Unicredit, ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del TAR sul Golden Power

La banca ricorre contro la decisione del TAR sul Goldem Power che l'ha costretta ad abbandonare l'offerta e ritirarsi dalla corsa del risiko bancario

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Pubblicato:

Secondo atto della battaglia legale fra Unicredit e Governo, avviata a seguito dell’esercizio del Golden Power sull’OPS per Banco BPM, bloccata dai paletti posti dal MEF all’operazione, che alla fine ha costretto l’Istituto di Piazza Gae Aulenti a ritirare l’l’Offerta Pubblica di Scambio (OPS)  sul Banco BPM e cambiare le sorti del risiko bancario.

Unicredit fa ricorso al Consiglio di Stato

Unicredit, stando ad indiscrezioni riferite da fonti vicine al dossier, al momento non confermate dall’Istituto, avrebbe depositato il ricorso al Consiglio di Stato sulla sentenza del TAR relativa al Golden Power. L’obiettivo del management sarebbe quello di “fare chiarezza”.

La notizia che il management di Unicredit starebbe valutando l’ipotesi di ricorso al Consiglio di Stato, circolata con insistenza ieri nelle sale operative, aveva messo in fermento il titolo in Borsa, arrivato a guadagnare ben oltre il 3%.

La decisione del TAR

A metà luglio, il Tar del Lazio aveva accolto “parzialmente” il ricorso di Unicredit contro l’esercizio del Golden Power, che aveva posto dei paletti all’OPS su Banco BPM. Il Tribunale amministrativo del Lazio, in particolare, aveva accolto due punti del ricorso presentato dalla banca contro il Decreto della presidenza del Consiglio (Dpcm) sul Golden Power e ne aveva “bocciati” altri due, ritenuti invece legittimi.

Fra i due punti annullati c’era il riferimento temporale (5 anni) della richiesta di “non ridurre per un periodo di cinque anni il rapporto impeghi/depositi praticato da Banco BPM e UniCredit in Italia, con l’obiettivo di incrementare gli impieghi verso famiglie e PMI nazionali”. Il secondo punto annullato riguardava l’obbligo di mantenere il livello del portafoglio di project finance. Nessun rilievo invece sulla prescrizione del Dpcm che imponeva l’uscita dalla Russia di Unicredit e sulla necessità di mantenere gli investimenti di Anima in asset italiani di Anima.

I dubbi di Bruxelles

Alla decisione del TAR era poi seguito l’intervento della Commissione Europea, che aveva espresso dubbi circa il corretto esercizio del Golden Power sull’OPS per Banco BPM.

Bruxelles aveva infatti dato 20 giorni di tempo al MEF per presentare le sue osservazioni in merito al Dpcm sul Golden Power, per fugare il dubbio che l’esercizio del potere abbia violato la normativa europea sulle concentrazioni, in quanto:

“l’adozione e l’entrata in vigore del decreto, nella sua forma attuale, senza previa comunicazione alla Commissione, viola gli specifici obblighi di comunicazione e sospensione previsti da tale disposizione, e il decreto, nella sua forma attuale, è contrario alle norme dell’Ue sulla libera circolazione dei capitali, alla competenza esclusiva della BCE in quanto autorità di vigilanza prudenziale ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 6, Tfue e dell’Ssmr, nonché alla legislazione sui servizi finanziari, compresa la direttiva CRD, la direttiva Oicvm, la direttiva Mifid II e la direttiva Gefia”.

La sospensione di Conso e l’abbandono dell’OPS

La decisone del TAR ed i concomitanti rilievi della UE hanno poi spinto la Consob a sospendere l’OPS per 30 giorni, a causa della “situazione di incertezza creatasi”, che non consentiva agli investitori “di pervenire a un fondato giudizio sull’offerta”. Una decisione che poi alla fine aveva indotto l’Istituto di Piazza Gae Aulenti a ritirare l’offerta.