Industria italiana in calo, -2,9% su base annua: tessile e mezzi di trasporto affossano i dati

Ancora un crollo per la produzione industriale italiana, che raggiunge così il 15esimo mese di fila con il segno meno

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Per il secondo mese consecutivo, la produzione industriale italiana è in calo. Questa volta è dell’1,0% rispetto a marzo, mentre nel trimestre febbraio-aprile si osserva un calo del livello della produzione dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti. A livello mensile, l’indice destagionalizzato registra diminuzioni per i beni strumentali (-0,1%), i beni intermedi (-1,2%), e l’energia (-2,1%), mentre i beni di consumo rimangono stabili.

Considerando gli effetti di calendario, l’indice complessivo registra ad aprile 2024 una flessione tendenziale del 2,9%, segnando così il quindicesimo mese consecutivo di declino (a causa di 20 giorni lavorativi rispetto al 18 di aprile 2023). Tutti i comparti evidenziano una riduzione delle attività, con una diminuzione meno pronunciata per i beni intermedi (-2,1%) e più significativa per i beni strumentali (-3,1%), l’energia (-3,6%), e i beni di consumo (-3,9%).

I settori: bene quello dei farmaci, male abbigliamento e macchinari

Un trend già osservato nei mesi precedenti e che continua ancora. I dati relativi ad aprile consolidano il rallentamento della produzione industriale in Italia, attribuibile a diversi fattori, tra cui l’incremento dei prezzi delle materie prime, le implicazioni della guerra in Ucraina e l’incertezza che permea l’economia globale. Gli analisti prospettano una continuazione del processo di ripresa della produzione industriale nei prossimi mesi. Tuttavia, si prevede che tale crescita potrebbe essere frenata dall’ulteriore aumento dei prezzi delle materie prime e dall’instabilità economica a livello mondiale.

Nel contesto dei settori specifici, spicca il notevole aumento registrato nel comparto dei prodotti farmaceutici di base e dei preparati farmaceutici (+4,4%). Seguono da vicino le industrie alimentari, delle bevande e del tabacco (+2,1%), i settori dei computer, dell’elettronica e dell’ottica (+1,4%), e le apparecchiature elettriche e non (+0,3%). Al contrario, si osserva una contrazione nei settori dell’attività estrattiva (-0,9%), della metallurgia e della fabbricazione di prodotti in metallo (-1,0%), degli articoli in gomma, delle materie plastiche e dei minerali non metalliferi (-1,8%), e nell’industria del legno, della carta e della stampa (-2,3%).

Due sono i dati in picchiata: quello che riguarda il settore della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, che segna un calo del 8,1%, e quello del settore tessile e abbigliamento, con un crollo addirittura del -13,3%. Terzo settore peggiore è quello dei macchinari, in calo del 4,1%. Il dato produttivo in questo caso risente almeno in parte di una frenata anomala del mercato interno generata dall’attesa degli incentivi del piano Transizione 5.0.

Unc: “Uno tsunami! Da gennaio 2023 -12% per beni di consumo durevoli”

Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat, la produzione industriale di aprile scende dell’1% sul mese precedente e del 2,9% su base annua.

“Uno tsunami si sta abbattendo sulle nostre industrie. Una Caporetto! Per la 15° volta consecutiva la produzione industriale precipita nei dati tendenziali. Una situazione gravissima e allarmante alla quale si può porre rimedio solo rilanciando la domanda interna, ridando capacità di spesa alle famiglie” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Secondo lo studio dell’associazione, se la produzione di aprile 2024, nei dati corretti destagionalizzati, è scesa “solo” dell’1% su marzo 2024, nel confronto con gennaio 2023, ossia prima che iniziasse la caduta ininterrotta, è inferiore del 5,2%. Per i beni di consumo il gap sale al 6,7%, che diventa addirittura -12% per i beni di consumo durevoli. “Insomma, una disfatta che riguarda tutti i comparti, ma soprattutto i beni di consumo durevoli. Un indicatore chiaro delle difficoltà in versano le famiglie” commenta Dona.