Sanità pubblica in crisi, 2,5 miliardi dalla Manovra ma più fondi ai privati

Il Governo punta a rilanciare la sanità pubblica con nuovi investimenti, ma i fondi finiscono ancora ai privati e la spesa sanitaria delle famiglie resta in aumento

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

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Il Governo annuncia un rilancio della sanità pubblica, con nuovi investimenti e assunzioni, ma il quadro che emerge dai dati è ancora incerto. La Legge di bilancio prevede fondi aggiuntivi e incentivi per il personale, nel tentativo di rafforzare un sistema messo alla prova da anni di sottofinanziamento e da un crescente ricorso al privato.

Accanto alle risorse destinate al servizio pubblico, però, una parte significativa continua a confluire verso strutture private e sanità integrativa, con convenzioni, tetti di spesa e nuovi contratti.

Secondo Fondazione Gimbe e Cnel, la spesa sanitaria delle famiglie è in aumento, mentre negli ospedali il personale è in calo.
La Manovra prevede interventi per infermieri, medici e farmacie dei servizi, ma resta il nodo di un equilibrio ancora instabile tra pubblico e privato e di quanto i nuovi fondi potranno incidere sulla tenuta della rete sanitaria nazionale.

Fondi per la sanità: nuove risorse ma dubbi sulla loro destinazione

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato che la nuova Legge di bilancio includerà 2,4 miliardi aggiuntivi, che si sommano ai quattro miliardi già previsti per la sanità. Una cifra rilevante, ma ancora distante dal colmare i 13 miliardi tagliati negli ultimi tre anni, secondo le stime della Fondazione Gimbe.

Dietro l’annuncio, però, emergono segnali di una strategia più prudente che coinvolge l’intero sistema di welfare. Certo, mentre la sanità riceve nuove risorse, altri settori come scuola e pensioni accorciano la coperta e subiscono tagli. E resta il dubbio su quanto di questi fondi aggiuntivi si tradurrà in un miglioramento reale per i cittadini.

Più spazio ai privati nella gestione della salute

Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha assicurato più volte che la manovra aiuterà a ridurre le liste d’attesa. Ma, nei fatti, una parte consistente delle nuove risorse andrà ancora una volta al settore privato. Dei fondi stanziati, 246 milioni di euro serviranno per acquistare prestazioni da strutture convenzionate, ovvero cliniche e professionisti esterni che verranno rimborsati dal Servizio sanitario nazionale.

A questi si aggiungono altri 100 milioni destinati a coprire l’aumento delle tariffe richieste dalle stesse strutture, oltre al miliardo già previsto lo scorso anno con la stessa finalità.

Anche i 90 milioni previsti per la salute mentale seguiranno un’impostazione simile: invece di potenziare i servizi pubblici, ad esempio assumendo più psicologi nelle Asl, gran parte delle risorse sarà usata per finanziare il bonus psicologo, che rimborsa le sedute effettuate da professionisti privati.

Spesa farmaceutica, aumentano i tetti ma non i servizi

Un altro tema delicato riguarda la spesa per farmaci e dispositivi medici. Dal 2026, il tetto massimo che lo Stato può spendere ogni anno per i farmaci aumenterà di 350 milioni di euro. Ma questo non significa che ci saranno più medicinali disponibili per i pazienti.

L’obiettivo, infatti, è un altro: ridurre lo sforamento di bilancio, che oggi supera i quattro miliardi. Metà di questa cifra viene attualmente coperta dalle aziende farmaceutiche attraverso il cosiddetto payback, un meccanismo che le obbliga a restituire parte dei soldi spesi in eccesso.

Con l’aumento del tetto, le imprese dovranno rimborsare meno e lo Stato si farà carico di una quota più alta. In pratica, cambia la distribuzione del peso economico, ma non i servizi per i cittadini.

Una dinamica simile riguarda anche i dispositivi medici, come protesi e apparecchiature. Dopo le proteste delle aziende, il governo ha deciso di rinunciare al 75% delle somme dovute con il payback e ha alzato di altri 280 milioni il limite di spesa. Anche in questo caso, il beneficio principale sarà per i fornitori, mentre l’impatto sui servizi offerti dal pubblico resta limitato.

Cosa dice il Cnel: meno prestazioni pubbliche e più spesa diretta delle famiglie

La Relazione annuale del Cnel sui servizi erogati dalla pubblica amministrazione non fa altro che confermare il trend. La spesa sanitaria a carico diretto dei cittadini ha raggiunto i 42,6 miliardi di euro l’anno, pari a circa un quarto del fabbisogno sanitario nazionale.

Tra il 2018 e il 2023 si registra un calo medio del 2% nelle prestazioni diagnostiche e dell’1,7% nelle visite specialistiche erogate dal servizio sanitario pubblico, a fronte di un aumento costante del ricorso al settore privato.