Un anno è passato dalle turbolenze che hanno investito il settore bancario, a cominciare da quello USA, che ha visto fallire una serie di banche regionali (Silicon Valley Bank ed altre), per approdare a quello europeo, che nel marzo 2023 ha assistito alla maxi aggregazione delle banche svizzere USB e Credit Suisse. Un anno in cui sono accadute molte cose, ma alla fine si è rivelato favorevole per il settore bancario, complice il progressivo aumento dei tassi d’interesse e la performance favorevole dei mercati.
Scope Ratings, la prima agenzia di rating europea, fa il punto sull’intero comparto europeo, segnalando che ad un anno di distanza il comparto si mostra ancora “in buona forma”. “Se si considera l’anno trascorso dal crollo della Silicon Valley Bank e dall’acquisizione del Credit Suisse – sottolinea Marco Troiano, Head of Financial Institutions ratings di Scope Ratings – il settore bancario europeo ne è uscito indenne e sembra in buona forma per il resto del 2024.
Nessun effetto trasmissione ma un monito
Nonostante i timori di un violento effetto di trasmissione in Europa nel periodo immediatamente successivo alle turbolenze bancarie della primavera del 2023, il settore europeo ha resistito al disordine immediato e ha superato la conseguente volatilità del mercato senza subire vere e proprie ricadute.
Scope Rating rileva però che gli episodi di un anno fa servono a ricordare che i grandi depositanti non assicurati rimangono inclini alla fuga e che la liquidità bancaria può evaporare rapidamente quando la fiducia diminuisce.
Ampie riserve di capitale
Le banche europee hanno mantenuto – e continuano a farlo – buffer di capitale ben al di sopra dei requisiti normativi e la loro posizione di relativa tranquillità ha fatto sì che la maggior parte delle banche si impegnasse a restituire il capitale in eccesso attraverso la distribuzione di dividendi ed il riacquisto di azioni proprie. E questo, secondo l’agenzia riflette la mancanza di opportunità di crescita redditizia in un mercato maturo e fortemente regolamentato.
La favorevole politica dei tassi alza i margini di profitto
Altro elemento positivo è rappresentato dai tassi di interesse più elevati, che hanno avuto un impatto benefico sui profitti delle banche, spingendo al rialzo la redditività e i rendimenti del capitale proprio nel 2023 con l’ampliamento dei margini di interesse netti. Il campione di banche spagnole preso in considerazione (BBVA, Santander, Caixabank, Sabadell) ha registrato un ROE medio del 13%, nel 2023, superiore alla media del periodo 2018-2022.
Il campione di banche italiane (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco BPM, BMPS, BPER, Mediobanca, Credem, Banca Popolare di Sondrio) ha riportato un ROE medio del 14,6% nel 2023, quasi il doppio di quello dell’anno precedente.
Non tutte le banche, però, ne hanno beneficiato nella stessa misura. I margini delle banche francesi sono diminuiti, almeno temporaneamente. Ciò riflette la più rapida rivalutazione dei risparmi regolamentati e le limitazioni sulla rivalutazione dei mutui previste dalla legge francese sull’usura.
Cosa attendere per il 2024
“Ci aspettiamo che i costi complessivi delle banche aumentino quest’anno”, afferma l’esperto di Scope Ratings, aggiungendo che ” la crescita dei costi supererà la crescita dei ricavi nel 2024 e nel 2025, determinando un lieve deterioramento della redditività e degli indici di efficienza, anche se da livelli molto forti”.
Man mano che le banche centrali tengono a freno la liquidità in eccesso, emergerà una maggiore concorrenza per i depositi. Tassi più alti hanno già indotto alcuni clienti a passare dai depositi a vista a depositi vincolati più costosi, che ridurranno i margini di interesse e andranno a discapito della redditività delle banche. “Ci aspettiamo che la pressione sui margini di interesse netti diventi più evidente nella seconda metà di quest’anno – spiega Troiano – e prevediamo che il margine di interesse netto mediano si contrarrà dall’1,71% nel 2023 all’1,63% nel 2024 e all’1,52% nel 2025, anche se vale la pena notare che il numero del 2024 è superiore all’1,3% del 2022.
Dato il contesto di tassi più elevati e le anemiche previsioni di crescita economica dell’UE per il 2024, i volumi dei prestiti ristagneranno a fronte di una domanda fiacca”, che si tradurrà in una frenata dei ricavi e in un deterioramento della qualità degli attivi “anche se i timori di una ripetizione del rapido accumulo di NPL post-crisi finanziaria globale sono fuori luogo”.