Enel, la fabbrica di pannelli solari da 1 miliardo di dollari negli Usa è ferma: i rischi per il progetto

Un progetto di Enel per la costruzione di una fabbrica di pannelli solari negli Usa è rimasto bloccato

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 12 Agosto 2024 18:00

Enel ha approfittato degli enormi investimenti che la presidenza Biden ha messo in moto con l’Inflation Reduction Act (Ira), aggiudicandosi la costruzione di un enorme impianto per la produzione di pannelli solari in Oklahoma, Stato della regione centro meridionale degli Usa. Il progetto però sarebbe in pausa, ma non si tratta di un caso isolato.

Circa il 40% dei progetti che l’amministrazione Biden aveva proposto come parte dell’Ira per rilanciare la manifattura statunitense, in un programma di cosiddetta reindustrializzazione dei settori strategici, è in ritardo o interamente in pausa. Un dato che potrebbe rendere meno efficace uno dei punti centrali della campagna elettorale di Kamala Harris per la presidenza.

Il progetto di Enel negli Usa è fermo

Un grande progetto per la costruzione di una fabbrica di pannelli solari in Oklahoma, nel sud degli Usa, che Enel si era aggiudicata per un miliardo di dollari, sarebbe fermo. Lo riporta il Financial Times, che cita l’impianto tra quelli più grandi in una lista di progetti finanziati con i fondi dell’Inflation Reduction Act, la legge miliardaria per il rilancio della manifattura degli Stati Uniti voluta da Joe Biden.

Le prime notizie di problemi nella costruzione dell’impatto erano arrivate a maggio, quando l’azienda si era giustificata con questo comunicato: “3Sun Usa (la sussidiaria americana di Enel, ndr) è attualmente impegnata nella ricerca di un partner finanziario di maggioranza per il progetto. Questa è una condizione per procedere alla costruzione del progetto. La società fornirà ulteriori aggiornamenti a tempo debito”.

Da allora però, secondo quanto riportato dal Financial Times, poco o nulla si sarebbe mosso. L’impianto è parte dei più di 10 miliardi di dollari bloccati tra quelli previsti dall’Ira. Altri 70 miliardi in nuovi progetti manifatturieri sono in ritardo, mentre oltre 105 miliardi procedono secondo la tabella di marcia stabilita dalla legge. “Ovviamente preferiremmo che tutti i progetti fossero puntuali. Continuiamo a lavorare per abbattere le barriere burocratiche o finanziarie che stanno emergendo” ha dichiarato Alex Jacquez, assistente speciale del Presidente Biden per lo sviluppo economico e la strategia industriale.

Tutti i problemi dell’Ira e le conseguenze sulla campagna elettorale

Il rallentamento del progetto di Biden per rilanciare la manifattura americana potrebbe avere a che fare con i dati deludenti sull’occupazione che tra luglio e agosto avevano causato un improvviso crollo dei mercati finanziari, subito però rientrato. L’economia americana rimane per il momento in forte crescita, anche se l’ombra della recessione causata dai tassi di interesse troppo alti rimane presente.

Il blocco dei progetti manifatturieri dell’Ira è un problema anche per Kamala Harris. Gli stati cruciali per la candidata presidente nella sua corsa alla Casa Bianca contro Donald Trump fanno tutti parte della Rust Belt, l’ex cuore manifatturiero degli Usa impoverito dalla deindustrializzazione del nuovo millennio. Wisconsin, Michigan e Pennsylvania garantirebbero alla vice presidente una probabile vittoria, anche se molto marginale, nel collegio elettorale, ma per avere la maggioranza sono fondamentali i voti degli operai.

Donald Trump era stato in grado nel 2016 di sfruttare proprio il risentimento dei colletti blu negli Stati della Rust Belt per ribaltare il risultato contro Hilary Clinton e ottenere l’inaspettato successo che lo portò alla Casa Bianca.