Riarmo dell’Europa, cosa prevede la clausola sulla difesa e perché piace ai mercati

Ursula von der Leyen ha annunciato il piano ReArm Europe nell'ambito della spesa militare: la clausola di salvaguardia permette di sforare i vincoli del Patto di Stabilità

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 5 Marzo 2025 07:30

Ursula von der Leyen l’aveva annunciato a febbraio dello scorso anno e alla fine l’ha fatto davvero: la Commissione europea ha presentato il piano ReArm Europe per aumentare la spesa militare, prevedendo una mobilitazione da 800 miliardi di euro.

L’Ue si trova schiacciata fra il crescente disinteresse Usa e la concreta minaccia della Russia che ha preso la Crimea nel 2014, ha aggredito l’Ucraina dell’Est nel 2022 e nel frattempo ha messo in atto una guerra ibrida per condizionare le elezioni nei Paesi dell’ex blocco sovietico, e non solo. Il piano sarà discusso durante il Consiglio europeo straordinario di giovedì 6 marzo.

Cosa prevede il piano di riarmo dell’Europa

A febbraio 2024 Ursula von der Leyen aveva parlato della “illusione” di una pace permanente infine “andata in frantumi” a causa delle mire di Putin. Per questo aveva annunciato la necessità di importanti investimenti per produrre più armi.

Il piano di riarmo di Ursula von der Leyen prevede una clausola di salvaguardia per il debito che permette agli Stati di sforare i vincoli del Patto di Stabilità per investire nella difesa, fino a un massimo di 650 miliardi di euro in quattro anni.

Piano ReArm Europe: i costi e le misure previste per il riarmo dell'Unione Europea voluto da Ursula von der Leyen

Previsto poi un nuovo fondo da 150 miliardi di euro destinato a prestiti per le spese militari degli Stati membri. Ancora incerta la provenienza dei fondi, con ipotesi sull’utilizzo di risorse inutilizzate del Pnrr, Fondi di coesione e del Meccanismo di stabilità.

Si prevede poi di incentivare l’utilizzo dei programmi di coesione per finanziare le spese militari. La Banca Europea per gli Investimenti potrebbe essere coinvolta per attrarre capitali privati.

Oltre a rafforzare la deterrenza europea per garantire stabilità politica ed economica, il piano prevede la concreta possibilità di rispondere a esigenze di sicurezza a breve e lungo termine, inclusa la difesa dell’Ucraina.

Nel corso dell’incontro di giovedì 6 marzo verranno chiariti i dettagli, inclusi il quadro finanziario dettagliato e le modalità di attuazione del piano.

Crescono le azioni nell’industria bellica

Ogni guerra e ogni proclama di investimenti bellici imprime un boost all’industria bellica, arricchendo chi abbia investito in armi. Andiamo a vedere come sono cresciute le azioni fra alcuni dei principali produttori di armi e sistemi di difesa a partire dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022.

Azienda Fine febbraio 2022 4 marzo 2025
Leonardo 6,95 euro 43,50 euro
Thales Group 91,98 euro 228 euro
Dassault Aviation 124,50 euro 275,20 euro
Rheinmetall 256,79 euro 1.125,50 euro
Heckler & Koch 72,44 euro 116 euro
BAE Systems 653 sterline 1.568 sterline
Rolls-Royce Defence 106,08 sterline 785,60 sterline
Indra Sistemas 9,71 euro 23,70 euro

Investire nelle industrie belliche

Quella proposta è solo una piccola selezione delle industrie belliche che hanno visto schizzare le proprie azioni. Nonostante la pace in Ucraina (o per meglio dire la resa) sia alle porte, gran parte degli analisti concorda sul fatto che le quotazioni delle industrie belliche continueranno a salire negli anni a venire, spinte dai maggiori investimenti voluti dalla Commissione europea.

Facendo i pronostici lo scorso dicembre, avevamo cercato di individuare dove conviene investire nel 2025. Proprio la difesa, che abbiamo citato come uno dei comparti su cui puntare, si sta rivelando uno dei settori più redditizi per gli investimenti in azioni nel 2025.

Resta l’incognita in merito al rapporto fra il debito pubblico e il Pil: già a suo tempo Moody’s aveva avvertito sul rischio dell’impennata del debito in caso di massiccia spesa militare.