Dazi sull’acciaio, 1 milione di tonnellate Ue a rischio

I dazi Usa sull’acciaio rischiano di frenare l'industria siderurgica europea: 1 milione di tonnellate in bilico con le tariffe Usa al 15%

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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I dazi di Trump sull’acciaio rischiano di rallentare uno dei settori chiave dell’industria pesante dell’area euro.

Secondo Eurofer, l’associazione che rappresenta i produttori di acciaio del Vecchio Continente, circa 1 milione di tonnellate di acciaio dell’Ue potrebbe essere messo a rischio dai nuovi dazi Usa del 15% applicati ai veicoli europei.

Gli effetti dei dazi Usa sull’acciaio

La cifra equivale a gran parte della materia prima utilizzata per la produzione di circa 760.000 automobili, ovvero il volume che l’Europa ha esportato negli Stati Uniti nel 2024 quando il dazio era fermo al 2,5%.

A ciò si aggiunge il problema ancora irrisolto dei dazi al 50% sull’export diretto di acciaio e alluminio dall’Ue verso gli Usa.

Il settore siderurgico europeo non è nuovo a scossoni: dal 2018, ricorda Eurofer, l’Ue ha perso circa 1 milione di tonnellate di export verso gli Stati Uniti, scendendo da 4,6 milioni a 3,8 milioni nel 2024. Complessivamente, l’intera industria ha perso 30 milioni di tonnellate tra mercato interno ed estero negli ultimi 6 anni, una contrazione dovuta alla sovraccapacità globale (in particolare proveniente da Asia, Nord Africa e Medio Oriente) e al calo della domanda nei settori utilizzatori.

Le ultime misure americane hanno acuito il problema: i dazi del 25% introdotti a marzo e quelli del 50% a giugno hanno già avuto un “impatto distruttivo”, secondo l’associazione.

Dai dazi alle quote

Un nodo irrisolto riguarda il sistema di quote che dovrebbe sostituire le attuali tariffe punitive. L’ultima dichiarazione congiunta Ue-Usa ha lasciato spiragli, ma senza definire tempi o modalità precise.

Axel Eggert, direttore generale di Eurofer, pur riconoscendo gli sforzi della presidente della Commissione Ursula von der Leyen e del commissario Maroš Šefčovič, sottolinea la necessità di “azioni coraggiose” da parte di Bruxelles per garantire un accesso preferenziale al mercato statunitense e proteggere al tempo stesso la produzione interna.

Il cosiddetto “ring-fencing”, cioè la creazione di barriere per difendere i mercati interni dalla concorrenza estera, richiede un coordinamento stretto tra Washington e Bruxelles. Non a caso, la Commissione europea sta preparando per settembre nuove proposte di difesa commerciale.

Oltre all’acciaio in sé, gli effetti dei dazi rischiano di propagarsi lungo tutta la catena del valore. Eurofer avverte che i settori a valle, dall’automotive all’elettrodomestico, potrebbero subire rincari e ritardi di approvvigionamento.

Gli studi citati dall’associazione, però, sostengono che l’impatto sui consumatori finali sarebbe “trascurabile” se l’Europa scegliesse di difendere con maggiore decisione il proprio mercato.

L’agroalimentare nel mirino

La vicenda dei dazi non riguarda solo l’acciaio: anche l’agroalimentare europeo risulta penalizzato, come denuncia Legacoop Agroalimentare. Settori come il vino e l’olio d’oliva non sono stati esclusi dalle nuove tariffe al 15% e continuano dunque a soffrire una perdita di competitività.

Al contrario, alcuni comparti come pasta e formaggi duri (Grana Padano, Parmigiano Reggiano) hanno visto una riduzione dal 25% al 15%. Tuttavia, la percezione nel settore resta negativa. Il comparto vinicolo in particolare paga un prezzo elevato: negli Usa, dall’inizio del 2024, la domanda è calata dell’8,7% in volume e dell’8,5% in fatturato. Una dinamica che, insieme all’incertezza dei mercati e al deprezzamento del dollaro, sta spingendo sempre più aziende a chiedere sostegno pubblico.