La cannabis light è proibita, anzi no: un pezzo del Decreto sicurezza del Governo Meloni viene picconato da una sentenza.
Il Tribunale del Riesame di Brindisi ha ordinato il dissequestro di oltre 800 piante di cannabis light appartenenti alla società agricola Prk di Carovigno in provincia di Brindisi. L’azienda è attiva nella produzione di canapa sativa a basso contenuto di Thc.
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Cannabis light, i giudici bocciano il Decreto sicurezza
I giudici hanno accolto integralmente la tesi della difesa, secondo cui la coltivazione non presentava efficacia “drogante”, come dimostrato dalle analisi tossicologiche: i valori di tetraidrocannabinolo oscillavano tra lo 0,08% e lo 0,33%, dunque ben al di sotto delle soglie in grado di produrre effetti psicoattivi.
I giudici hanno ordinato la restituzione delle piante e di tutti i macchinari sequestrati a settembre. L’inchiesta era partita in seguito a un intervento della Guardia di Finanza su impulso della Procura, in applicazione dell’articolo 18 del Decreto sicurezza, che vieta la detenzione e la vendita delle infiorescenze di canapa “indipendentemente dal contenuto di Thc”.
La Cassazione sulla cannabis light
La difesa aveva impostato la sua strategia puntando sul principio sancito dalla Cassazione nel 2019: ogni valutazione deve passare dalla verifica concreta dell’efficacia drogante del prodotto.
I giudici, in sintesi, hanno dimostrato come il divieto si basasse su una scelta politica e non su una reale base scientifica. Esprimono soddisfazione il presidente nazionale Ercole Mete e il presidente di Alpaa Puglia Antonio Macchia, citati da Repubblica:
La giustizia continua a smontare, caso dopo caso, l’impianto repressivo del Decreto sicurezza. A sconfessare il sopra citato Decreto sicurezza risulta fondamentale anche la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del luglio 2019, richiamata nelle diverse sentenze dei tribunali che acclarano i principi generali del diritto. Dunque, il Decreto sicurezza, nella sua impostazione più rigida e ideologica, sta producendo danni concreti anche nel settore agricolo: blocca investimenti, scoraggia l’innovazione in agricoltura, alimenta un clima di sospetto verso produttori che operano nella legalità e nella trasparenza.
Viene inoltre posto l’accento sulle piene potenzialità economiche della coltura:
In nome di una “sicurezza” mal interpretata si colpisce una coltura che, tra l’altro, ha applicazioni virtuose nei settori del tessile, dell’edilizia green, della bioedilizia, della farmaceutica, dell’alimentare e della medicina. In Europa la canapa è considerata una straordinaria leva per l’economia circolare. In Italia, invece, è ancora trattata come un problema di ordine pubblico.
Il Decreto sicurezza, approvato a giugno 2025, ha introdotto un divieto generale sulla produzione e commercializzazione delle infiorescenze di canapa, equiparandole di fatto a sostanze stupefacenti. L’obiettivo dichiarato del governo era quello di “evitare che l’assunzione di prodotti da infiorescenza della canapa possa favorire – mediante alterazioni dello stato psicofisico – l’insorgere di comportamenti che possono porre a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale“. E non solo: il Governo teme che sdoganando la cannabis light i giovani vengano invogliati a provare quella vera, e poi anche le droghe pesanti.
Quanto vale il mercato della cannabis light in Italia
Per la filiera si è trattato di un colpo durissimo: secondo i dati di Coldiretti, il comparto della canapa in Italia vale circa mezzo miliardo di euro, con 3.000 aziende agricole, 30.000 posti di lavoro e oltre 4.000 ettari coltivati tra Lombardia, Veneto, Puglia, Basilicata e Sicilia. Molte imprese, impossibilitate a operare, hanno scelto di trasferirsi all’estero o sospendere le attività.
La decisione del Riesame di Brindisi segue altre ordinanze analoghe arrivate nei mesi scorsi da altre città, tutte accomunate da un principio: in assenza di effetto drogante, la cannabis light non può essere considerata stupefacente.
Cosa dice l’Ue
La giurisprudenza italiana sembra così allinearsi al diritto europeo, che attraverso il regolamento UE 1307/2013 considera lecita la coltivazione e la commercializzazione di canapa con contenuto di Thc fino allo 0,3%.