Nuova leva volontaria, come funzionerebbe la proposta del Governo

Il Governo propone una nuova leva militare, ovvero una forza ausiliaria volontaria competente su tecnologie avanzate e non professionisti

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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La possibilità di reintrodurre una forma di leva militare in Italia è proposta dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Il piano prevede un “servizio militare volontario” per rafforzare la capacità dello Stato di rispondere a crisi, guerre ibride e minacce informatiche. La misura sarebbe discussa in Parlamento nelle prossime settimane e punta a coinvolgere giovani, tecnici ed ex militari, senza ripristinare la naja obbligatoria abolita nel 2005.

La questione arriva mentre diversi Paesi europei stanno rivedendo i propri modelli di difesa. In particolare la Francia, che dal 2026 avvierà un nuovo servizio militare volontario rivolto ai giovani tra 18 e 25 anni. Il confronto è inevitabile e permette di capire meglio cosa potrebbe cambiare in Italia e quali scenari stanno emergendo a livello europeo.

Leva militare volontaria: la proposta

Nel nostro Paese la leva obbligatoria è durata 143 anni ed è stata sospesa nel 2005, ma la Costituzione mantiene la possibilità di ripristinarla in caso di guerra o grave crisi internazionale. L’idea del ministro Crosetto, però, si colloca altrove: nessun ritorno all’obbligo, ma la creazione di una “riserva ausiliaria dello Stato” su base volontaria, da usare solo in situazioni estremamente gravi.

Il progetto prevede una forza iniziale di circa 10mila persone, destinata a crescere, composta da professionisti con competenze tecniche, militari in congedo, ex guardie giurate e personale civile qualificato. I volontari sarebbero reclutati, formati e richiamati periodicamente per addestramenti mirati, soprattutto nei campi oggi più sensibili: droni, intelligenza artificiale, cybersicurezza, gestione delle infrastrutture critiche. Non verrebbero schierati in prima linea, ma affiancherebbero le Forze armate in contesti di emergenza, come attacchi informatici, calamità o crisi internazionali.

Crosetto considera ormai superati i modelli di riduzione degli organici adottati negli ultimi 20 anni. La Difesa ritiene necessario aumentare il personale di almeno 30-40mila unità e investire nella formazione di specialisti, soprattutto nella cyberdifesa, dove da soli potrebbero servire cinquemila tecnici aggiuntivi.

Cosa cambierebbe

La differenza più evidente è la volontarietà. La nuova leva non avrebbe nulla in comune con la chiamata obbligatoria di un tempo: sarebbe una “riserva modulare”, basata su competenze e disponibilità. La logica del progetto non è quella di prendere “ragazzini inesperti”, per usare le parole di Crosetto, e metterli accanto ad armi sofisticate, ma quella di valorizzare chi ha già esperienza o chi vuole metterla a disposizione del Paese.

Una parte significativa dell’iniziativa riguarda i giovani con competenze digitali. La Difesa spiega che un esperto di informatica o un hacker difficilmente si arruolerebbe nell’esercito tradizionale, ma potrebbe partecipare a una riserva civile in grado di intervenire quando il Paese è sotto pressione. Una visione che richiama i modelli di Svizzera e Germania, dove la riserva è ampia e comprende anche cittadini non più giovanissimi.

Sarà il disegno di legge a definire criteri di reclutamento, durata dell’impegno, modalità di addestramento e compiti operativi. La sua approvazione richiederà però un consenso trasversale, riguardando la struttura di sicurezza dello Stato.

Il modello francese dal 2026

Il modello che si cita in queste ore è quello francese. La Francia infatti introdurrà dal 12 gennaio 2026 un servizio militare volontario aperto ai giovani tra i 18 e i 25 anni, con selezione basata su cittadinanza, condizioni di salute e completamento della Giornata della Difesa e della Cittadinanza, che è una sorta di formazione civico-militare già obbligatoria per tutti.

I volontari riceveranno uno stipendio di circa 800 euro lordi al mese, sconti del 75% sui treni e vitto e alloggio a carico dello Stato. L’investimento è piuttosto importante, con risorse per oltre due miliardi nella legge di programmazione militare 2026-2030. I primi tremila giovani saranno arruolati nell’estate 2026, destinati a diventare diecimila entro il 2030 e cinquantamila entro il 2035.

Il piano si inserisce nel nuovo quadro europeo nato dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che ha portato molti a parlare di “fragilità dell’autonomia strategica” del continente. La Francia, insieme a Germania, Polonia, Olanda, Romania e Bulgaria, sta ampliando riserva e capacità di mobilitazione. Parigi punta a un esercito professionale rafforzato, con riservisti che passeranno da 47mila a 80mila e con un contributo crescente dei giovani volontari.