Ponte Morandi 6 anni dal crollo, quanti viadotti sono ancora pericolosi in Italia e quanto si spende

Il crollo del Ponte Morandi ha avviato una grande opera di monitoraggio e rifacimento dei viadotti italiani

Foto di Matteo Runchi

Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 14 Agosto 2024 14:16

Il 14 agosto del 2018 crollava a Genova il viadotto di Polcevera, meglio conosciuto come Ponte Morandi dal nome del suo progettista. Morirono 43 persone e per molto tempo si tentò di sensibilizzare sui pericoli della scarsa manutenzione e dell’età avanzata di molte parti delle infrastrutture stradali italiane, in particolare proprio dei cavalcavia, dei ponti e dei viadotti.

Nonostante questo, ancora moltissime di queste strutture risultano in pericolo per le loro condizioni. In seguito a quanto accaduto a Genova cominciarono diverse indagini a riguardo, una delle quali individuò 20 ponti, viadotti o cavalcavia molto pericolosi e che avrebbero rischiato di subire la stessa sorte del Ponte Morandi. Da quelli riparati a quelli demoliti: qual è la situazione sei anni dopo.

Il crollo e la ricostruzione del Ponte Morandi

Il 14 agosto del 2018 l’intero sistema bilanciato della pila 9 del viadotto di Polcevera a Genova, meglio conosciuto come Ponte Morandi, crollò improvvisamente. Si trattava di una parte fondamentale dell’infrastruttura della A10, l’autostrada che da Genova porta fino al confine francese a Ventimiglia. Consentiva infatti l’accesso sia alla città che agli svincoli che portavano alle altre autostrade, in particolare alla A7 che collega il capoluogo ligure con Milano e con alcune delle arterie più importanti del traffico autostradale italiano.

Il bilancio fu di 43 morti, tra le persone cadute con i propri mezzi nella voragine apertasi nel ponte e quelle rimaste schiacciate dalle macerie, e di oltre 280 sfollati dalle case vicine. Subito dopo la fine della conta delle vittime e dei danni, cominciarono le opere di demolizione che si conclusero circa 10 mesi dopo il crollo. A quel punto fu iniziata la costruzione di un nuovo viadotto, il San Giorgio, costato oltre 202 milioni di euro e realizzato da WeBuild e Fincantieri.

Il crollo del Ponte Morandi causò un’ondata di sensibilizzazione sullo stato delle autostrade italiane, in particolare dei suoi viadotti. Un’inchiesta della procura di Genova individuò 20 viadotti in pericolo, buona parte dei quali proprio sulle autostrade della regione, ma altri anche al Sud. Altri studi però rilevarono una situazione molto più critica rispetto a quella ipotizzata dalla procura.

La situazione dei viadotti autostradali dopo il crollo del ponte

Uno studio condotto da Carlo Castiglioni e Alessandro Menghini del Politecnico di Milano a meno di un anno dal crollo del Ponte Morandi individuò 1.900 ponti su 61mila presi in considerazione che potevano essere considerati a grande rischio di crollo. La situazione era particolarmente grave in Lombardia, dove 18 ponti che necessitano di “urgente riclassificazione e manutenzione straordinaria”, altri 113 ponti hanno bisogno di “verifiche e monitoraggi finalizzati a interventi di manutenzione straordinaria”Soltanto 25 dei 200 ponti osservati in Lombardia sono “fuori dalla fascia di rischio”.

Alla presentazione del rapporto era stata anche sottolineata l’importanza di un migliore sistema di monitoraggio dello stato dei viadotti e dei ponti, tramite tecnologie e investimenti che potessero rilevare anche i minimi cambiamenti nella stabilità strutturale delle infrastrutture e permettere interventi immediati da parte delle aziende manutentrici o delle autorità preposte.

Un altro problema molto rilevante che lo studio del Politecnico di Milano aveva sottolineato era l’età media delle infrastrutture autostradali italiane. Lo sviluppo della rete stradale del nostro Paese è stato rapido ma si è concentrato soprattutto tra gli anni ’60 e ’70. Di conseguenza la metà dei viadotti esistenti ha più di 50 anni. Un dato molto peggiore rispetto a quello della media dei Paesi del G7, che invece si attesta tra i 20 e i 30 anni e costituisce un fattore di rischio per la stabilità del sistema autostradale.

Gli interventi dopo il crollo del Ponte Morandi

Il monitoraggio dei ponti è stato uno dei principali argomenti di discussione dopo il crollo del Ponte Morandi e anche uno degli ambiti in cui lo Stato ha deciso di investire maggiormente. Nel 2022 è stato completato da parte di Anas il censimento totale dei ponti, dei viadotti e dei cavalcavia italiani, in modo da centralizzare i dati altrimenti troppo dispersi tra i concessionari delle gestioni autostradali stesse. Il secondo passo, avvenuto nel 2023, è stato quello di attuare analisi di rischio su tutte le infrastrutture che lo richiedevano.

Dal 2024 infine è cominciato il programma di investimenti statali che dovrà portare, entro il 2026, a un monitoraggio completo della situazione dei ponti in Italia. Un’operazione complessa ed imponente che dovrebbe però garantire una costante sorveglianza della situazione dei viadotti italiani e impedire nuove tragedie come quella del Ponte Morandi. Oltre ai viadotti sono monitorate anche le gallerie, altra infrastruttura che spesso rivela problemi di manutenzione sulle autostrade del nostro Paese.

Ci sono poi gli investimenti nella ricostruzione e nella manutenzione dei ponti, il risultato di questa opera di censimento e valutazione. Ai sensi del Decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) del 05/05/2022 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15/07/2022, n. 164), sono stati stanziati 1,4 miliardi di euro per gli interventi di manutenzione, demolizione, messa in sicurezza e ricostruzione dei viadotti italiani, in modo da assicurare un rinnovamento del sistema di infrastrutture autostradali italiano.

Il denaro sarà però erogato in maniera scaglionata negli anni a partire proprio dal 2024, fino ad arrivare a compimento definitivo proprio entro il 2026, quando l’opera di monitoraggio e valutazione dei danni sarà conclusa e si proseguirà fino al 2029 con la distribuzione degli ultimi fondi. Si tratta in tutto di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2029.