senato tramite la cosiddetta maggioranza qualificata: questo significa che i voti favorevoli non devono rappresentare il classico 50% + 1 degli aventi diritto, bensì i 2/3 dell’intero elettorato che compone i due rami del Parlamento.
Una prova a cui Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia non hanno saputo farsi trovare pronti: in quel pomeriggio infatti sono mancati i numeri sufficienti e il Consiglio dei ministri ha dovuto organizzare in pochissimo tempo una seduta lampo per riformulare il testo e ripresentarlo immediatamente in Aula per non intasare e ritardare l’iter dei lavori.
Ora che però lo scostamento è stato approvato, l’attenzione dei media e delle forze di opposizione di è concentrata sui numeri contenuti nel Def: viene infatti autorizzato un aggravio del debito pubblico pari a 3,4 miliardi di euro nel 2023, seguito da un successivo appesantimento dei conti per 4,5 miliardi di euro nel 2024. Nell’ottica del governo (e, in particolare, del titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti) queste risorse serviranno a finanziare i provvedimenti sul lavoro attesi nella riunione dei ministri fissata proprio per oggi (lunedì 1° maggio).
Sul debito italiano arriva la scure del nuovo Patto di stabilità: i rischi per il nostro Paese
Sta di fatto che l’esecutivo – nonostante gli annunci che vorrebbero una discesa costante del rapporto debito/Pil nel prossimo futuro – non potrà fare a meno di creare nuovi debito pubblico, almeno nel breve periodo. E la prospettiva non pare molto migliore, vista la disponibilità sempre più risicata di risorse per poter anche solo ipotizzare di mettere in atto le tante promesse fatte in campagna elettorale sul fronte della pressione fiscale.
Per questo, le ultime stime (seppur non ufficiali) circolate tra i tecnici di via XX Settembre hanno suscitato preoccupazione, a maggior ragione dopo l’annuncio della riforma del Patto di stabilità da parte della Commissione europea, che garantirà margini più flessibili per i Paesi membri più indebitati, ma sarà inflessibile sulle eventuali sanzioni per chi non rispetta gli impegni presi.