La mafia fa più affari al Nord che al Sud: 61,4 miliardi di euro ripuliti “legalmente”

L’analisi Svimez–Guardia di Finanza mostra come le mafie investano sempre più nell’economia legale, soprattutto nelle Regioni più ricche

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Ancora oggi si ha un’immagine delle mafie come quelle nelle serie TV di 10 o 20 anni fa, ma quello stesso immaginario era già datato. Negli ultimi anni la realtà è un’altra: le mafie investono nell’economia legale e sfruttano mercati e strumenti finanziari ordinari per ripulire capitali illeciti e mimetizzarsi nel tessuto produttivo. Questo è quanto emerge dall’analisi Svimez–Guardia di Finanza sui reati economici dal 2010 al 2024. Da sottolineare anche il dato geografico, perché è tempo di accantonare l’idea che Sud equivalga a mafie e il resto del Paese non ne sia coinvolto o lo sia in forma minore. La maggior parte dei miliardi di euro riciclati, secondo le Fiamme Gialle (61,4 miliardi), sono nel Nord, poi al Centro e infine nel Mezzogiorno.

L’80% dei capitali sporchi si trova nelle regioni più ricche, tra il Lazio, la Toscana, la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Veneto e il Piemonte. Infatti, proprio tra il 2010 e il 2024 il Nord spicca per euro riciclati, ma anche per denunce di riciclaggio, reato spia dell’infiltrazione nell’economia legale, con 14.375 segnalazioni. Nel Mezzogiorno invece le mafie agiscono in maniera diversa, per esempio attraverso il controllo del territorio. Il reato più indicativo è l’usura, dove le 2.739 denunce che avvengono al Sud sono il doppio di quelle registrate al Nord.

I reati finanziari: spicca il Nord

La criminalità organizzata si presenta sul territorio in maniera differente, sfruttandone le caratteristiche. Nel Mezzogiorno attraverso il controllo del territorio, la gestione degli appalti pubblici e una presenza capillare nel tessuto sociale locale; nel Centro e nel Nord invece assume forme più complesse, filtrandosi nell’economia legale e puntando al riciclaggio dei capitali illeciti.

Secondo le analisi di Svimez e Guardia di Finanza, le organizzazioni mafiose di tutto il Paese utilizzano i mercati e gli strumenti dell’economia ordinaria per legittimare i proventi criminali. Nell’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia si legge:

non di rado, l’accentuazione della vocazione economica delle consorterie si sposa, soprattutto nelle regioni trainanti per l’economia ove maggiore è la presenza imprenditoriale e più vivaci gli scambi finanziari, con la determinazione di evadere il fisco da parte di alcuni titolari di imprese che tendono ad aggirare le regole della libera concorrenza, ignorando i comportamenti fiscalmente corretti.

Sono fenomeni difficili da intercettare, si legge ancora, perché le tangenti spesso vengono coperte da fatture fittizie e il costo della “mazzetta” viene trasferito sul piano fiscale. Proprio per questo è difficile quantificare l’entità degli investimenti della criminalità organizzata nell’economia legale. Si potrebbe quasi dire che sono ormai due realtà impossibili da scollegare.

Il denaro riciclato

Un modo per capire il valore di questo mercato è confrontare il numero e l’importo delle denunce per riciclaggio, per usura e per reati riconducibili alla criminalità organizzata. Così, grazie all’incrocio di questi dati, l’analisi ci riporta il seguente dato: tra il 2010 e il 2024 le somme di denaro riciclate sono pari a 61,4 miliardi di euro. Queste sono così suddivise geograficamente:

  • 29,8 miliardi al Nord;
  • 20,3 miliardi al Centro;
  • 11,3 miliardi nel Mezzogiorno.

Le Regioni dove si ricicla il maggior quantitativo di denaro sono:

  • Lazio;
  • Toscana;
  • Lombardia;
  • Emilia-Romagna;
  • Veneto;
  • Piemonte.

Tra il 2010 e il 2024 il Nord prevale per numero di denunce per riciclaggio, definito reato “sentinella” per l’infiltrazione nell’economia legale. Sono 14.375, un numero tale da rilevare la capacità ormai consolidata delle organizzazioni criminali di spostare e reinvestire capitali illeciti al di fuori dei contesti di origine.

Dal 2017 in poi, il Nord ha continuato a crescere per reati spia. Al Nord si concentra un numero consistente di operazioni sospette, arrivando a toccare quota 1,6 milioni di persone fisiche e giuridiche segnalate, ma anche 1,3 milioni di operazioni finanziarie sospette, corrispondenti a movimenti di denaro per 49,2 miliardi di euro.

Il controllo del territorio è nel Mezzogiorno

Differente invece l’impatto che hanno le mafie nel Mezzogiorno. Al Sud, infatti, la loro presenza resta molto legata al controllo del territorio. Le dinamiche che emergono sono quindi legate a fenomeni di usura, reato tipico che segnala una presenza forte nel tessuto sociale della criminalità organizzata. Dal rapporto si legge:

i dati dimostrano che da questo punto di vista resta un forte divario tra le aree del Paese dovuto al radicamento delle quattro grandi mafie nelle loro aree di origine, dal quale comunque traggono potere ma anche prestigio sociale.

Ancora tra Nord e Sud la differenza sta nel tipo di reato denunciato, non tanto nella presenza. Mentre nel Mezzogiorno restano alte le denunce per reati legati alla criminalità organizzata, al Centro e al Nord queste sono molto inferiori, ma non raccontano di una minore pervasività, quanto del fatto che la presenza sia ormai legata a forme più sofisticate di infiltrazione criminale.

Questo quadro non cambia un aspetto, ovvero che nel Mezzogiorno le attività criminali sono rimaste sostanzialmente immutate da quasi un secolo. Le organizzazioni criminali non si sono spostate al Nord, ma agiscono anche al Nord, minando la capacità di riconoscerle proprio grazie alla loro mimetizzazione e alla collaborazione con realtà legali.