Il decreto correttivo potrebbe finalmente vedere la luce: il ministero della Cultura, in collaborazione con il dicastero dell’Economia, punta a modificare il decreto interministeriale n. 225 del 10 luglio 2024, che regola il credito d’imposta per le produzioni cinematografiche e audiovisive.
Perchè il decreto non era piaciuto
Una versione del testo sarebbe già stata trasmessa al Mef, con l’obiettivo di ottenere rapidamente il via libera per la pubblicazione. Un’accelerazione resa necessaria dall’imminente udienza al Tar, prevista per l’inizio di marzo, in cui verrà esaminato il ricorso presentato da alcune società contro la riforma del tax credit introdotta la scorsa estate.
Una prima bozza del decreto correttivo era stata predisposta a fine dicembre, ma era rimasta in stallo a causa dell’opposizione di Mediaset e Rai. Le due emittenti contestavano il riequilibrio dei diritti sulle opere tra produttori e televisioni committenti, ritenendolo penalizzante per loro. Nella versione iniziale, infatti, il produttore avrebbe mantenuto tutti i diritti pay Tv e VoD (video on demand) nel caso in cui l’opera fosse stata sfruttata prioritariamente nel free-to-air, con la possibilità di cedere solo in modo non esclusivo i diritti FVoD (free video on demand) e AVoD (advertising on demand) al broadcaster.
La nuova bozza
Nella nuova versione del decreto, la quota destinata ai produttori è stata ridotta: se l’opera viene trasmessa in prima battuta in chiaro o su servizi VoD non legati ad abbonamenti, il produttore conserverà almeno il 50% dei diritti SVoD (subscription video on demand) e la totalità dei diritti TVoD (transactional video on demand) e pay TV, ma con un holdback, ovvero un vincolo di non utilizzo, di massimo sei mesi dalla messa in onda o dalla conclusione della stagione, nel caso di serie TV.
Diversa la situazione nel caso in cui i diritti prioritari siano quelli pay Tv, SVoD o TVoD: in questo scenario, il produttore manterrà integralmente i diritti free TV, FVoD, AVoD e quelli catch up legati alla trasmissione in chiaro. Tuttavia, il periodo di holdback in questo caso sarà esteso fino a un massimo di 18 mesi dalla trasmissione o dalla fine della stagione della serie, rispetto ai 12 mesi previsti dalla normativa attuale.
Le modifiche al decreto
Una delle principali modifiche del decreto correttivo riguarda i requisiti di distribuzione, con l’eliminazione dell’obbligo di stipulare un accordo con una “primaria società di distribuzione cinematografica”. Tale clausola era stata oggetto di critiche, poiché temuta come un ostacolo insormontabile per molti produttori indipendenti.
Un altro cambiamento significativo riguarda le risorse finanziarie: attualmente, per accedere al credito d’imposta, è necessario dimostrare che almeno il 40% del costo di produzione dell’opera cinematografica sia coperto da risorse private (percentuale che sale al 50% per opere televisive e web, e scende al 30% per documentari, animazione e cortometraggi). Il decreto correttivo elimina questa necessità. Inoltre, viene introdotto un limite alle risorse pubbliche che possono essere assegnate, fissando un tetto dell’80% del costo complessivo dell’opera.
Infine, è stato reintrodotto l’obbligo per il produttore di reinvestire una parte dei proventi netti dell’opera (dopo aver coperto i costi di produzione) nello sviluppo, produzione o distribuzione di opere “difficili” entro cinque anni dalla concessione del credito. Tale reinvestimento deve essere proporzionale al tax credit riconosciuto. In caso di inadempimento, la società produttrice (e altre aziende che includano soci, amministratori e legali rappresentanti dell’impresa inadempiente) non potrà richiedere il credito per altre opere audiovisive nei cinque anni successivi. Questa misura ha l’intento di combattere eventuali abusi.