Il dibattito che si sta sviluppando da diverse settimane attorno alla direttiva dell’Unione europea sulle case green sta avendo ripercussioni in molti ambiti della politica, dell’economia e della società, non solo in Italia ma in tutto gli Stati membri del Vecchio Continente. La prospettiva di un percorso a tappe serrate per ridurre le emissioni di gas serra inquinanti nel settore immobiliare – con la deadline fissata al 2030 per limitare il consumo energetico di abitazioni e condomini – non piace soprattutto a quei Paesi che non possono contare su una solidità economica dei propri conti.
L’Italia è ovviamente in testa a questo gruppo, vista la zavorra dell’enorme debito pubblico che già di per sé pone vincoli di spesa molto rigidi per i governanti: l’ultimo esempio lo si è avuto in fase di scrittura della legge di Bilancio 2023, con il ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti che si è ritrovato a comporre una Manovra obbligata, le cui voci non potevano essere cambiate né sostituite per ragioni di stabilità e urgenza (con l’aggravante dei 21 miliardi di euro stanziati per far fronte al caro bollette di luce e gas).
Indice
Classe energetica negli edifici, come stanno le cose in Italia
Le ragioni di chi contesta il piano della Commissione europea (con gli eurodeputati di Lega e Forza Italia sulle barricate) prendono in rassegna anche altri punti critici della riforma, soprattutto dal punto di vista dell’impatto diretto sulla vita dei cittadini. Nel mirino degli esponenti azzurri e del Carroccio c’è la scadenza a fine decennio per il raggiungimento della classe energetica E per tutti gli edifici del nostro territorio nazionale, con un ulteriore salto alla classe D entro il 2033. Un cronoprogramma che imporrà ai contribuenti e alle famiglie l’obbligo di investire il proprio denaro nelle ristrutturazioni degli immobili, nella sostituzione delle caldaie e nella realizzazione dei cappotti termici, con la prospettiva che i soggetti finanziariamente più fragili non possano fare fronte a questa mole di spesa.
D’altronde, il quadro energetico del nostro comparto edilizio è assai preoccupante se si presume di voler rispettare le scadenze imposte dai vertici comunitari: come abbiamo spiegato in maniera dettagliata in questo approfondimento, la stragrande maggioranza delle case italiane non rientra fra quelle ecosostenibili. Molte risalgono agli anni Sessanta e Settanta, quando il settore delle costruzioni non era ancora minimamente attrezzato per realizzare opere di basso impatto ambientale. Allo stesso modo, anche l’opinione pubblica non aveva tra le proprie priorità quella della tutela del clima.
Classe energetica, cosa succede quando l’Ape non rispecchia i dati reali dell’immobile?
Il tema assume una rilevanza ancora maggiore nella vita di tutti i giorni se si analizzano le compravendite del mercato immobiliare. In particolare, in Italia sono nell’ordine di diverse migliaia i casi di discrepanza tra quanto riportato nell’Ape (acronimo di Attestato di Prestazione Energetica, uno dei documenti obbligatori da presentare per la stesura dell’accordo notarile) e i dati reali che riguardano l’unita abitativa. Una difformità che spesso è il frutto di dissidi e contenziosi in fase di costruzione, come accaduto in un caso avvenuto di recente che ha assunto rilevanza mediatica e che si è verificato in Puglia, nello specifico in provincia di Trani.
Al momento di ultimare il contratto di acquisto di un immobile (con tanto di presentazione della planimetria catastale e della visura ipotecaria, come da prassi), il soggetto compratore ha scoperto che la classe energetica riportata nell’Ape – ossia, nel caso in oggetto, la categoria E – non era quella sussistente nell’appartamento, che era invece la categoria F. Si è poi venuto a sapere che la differenza era nata da una precedente controversia legale sorta tra l’azienda che ha eretto lo stabile e il condominio di cui fa parte l’unità immobiliare.
Classe energetica sbagliata, chi deve risarcire l’acquirente dopo la compravendita?
E così l’acquirente si è rivolto ai giudici del Tribunale di Trani, presentando ricorso e chiedendo il rimborso di quanto investito. I magistrati gli hanno dato ragione e di conseguenza hanno sanzionato la parte venditrice, con l’indicazione di restituire la somma ricevuta in veste di rimborso. Ma c’è di più: nonostante l’Ape fosse stato redatto da un professionista qualificato, a pagare le spese per le informazioni sbagliate è stato sempre l’ex proprietario, a cui – nonostante non sussistessero gli estremi per il dolo – è stata comunque riconosciuta la colpa giuridica.
Qui si è posta un’altra questione: è giusto che il venditore di una casa debba rispondere della difformità sullo status energetico anche quando non viene accertata una sua responsabilità diretta su quanto accaduto? Ebbene, la sezione locale della cittadina pugliese ha riconosciuto alla parte venditrice la possibilità di rivolgersi, in un secondo momento, alla ditta che ha effettuato l’analisi della prestazione energetica per chiedere un risarcimento dello stesso valore che il Tribunale aveva imposto venisse restituito all’acquirente.
Classe energetica e direttiva Ue: quando e chi deve adeguarsi alle nuove regole
Aldilà dei singoli esempi specifici, occorre ricordare che gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche, come lavori di isolamento termico o rinnovo dell’impianto di riscaldamento, dovranno essere effettuati al momento:
- dell’ingresso di un nuovo inquilino in caso di affitto;
- della vendita di un immobile;
- della ristrutturazione dell’edificio.
Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano i vari Paesi europei a livello immobiliare, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro. Sarà poi ciascun Paese a definire internamente le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione.
Case green, chi è escluso dalle nuove regole: tutte le deroghe
Classe energetica, cosa cambia per i nuovi edifici
Ecco le nuove regole per gli edifici – case singole e palazzi – di futura costruzione:
- tutti i nuovi edifici privati, cioè i palazzi e le case di nuova costruzione in tutta l’Unione europea, quindi anche in Italia, dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028;
- tutti i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle amministrazioni pubbliche dovranno adeguarsi prima, cioè a partire dal 2026;
- tutti i nuovi edifici per cui sarà tecnicamente ed economicamente possibile dovranno inoltre dotarsi di impianti a energia solare entro il 2028.
Classe energetica, le novità per gli edifici già esistenti
Ecco invece le regole per gli edifici già esistenti, che riguardano la stragrande maggioranza delle città italiane:
- gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033;
- gli edifici non residenziali e quelli pubblici dovranno raggiungere la classe E entro il 2027 e la classe D entro il 2030;
- gli edifici residenziali che verranno ristrutturati dovranno diventare a zero emissioni entro il 2032.