I fondi comuni di investimento fanno parte innanzitutto della categoria dei cosiddetti OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio), ovvero tutti quegli strumenti finanziari che, insieme ai fondi SICAV, permettono di investire nei mercati di capitali, frazionando in questo modo il rischio per gli investitori. I fondi comuni di investimento sono, nello specifico, dei prodotti finanziari che permettono ai risparmiatori di sottoscrivere quote di partecipazione a patrimoni collettivi, garantendogli così alcuni vantaggi ai quali un investitore individuale in genere non avrebbe diritto. I fondi SICAV, invece, non sono altro che società d’investimento a capitale variabile. A differenza dei fondi comuni di investimento, esse consentono agli investitori di diventare soci della società stessa. I titoli scambiati saranno in questo caso azioni e non quote.
Indice
I vantaggi dei fondi comuni di investimento
Uno dei principali vantaggi dei fondi comuni di investimento è senza dubbio la diversificazione degli investimenti, e dunque del rischio, su mercati, settori economici o aree geografiche differenti. Un altro vantaggio è inoltre la riduzione dei costi di transazione dovuta agli elevati volumi di titoli scambiati.
Come funzionano i fondi comuni di investimento
Il patrimonio collettivo tutelato all’interno dei fondi comuni di investimento è gestito per legge dalle cosiddette SGR (Società di Gestione del Risparmio), che si occupa di collocare, insieme a banche e promotori finanziari, le quote di partecipazione al fondo ed è custodito da un’unica banca presso la quale viene depositato. Quest’ultima ha la funzione di vigilare non solo sull’effettiva esistenza dei valori depositati ma anche sulla loro legittimità e sulla correttezza delle operazioni all’interno del fondo stesso. La proprietà dei titoli, invece, è di tutti i sottoscrittori, cioè gli investitori, che così partecipano ai relativi profitti e alle eventuali perdite proporzionalmente alle quote acquistate.
Fondi comuni di investimento: aperti o chiusi
Una prima distinzione da fare quando si parla di fondi comuni di investimento è quella che distingue:
- fondi aperti. A capitale variabile. Il valore di ciascuna quota è calcolato giorno per giorno, tenendo conto dei prezzi di mercato e del numero di quote esistenti in quel dato momento. I partecipanti sono liberi di entrare e uscire in qualsiasi momento;
- fondi chiusi. A capitale fisso. Le quote vengono sottoscritte soltanto al momento dell’istituzione del fondo e possono essere riscattate solo a una prefissata data di scadenza.
I fondi aperti si possono ulteriormente suddividere in fondi armonizzati, e dunque conformi a specifiche direttive UE (n. 611/85 e 220/88, recepite con il Decreto Legislativo n. 83/92), e non armonizzati. I primi si attengono ad alcuni vincoli sugli investimenti sanciti dalla comunità Europea con lo scopo di tutelare i risparmiatori. In questi fondi, ad esempio, non è consentito investire più del 10% in strumenti finanziari emessi da un singolo soggetto oppure in altri fondi, derivati o titoli non quotati nei mercati regolamentati.
Tutti quei fondi che non rispettano questi vincoli, e perciò definiti non armonizzati, danno sicuramente più libertà agli investitori ma al tempo stesso una maggiore percentuale di rischio. Rientrano in questa categoria i fondi speculativi, i fondi riservati, i fondi di fondi e i cosiddetti Hedge Funds. Un classico esempio di fondo chiuso è invece il fondo mobiliare, così chiamato quando il patrimonio del fondo è costituito esclusivamente o prevalentemente da beni immobili, diritti reali immobiliari e provenienti da partecipazioni in società immobiliari.
Fondi comuni di investimento specializzati
I fondi comuni di investimento sono ulteriormente suddivisi in cinque macro categorie (fondi di liquidità, azionari, bilanciati, obbligazionari, flessibili), definite in base alle loro caratteristiche principali e in base ai fattori che influenzano la loro rischiosità. Ogni categoria definisce la percentuale minima e massima di investimento in azioni che è possibile detenere all’interno del loro portafoglio. I fondi obbligazionari (a meno che non siano misti) e quelli di liquidità, ad esempio, non possono investire in azioni, mentre il portafoglio di quelli azionari ne detiene almeno il 70%. I fondi bilanciati possono investire in azioni dal 10% al 90% del proprio portafoglio, mentre quelli flessibili infine non hanno alcun tipo di vincolo. Ulteriori tipologie di fondi comuni di investimento sono:
- fondi pensione. Permettono agli investitori di crearsi una rendita pensionistica integrativa;
- fondi etici. Sostengono organizzazioni impegnate nel campo dei servizi sociali, dell’ambiente, della cultura, dello sviluppo sostenibile e della cooperazione internazionale;
- fondi indicizzati. Riproducono i profili di rischio/rendimento di un indice di mercato particolarmente vantaggioso, calcolate da indici quali gli ETF (Exchange Trade Funds), l’MTF (Mercato Telematico dei Fondi) di Piazza Affari e l’Amex statunitense;
- fondi a capitale protetto. Proteggono il valore dell’investimento iniziale;
- fondi a capitale garantito. Permettono agli investitori di ricevere sempre, a scadenze fisse e a prescindere dai risultati di gestione, una determinata percentuale sul valore delle quote da loro acquistate.
I rischi dei fondi comuni di investimento
Senza assunzione di rischio non si produce profitto. Questa semplicissima legge del mercato spiega molto bene il motivo per cui non esistono fondi comuni di investimento del tutto privi di rischi. Il livello di rischio nei fondi comuni è variabile ed è sempre dichiarato al momento della loro sottoscrizione. Detto questo però, la vera abilità quando si investe denaro nei fondi comuni è quella di soppesare il rischio in maniera corretta. I rischi insiti nei fondi comuni di investimento sono innanzitutto determinati dalla tipologia di strumenti finanziari sui quali il fondo investe, ma si rilevano inoltre tre tipologie:
- rischio paese. Determinato dalla situazione economica dello Stato emittente il fondo, in gran parte dei casi di tipo obbligazionario. Si pensi al caso dell’Argentina: elevato profitto a un costo di rischio elevatissimo;
- rischio di tasso di interesse. Anch’esso tipico dei fondi obbligazionari, è fortemente legato alla sua durata, che è direttamente proporzionale alla volatilità del fondo;
- rischio di cambio. Tipico dei fondi obbligazionari quanto di quelli azionari. Se la valuta dell’investitore è diversa da quella del fondo che ha sottoscritto, il tasso di rischio è legato ovviamente anche all’andamento del tasso di cambio delle due valute.