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La portata garantista della riforma Nordio

La riforma Nordio, approvata definitivamente dalla Camera, introduce modifiche sostanziali al codice penale e di procedura penale, puntando su garantismo e riservatezza

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Redazione

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L’Aula della Camera ha approvato in via definitiva il d.d.l. Nordio, a firma del Ministro della Giustizia Carlo Nordio e del ministro della Difesa Guido Crosetto. Il provvedimento non ha subito modifiche da parte della Camera dei Deputati, rispetto alla versione, approvata il 13/12/2024 in prima lettura, del disegno di legge n. 808-ASA da parte del Senato della Repubblica, e recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”, altrimenti noto come riforma Nordio.

Esaminiamo quindi, per sommi capi, le novità introdotte dalla predetta riforma

Si rende necessaria una breve premessa in ordine ai contenuti principali della Riforma al fine di individuare preliminarmente le novità più importanti introdotte dal disegno di legge, prima di procedere con la loro disamina specificamente. Il provvedimento in oggetto, composto da nove articoli, abolisce anzitutto il delitto di abuso d’ufficio. Il disegno di legge prevede altresì una “stretta” sulle comunicazioni tra “l’imputato e il proprio difensore e sulla pubblicazione delle intercettazioni, rafforzando la tutela del “terzo estraneo” rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate. Inoltre, introduce anche una serie di novità sulla custodia cautelare e sul reato di traffico di influenze illecite. Premessi alcuni brevi cenni, dapprima si rappresenta che il provvedimento in esame abolisce dall’ordinamento la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 323 del cod. penale, relativo all’abuso d’ufficio. Come noto il reato di abuso d’ufficio punisce il pubblico ufficiale che, violando consapevolmente leggi, regolamenti o l’obbligo di astensione, cagiona un danno ad altri o si procura un vantaggio patrimoniale. La riforma interviene anche sul reato di traffico di influenze illecite disciplinato normativamente dall’art. 346-bis c.p., ridefinendone i contorni, ritenuti ad oggi eccessivamente vaghi; ovvero è stato ristretto il suo ambito di applicazione. Pertanto, la mediazione viene ritenuta illecita se finalizzata a far compiere un reato ad un pubblico ufficiale. Inoltre, sul piano sanzionatorio, viene aumentato il minimo edittale della pena: da 1 anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi. Si rileva poi che la riforma si è anche occupata della modifica della disciplina delle intercettazioni, in particolare, in punto di pubblicazione e riservatezza del terzo estraneo al procedimento. Dunque, è stato introdotto il divieto di riportare nei verbali di trascrizione delle intercettazioni, espressioni che permettano di individuare soggetti diversi dalle parti. Inoltre, si modifica l’articolo che attualmente vieta la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni fintantoché non siano state “acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454”; ebbene, tale limitazione viene resa ora più stringente, prevedendo che il divieto di pubblicazione cada allorquando il contenuto intercettato sia “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. La riforma prevede l’introduzione del divieto di pubblicazione, anche parziale del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal Giudice nella motivazione di un provvedimento o sia utilizzato nel corso del dibattimento. È inoltre escluso il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione se la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori. La riforma ha poi annunciato un “stretta” sulle comunicazioni tra l’imputato e il proprio difensore. Nello specifico, il provvedimento in oggetto rafforza la tutela della libertà e della segretezza delle comunicazioni del difensore, estendendo il divieto di acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria ad ogni altra forma di comunicazione – diversa dalla corrispondenza – intercorsa tra l’imputato ed il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato. Inoltre, il provvedimento introduce l’obbligo per l’AG o per gli organi ausiliari delegati di interrompere immediatamente le operazioni di intercettazione, qualora risulti che la conversazione o la comunicazione rientrino tra quelle vietate.

Con la riforma Nordio si segnala l’intervento di altre due importanti novità

In primis, al fine di dare all’indagato e al giudice un momento di interlocuzione diretta, prima di una misura cautelare, viene introdotto il principio del contraddittorio preventivo ove, per il tipo di reato o per la concretezza dei fatti, durante le indagini preliminari non sia necessario “l’effetto sorpresa” del provvedimento.  In secondo luogo, nel ddl Nordio, si prevede che il giudice proceda all’interrogatorio dell’indagato prima di disporre la misura, previo deposito degli atti, con facoltà della difesa di averne copia. Ove compatibile con la situazione concreta, l’indagato potrà avere “una difesa preventiva”, anteriore all’emissione della custodia cautelare in carcere. Viene invece esclusa la previsione del contraddittorio per quelle situazioni ove sussista il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. Un altro caso di esclusione si ha qualora, per tipologia di reati, non sia possibile il rinvio della misura cautelare. Invero, ciò si verifica allorquando, ad esempio, vi sia il rischio di reiterazione di gravi delitti perpetrati mediante l’impiego di mezzi di violenza personale o in tutti i casi in cui si è in presenza di gravi delitti. In sintesi, da un lato il provvedimento introduce l’istituto dell’interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari, rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare – ovviamente in tutti i casi in cui non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato a “sorpresa”. Dall’altro, l’innovazione prevede l’attribuzione al giudice in composizione collegiale della competenza a decidere l’applicazione rispettivamente della misura della custodia cautelare in carcere.

Si segnala però che tali novità entreranno in vigore a distanza di due anni dall’approvazione della riforma

Un’ulteriore novità riguarda la modifica della disciplina dell’informazione di garanzia. Si specifica che l’informazione di garanzia deve essere trasmessa “a tutela del diritto di difesa”. Nell’ottica di rispondere a tale esigenza, si prevede che nell’avviso dovrà essere obbligatoriamente contenuta una “descrizione solo sommaria del fatto” su cui si indaga, ad oggi non prevista. Inoltre, la consegna dell’atto dovrà avvenire in modo da garantire la riservatezza del destinatario; ovvero, la notificazione dovrà quindi eseguirsi con modalità che tutelino appunto l’indagato. Altro aspetto di cui si è occupato il provvedimento in esame riguarda la collegialità e le misure cautelari. Con il ddl Nordio, si introduce la decisione collegiale per l’adozione dell’ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari. La riforma pone il focus anche sull’inappellabilità del pubblico ministero averso le sentenze di proscioglimento nei procedimenti per reati a citazione diretta. Il ddl propone di ridisegnare il potere del pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado, rispettando però i dettami della Corte costituzionale. La limitazione alla possibilità per il P.M. di proporre appello non riguarda i reati più gravi (compresi quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale), non è né “generalizzata” né “unilaterale”, come stabilito dalla Corte (sentenza n.26 del 6 febbraio 2007). Non si tratta di limitazione unilaterale, tenendo conto dei limiti del potere di appello anche dell’imputato introdotti dal dlgs n.150 del 2022. Dunque, limiti all’appello, di fatto, solo per i reati a citazione diretta a giudizio (ex art. 550 cpp). Da ultimo, viene introdotta una norma di interpretazione autentica in materia di requisiti di età dei giudici popolari delle Corti di Assise. Il requisito massimo è fissato a 65 anni e deve sussistere soltanto al momento della nomina. Pertanto, allo stato la Riforma “Nordio” riporta fiducia nella giustizia e nel principio della presunzione di innocenza dell’indagato. Inoltre, cerca di ovviare la spettacolarizzazione della giustizia iniziata con l’effetto “Di Pietro” riportando l’avviso di garanzia nel suo originario alveo di garanzia di difesa per l’indagato e individuando la misura cautelare preventiva come “extrema ratio” in un’indagine penale.

In collaborazione con Studio Legale Grolla.