Nonostante le previsioni economiche non siano deboli come a novembre, in uno scenario caratterizzato da un’elevata inflazione, dagli squilibri di mercato determinati dalla pandemia e dall’incremento dei prezzi di beni alimentari e energia derivanti dal conflitto russo-ucraino, la Federal Reserve ha espresso la necessità di mantenere alti i tassi di interesse evidenziando i rischi di un allentamento prematuro della politica monetaria. Non vi è, dunque, nessun taglio dei tassi in programma nel corso del 2023 e, anzi, per riportare l’inflazione sotto controllo, al 2%, saranno necessari ulteriori rialzi. È quanto emerge dai verbali della riunione del 13 e 14 dicembre del Federal Open Market Committee (Fomc), l’organismo della Fed responsabile della politica monetaria degli Stati Uniti.
La strategia diventa più complessa
Dalle minute della Fed emergono i timori diffusi fra i componenti della banca centrale per l’ottimismo degli investitori sulla fine del ciclo di rialzi dei tassi. Un ottimismo che potrebbe rendere più difficile combattere l’inflazione. “Un allentamento non garantito delle condizioni finanziarie, spinto da una falsa percezione” su come la Fed potrebbe reagire ai nuovi dati economici – si legge nei verbali – rischia di “complicare gli sforzi per ripristinare la stabilità dei prezzi”. Nelle minute viene chiarita la necessità per la banca centrale di avere molte più prove prima di convincersi che le pressioni sui prezzi siano sotto controllo.
Avanti per la stabilità dei prezzi
“Una politica monetaria restrittiva potrebbe essere mantenuta fino a quando i dati non mostreranno che l’inflazione non è su una sostenuta traiettoria verso il 2%”, afferma la Fed precisando come un rallentamento della velocità dei rialzi non indica un “indebolimento della determinazione a centrare l’obiettivo della stabilità dei prezzi”.
Lo scorso dicembre in occasione della riunione il FOMC ha annunciato un aumento dei tassi d’interesse di 50 punti base al 4,25%-4,5%, il livello più alto dal 2007, dopo quattro rialzi consecutivi da 75 punti base.
I “falchi” piegano anche la BCE
L’austerità dei “falchi” ha avuto la meglio anche all’interno del Board della Banca Centrale Europea che all’ultima riunione di dicembre ha portato il tasso di interesse al 2,5%. La BCE non ha esaurito i suoi interventi per calmierare l’inflazione e prevede che i tassi debbano ancora salire “significativamente” per riportare l’inflazione in linea con il target del 2%. La presidente Christine Lagarde ha anticipato che vi saranno altri rialzi dei tassi ad un ritmo costante per un certo periodo di tempo, in modo da creare condizioni sufficientemente restrittive e portare l’inflazione sul target del 2% nel medio termine.
“L’inflazione continua a essere di gran lunga troppo elevata e, secondo le proiezioni dello staff della BCE, dovrebbe mantenersi ad un livello superiore all’obiettivo per un prolungato periodo di tempo”, ha precisato la Presidente, ricordando che a novembre la crescita dei prezzi si è attestata al 10%, leggermente sotto le attese, ma ancora troppo elevata, e l’inflazione core che esclude energia ed alimentari è rimasta stabile al 5%.