Il trasporto merci con le isole costa caro, aumento di 100 milioni di euro per la Sardegna

Nel 2025 i costi di trasporto via mare aumenteranno, con ripercussioni su lavoratori e consumatori. Le isole italiane saranno le più colpite

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 2 Gennaio 2025 16:00

Aumentano i costi di trasporto via mare e a pagarli saranno lavoratori e consumatori. Secondo le stime per il 2025, è previsto un aggravio di circa 100 milioni di euro. Questo è dovuto agli oneri per le compagnie di navigazione che eccedono con le emissioni di CO2. La direttiva è di ben 21 anni fa e, mentre il resto dell’Europa ha investito su navi a basse emissioni, l’Italia non ha usufruito del sostegno economico europeo per tale operazione.

Le Isole italiane importano ed esportano la maggior parte della merce via mare, in particolare la Sardegna. Secondo Arnaldo Boeddu, di Filt Sardegna, il costo sarà scaricato sui lavoratori e i consumatori. E sono proprio questi ultimi che potrebbero scegliere di non acquistare i prodotti sardi a causa dell’aumento dei costi, un danno economico ancora difficile da calcolare, ma che era stato portato all’attenzione delle istituzioni già 12 mesi fa. L’allarme è stato lanciato e la richiesta di aiuto è stata presentata attraverso un’interrogazione al ministro dei Trasporti Matteo Salvini.

Aumento dei costi delle merci: (non solo) colpa del trasporto

Il costo delle merci che si muovono per mare potrebbe subire un’impennata. Nel 2025, infatti, le compagnie di navigazione dovranno pagare per l’eccesso di produzione di CO2 del trasporto marittimo.

La denuncia arriva dal vicepresidente della Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall’insularità, Silvio Lai. Come spiega il deputato, si tratta di una direttiva di 21 anni fa, ampiamente conosciuta e aggiornata nel 2015 con la 757, che introduceva un monitoraggio e la comunicazione all’autorità preposta delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo. “Eppure, mentre nel nord Europa si sono attrezzati, anche utilizzando risorse europee, oggi le compagnie che non hanno usato questi 21 anni per ammodernarsi pretendono di ribaltare i costi dei ritardi e dell’inefficienza sui cittadini e sulle piccole imprese di trasporto merci”.

In questo modo il danno economico è servito e non sarà contenuto. Anche Arnaldo Boeddu, segretario generale della Filt Sardegna, denuncia l’immobilità delle istituzioni di fronte al problema. “La Sardegna è costretta a movimentare le merci quasi esclusivamente via mare. Non serviranno eventuali, quanto improbabili, contributi qualora il governo nazionale non dovesse intervenire in maniera repentina nei confronti degli armatori e con la stessa commissione europea affinché venga evitato che i cittadini, lavoratori e imprese debbano subire questa ennesima ingiustizia”, spiega.

Quali sono i costi diretti e indiretti?

L’aumento dei costi dei trasporti deriva direttamente dall’onere che le compagnie di navigazione devono pagare per l’eccesso di produzione di CO2 prodotti durante il trasporto. Si tratta di una direttiva, come già specificato, di 21 anni fa e aggiornata nel 2015 e ampiamente conosciuta, ma mentre il resto dell’Europa si aggiornava, l’Italia è rimasta immobile.

A pagare, però, come fanno notare deputati e sindacati, non saranno direttamente le compagnie di navigazione, perché queste inevitabilmente scaricheranno i costi sui lavoratori e sui consumatori.

Le Isole sono particolarmente colpite dalla direttiva, perché sono impossibilitate a un trasporto totalmente su gomma e su ferro. Secondo le stime, i trasporti per la Sardegna subiranno aumenti dai 200 ai 300 euro nel 2025-2026. Inoltre, l’onere sarà raddoppiato se il trasporto non tornerà con delle merci per la penisola.

Filt Sardegna ha calcolato aumenti di 7-9 euro al metro lineare per il trasporto marittimo. Basta notare che il 95% delle merci arriva e parte via mare per calcolarne l’impatto dannoso, che si stima sui 100 milioni di euro. Un aumento che si traduce in merci più care per i consumatori sia delle Isole che della penisola. Una diretta conseguenza è di scoraggiarne l’acquisto, causando un danno economico alle aziende coinvolte, come una tassa occulta sull’insularità che potrebbe casuare chiusure e delocalizzazioni delle realtà territoriali.