L’apertura dei mercati finanziari del 16 dicembre 2025 conferma una fase di stabilità per lo spread tra Btp e Bund. In avvio di seduta il differenziale di rendimento tra il Btp decennale benchmark italiano e il titolo di Stato tedesco di pari durata è indicato a 68 punti base. Un valore che consolida la permanenza dello spread sotto la soglia psicologica dei 70 punti, area che da settimane rappresenta un riferimento per operatori e investitori. Il rendimento del Btp decennale registra un lieve rialzo, attestandosi al 3,53% rispetto al 3,51% del closing precedente. Il movimento appare contenuto e coerente con un quadro di mercato caratterizzato da scambi prudenti e da un’attesa generalizzata sulle prossime mosse di politica monetaria.
Indice
Spread stabile e segnali dai mercati obbligazionari
La conferma di uno spread stabile su livelli minimi degli ultimi anni indica un contesto di relativa calma sui mercati obbligazionari. Il differenziale misura la distanza tra il rendimento richiesto dagli investitori per finanziare il debito italiano rispetto a quello tedesco, considerato il benchmark di riferimento dell’area euro. Un valore basso segnala una percezione di rischio contenuta e una maggiore fiducia nella sostenibilità del debito pubblico. Negli ultimi giorni lo spread si è mosso in un intervallo ristretto, oscillando tra 68 e 72 punti base. Anche nella seduta precedente, il differenziale aveva mostrato una lieve riduzione, accompagnata da un calo dei rendimenti dei Btp al 3,52%. Il quadro complessivo suggerisce un progressivo assestamento dopo le tensioni osservate negli anni passati.
L’effetto dello spread sotto i 70 punti sui conti pubblici
Uno spread stabilmente sotto i 70 punti base ha implicazioni rilevanti per la finanza pubblica. Secondo le stime del Centro Studi di Unioncamere, mantenere il differenziale su questi livelli per un periodo prolungato potrebbe generare risparmi significativi sulla spesa per interessi. In uno scenario di stabilità fino al 2026, il risparmio per lo Stato italiano è stimato tra 6 e 7 miliardi di euro nel 2026 e tra 9 e 10 miliardi nel 2027, per un totale potenziale compreso tra 15 e 17 miliardi di euro.
Il meccanismo è legato al rifinanziamento del debito in scadenza. Tra il 2022 e il 2023, l’Italia ha emesso titoli a tassi elevati, compresi tra il 4,5% e il 5%, a causa dell’impennata dell’inflazione e del ciclo restrittivo della politica monetaria. Con la scadenza di queste obbligazioni, il Tesoro può sostituirle con nuove emissioni a rendimenti più bassi rispetto al recente passato, pur restando superiori ai livelli pre-pandemia.
Cosa può succedere nel 2026
Un ruolo centrale è giocato dalle aspettative sulla Banca centrale europea. I mercati scontano una fase di pausa sui tassi, con il livello di riferimento al 2% destinato a rimanere invariato nel breve periodo. Questo scenario di prevedibilità contribuisce a ridurre la volatilità sui titoli di Stato dell’area euro e favorisce una maggiore stabilità dei differenziali.
Gli analisti guardano già al 2026, ipotizzando possibili aggiustamenti della politica monetaria. Al momento queste prospettive non sembrano incidere in modo significativo sull’andamento dello spread, che continua a beneficiare di un quadro di minori incertezze.
Cosa significa per gli investitori
Per gli investitori, uno spread stabile e contenuto riduce il rischio di oscillazioni improvvise sui prezzi dei titoli. I Btp continuano a offrire rendimenti superiori a quelli dei principali Paesi core dell’Eurozona, mantenendo al tempo stesso un profilo di rischio percepito più basso rispetto al passato. Questo equilibrio rende i titoli di Stato italiani uno strumento di interesse sia per gli investitori istituzionali sia per i risparmiatori. Proprio per questo è il periodo ideale per investire, basso rischio e investimenti alti.