Oro e Nvidia dominano la classifica degli asset più ricchi al mondo, tante le compagnie tech

Azioni e materie prime dominano la classifica delle classi di investimento più ricche del pianeta, con certi investitori che li considerano beni rifugio o punti di speculazione

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 10 Novembre 2024 13:59

Azioni e materie prime guidano la classifica delle classi di investimento più redditizie a livello globale. Per alcuni investitori rappresentano beni rifugio, per altri strumenti di speculazione, mentre per altri ancora sono semplici parcheggi di liquidità. In ogni caso, analizzare la graduatoria di Companiesmarketcap fornisce una chiara indicazione di dove si concentrano i capitali degli investitori mondiali.

L’oro resta l’asset migliore

Al vertice spicca l’oro, con una capitalizzazione che oggi supera i 18mila miliardi di dollari. Il metallo prezioso, acquistato massicciamente anche dalle banche centrali di Paesi che non dipendono dal dollaro, ha visto un’accelerazione degli acquisti dal 2022, registrando un rialzo di oltre il 30% da inizio anno. Considerato la riserva di valore per eccellenza, l’oro non distribuisce cedole (tipico delle riserve di valore), ma il suo prezzo continua a salire grazie all’effetto combinato di scarsità e aumento della domanda, creando un disallineamento tra domanda e offerta.

Al secondo posto della classifica è salita Nvidia, con una valutazione superiore ai 3.600 miliardi di dollari. L’azienda si è affermata come la porta d’ingresso per l’intelligenza artificiale, un megatrend non solo futuro ma già molto presente, come dimostrano gli impatti significativi in termini di efficienza sulle ultime trimestrali delle “magnifiche 7”. Nvidia ha superato Apple, che si trova ora al terzo posto con una capitalizzazione di 3.430 miliardi di dollari, dopo aver dominato per anni la vetta della classifica, escluso l’oro. Seguono poi Microsoft, con una capitalizzazione di 3.140 miliardi di dollari.

La vittoria di Trump dietro all’aumento di alcuni assets

Un aspetto interessante riguarda l’“effetto Trump” su queste big tech. Dal 9 settembre, quando il mercato ha iniziato a prendere seriamente in considerazione la possibilità di una vittoria di Trump alle presidenziali statunitensi, Nvidia ha visto un’impennata a doppia cifra, mentre Microsoft e Apple sono rimaste relativamente stabili. Sebbene i risultati trimestrali di Microsoft e Apple siano stati meno brillanti del solito, non si può escludere che Nvidia, come Tesla (che ha registrato un aumento del 35% nell’ultimo mese, salendo al 12esimo posto nella classifica globale), stia beneficiando anche della speculazione sulle politiche protezionistiche di Trump, che potrebbero stimolare la produzione di veicoli elettrici e chip negli Stati Uniti.

Questo spiega perché TSMC, la principale fabbrica mondiale di chip con sede a Taiwan, è rimasta ferma in Borsa nell’ultimo mese, senza partecipare al rally in corso. Nonostante ciò, TSMC continua a valere oltre 1.000 miliardi di dollari e occupa l’11° posto nella classifica, precedendo Tesla. Meta, invece, è stata superata, cedendo il passo a Bitcoin.

L’aumento dei Bitcoin

A proposito di Bitcoin, merita un’attenzione speciale: con un aumento dell’80% da inizio anno, la criptovaluta ha raggiunto una capitalizzazione record di 1.500 miliardi di dollari. Anche in questo caso, l’effetto Trump potrebbe aver avuto un ruolo. Durante la campagna elettorale, Trump ha fatto promesse significative a favore di Bitcoin e degli asset digitali in generale, dichiarando che desidera trasformare gli Stati Uniti nella “patria mondiale di Bitcoin”, definendolo “come l’acciaio di 100 anni fa”.

La top 20 delle società più capitalizzate è dominata dalle big tech, ma la classifica si chiude con giganti come WalMart (16°), seguita da JP Morgan, Visa e UnitedHealth. Queste ultime sono società di consumo, credito e assicurazioni, rappresentanti di una “old economy” che continua a resistere all’ondata digitale alimentata dall’intelligenza artificiale.