Chiudono i negozi in Italia, ne spariscono 4 all’ora: addio a 10mila attività commerciali nel 2024

Le vetrine si spostano dalla strada alla rete. E il fisco italiano ha perso oltre 5,2 miliardi di euro di tasse negli ultimi 10 anni

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Aumentano le consegne online, ma calano i negozi in Italia. Le vetrine si stanno trasferendo sempre più dalla strada alla rete: nei primi tre mesi del 2024 sono scomparse quasi diecimila attività commerciali al dettaglio, con una media di oltre quattro negozi chiusi ogni ora. Questo crollo corrisponde a una crescita inarrestabile degli acquisti online. L’allarme è stato lanciato da Confesercenti, che prevede un aumento del 13% nelle spese online per il 2024, portando a oltre 734 milioni di spedizioni ai clienti, con una media di quasi 84 mila pacchi consegnati ogni ora.

Le regioni più colpite dalla desertificazione commerciale

Un cambiamento che però non è equo per le economie locali. Con il trasferimento degli acquisti verso le piattaforme internazionali di eCommerce, che spesso pagano le imposte in altri paesi, anche il gettito fiscale generato dai negozi locali si sposta altrove. “Secondo le nostre stime – continua l’associazione di imprese – la scomparsa delle attività commerciali sul territorio ha causato al fisco italiano una perdita di oltre 5,2 miliardi di euro in tasse dal 2014 a oggi.”

Nei primi tre mesi del 2024, il settore del commercio al dettaglio ha visto la scomparsa di 9.828 imprese, circa mille in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A pesare sono le chiusure, 17.243 tra gennaio e marzo, ma soprattutto la frenata nella nascita di nuove imprese. Le nuove attività continuano a diminuire: nel primo trimestre di quest’anno sono state solo 7.415, meno della metà rispetto a dieci anni fa. Questo calo è dovuto alle difficoltà che le nuove imprese incontrano in un mercato sempre più dominato da grandi gruppi e giganti dell’online.

La desertificazione delle attività commerciali colpisce tutto il territorio nazionale, con le regioni dotate di un tessuto commerciale più sviluppato che registrano i saldi peggiori. In termini assoluti, la Campania ha subito la perdita più rilevante, con un saldo negativo di 1.225 attività commerciali nel trimestre; seguono la Lombardia con una perdita di 1.154 attività e il Lazio con 1.063.

L’erosione fiscale

Tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio delle comunità è calato del 14,3% circa rispetto al 2012. In media, ci sono 12 imprese ogni mille abitanti. Mentre le vetrine scompaiono, portando via con sé servizi essenziali per i cittadini, le consegne degli acquisti online sono in forte crescita. Secondo le stime di Confesercenti, negli ultimi dieci anni sono aumentate di quasi dieci volte: dai circa 75 milioni del 2013 si prevede che quest’anno raggiungano i 734 milioni a livello nazionale, di cui oltre un terzo concentrati in Lombardia (oltre 124 milioni di consegne), Lazio (circa 71 milioni) e Campania (69,6 milioni).

La riduzione dei negozi comporta anche una diminuzione della base imponibile per il fisco. Confesercenti stima che dal 2014 a oggi il tessuto commerciale italiano abbia perso oltre 92 mila imprese, insieme ai relativi tributi come Irpef, Tari e altri. La desertificazione commerciale ha causato una perdita cumulata di 5,2 miliardi di euro in tasse negli ultimi dieci anni. Questa perdita ha colpito sia il fisco centrale che gli enti locali: del gettito sfumato, il 17,4% (910 milioni di euro) sarebbe stato di Imu, il 12,6% (660 milioni di euro) di Tari, il 42,7% (2,24 miliardi di euro) di Irpef, più 223 milioni di euro (4,3%) di addizionale regionale e comunale Irpef, 700 milioni di euro (13,4%) di Irap, e infine 510 milioni di euro (9,7%) di altri tributi comunali.