Controlli alle imprese che ricevono almeno 100mila euro di aiuti pubblici

Un ispettore del ministero nel collegio di revisione o nel collegio sindacale delle aziende che hanno incassato ingenti somme di denaro provenienti dalle casse pubbliche. Lo prevede la Manovra 2025

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 27 Ottobre 2024 21:53

Il ministero dell’Economia e delle Finanze impone una stretta alle imprese che ricevono almeno 100.000 euro di contributi pubblici imponendo la presenza di un rappresentante ministeriale in ogni società, anche privata. Così prevede l’articolo 112 del disegno di legge di Bilancio presentato dal governo alla Camera.

I soggetti interessati

Il rappresentate del Mef sarà parte dell’organo di controllo di queste società. Lo scopo è quello di irrobustire i controlli sul modo in cui le aziende spendono i soldi. L’obbligo di integrare il “collegio di revisione o sindacale” riguarda “società, enti, organismi e fondazioni che ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, contributi a carico dello Stato, di entità significativa”. La cifra viene fissata in via transitoria in almeno 100.000 euro annui, ma entro marzo 2025 sarà un decreto del presidente del Consiglio a confermare o variare l’importo indicato.

Restano escluse dall’obbligo le società controllate e le partecipate da Regioni ed enti locali. Si tratta di una parziale marcia indietro rispetto allo slogan più volte scandito dagli esponenti del governo Meloni, ovvero “fuori lo Stato dalle imprese”.

Per le imprese italiane l’unico modo per tenere il governo fuori dai propri organi di controllo sarà rinunciare alla soglia di contributi eccedente i 99.999 euro.

Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge andranno messe in atto “modifiche statutarie, regolamentari e organizzative” in tutte le imprese che ricevono contributi “di entità significativa”.

I giornali

Fra le aziende che saranno obbligate ad accogliere un rappresentante ministeriale nel collegio di revisione o sindacale ci sono anche 80 giornali. Tanti sono, secondo i dati del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, le imprese editoriali che hanno incassato almeno 100.000 euro di aiuti pubblici, che si tratti di Transizione 5.0 o di un altro contributo erogato a qualsiasi titolo. Ma il governo potrebbe entrare negli organi di controllo di centinaia di aziende. Tenendo conto di ciò, un nodo da sciogliere riguarda l’effettiva capacità del Mef di esprimere un rappresentante per ogni realtà che ha incassato contributi sopra soglia.

Il rappresentante del governo

Il rappresentante del Mef assumerà il suo ruolo alla prima scadenza del collegio sindacale e non si aggiungerà ai membri dello stesso, ma ne sostituirà uno al fine di non creare un aggravio nei conti aziendali. Il suo stipendio sarà a carico dell’azienda. Sarà suo compito monitorare i registri e presentare un rapporto alla Ragioneria generale dello Stato.

Il Registro nazionale degli aiuti

In Italia l’elenco delle società che ricevono erogazioni pubbliche è contenuto nel Registro nazionale degli aiuti, mentre a livello europeo l’elenco è contenuto sul sito della Commissione (Commissione europea > Concorrenza > Elenco paesi per ricerca pubblica > Ricerca pubblica della banca dati per la trasparenza degli aiuti di Stato). Per l’anno 2024 risulta che oltre 380 aziende hanno ricevuto aiuti per almeno 100.000 euro. Si tratta per lo più di piccole e medie imprese impegnate in tutti i settori produttivi.

Le altre misure per le imprese

Il governo Meloni ha inoltre previsto, a partire dal 2028, un adempimento collaborativo che prevede sanzioni più morbide per le imprese che si redimono.