Concordato preventivo fiscale, risparmi Irpef fino al 65% anche con pagelle Isa insufficienti

Il governo Meloni spinge il concordato preventivo con risparmi Irpef fino al 65%, ma pochi contribuenti aderiscono a causa di diffidenze e scetticismo

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

C’è grande fermento e preoccupazione per la prossima Manovra finanziaria, e il governo Meloni sta cercando soluzioni rapide e incisive per ottenere le risorse necessarie. Tra le proposte spicca il concordato preventivo, una misura che promette vantaggi fiscali rilevanti, ma che sta faticando a convincere i contribuenti. Un sistema di tassazione alternativa, teoricamente vantaggioso per chi ha posizioni incerte con l’Agenzia delle Entrate, ma che finora ha raccolto pochi consensi.

Un’occasione da non perdere? Risparmi per tutti, ma c’è chi non si fida

La proposta è chiara: chi aderisce al concordato potrà usufruire di aliquote sostitutive che abbattono il carico fiscale in modo significativo, con un risparmio che può arrivare fino al 65%. Questo vale anche per chi non ha una reputazione impeccabile sul fronte fiscale, grazie a un meccanismo che permette di beneficiare di aliquote più basse in base al voto Isa, l’indicatore sintetico di affidabilità fiscale.

Per chi ha un voto Isa inferiore a 6, l’aliquota applicata sarà del 15%, mentre scende al 12% per chi si posiziona tra 6 e 8, fino al 10% per chi supera questo limite. In confronto, l’Irpef ordinaria colpisce con aliquote che arrivano al 35% per i redditi tra 28mila e 50mila euro, e al 43% per chi supera la soglia dei 50mila. La disparità è evidente, e il risparmio potenziale può fare la differenza, specie per chi ha somme ingenti da regolarizzare.

Effetto flat tax: chi dichiara di più, risparmia di più

Il Sole24Ore riporta il caso di un contribuente con voti Isa alti, il quale potrebbe chiudere un accordo pagando solo 100 euro su 1.000 euro di imponibile aggiuntivo, risparmiando 330 euro rispetto all’Irpef. Al contrario, un contribuente con voti inferiori a 6, su un imponibile aggiuntivo di 10mila euro, pagherebbe 1.500 euro, ma ne risparmierebbe comunque 2.800 rispetto all’Irpef.

Secondo il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, questo effetto flat tax si traduce nel principio “chi più dichiara, meno paga”, un incentivo che potrebbe invogliare i 4,5 milioni di contribuenti potenzialmente interessati ad aderire. Tra questi, ci sono anche i quasi 2 milioni di forfettari che potrebbero ottenere un risparmio del 33,3%, elevato al 40% per chi versa già l’imposta del 5% riservata alle start up.

L’adesione stenta, scetticismo diffuso tra i contribuenti

Nonostante le condizioni favorevoli, la risposta dei contribuenti finora è stata tiepida. Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, solo il 7% delle società ha trasmesso il modello Redditi aggiornato, e per le persone fisiche la percentuale è ancora lontana dalle attese, fermandosi al 14,6%. La lentezza con cui stanno arrivando le adesioni potrebbe essere un segnale di sfiducia, soprattutto verso un provvedimento che, sebbene conveniente sulla carta, viene percepito con un certo scetticismo.

Il termine per aderire scade il 31 ottobre, lasciando al governo poco tempo per convincere i contribuenti che questa è un’opportunità da cogliere. Tuttavia, il timore che il concordato si trasformi in un’arma a doppio taglio, portando a un controllo più stringente sui futuri comportamenti fiscali, sta frenando molte aziende e privati dal fare il grande passo.

Inoltre, il decreto Omnibus (Dl 113/2024) potrebbe introdurre un ravvedimento tombale, un’ulteriore spinta per convincere gli indecisi. Questo ravvedimento riguarderebbe le annualità dal 2018 al 2023 e, pur non aumentando direttamente la convenienza del concordato, potrebbe risultare allettante per chi desidera mettere definitivamente in regola la propria posizione con l’Erario.