Sale da cucina, l’eccesso mette in pericolo l’organismo: come ridurre il cloruro di sodio

Un eccesso di sale fa aumentare i rischi di patologie cardiovascolari e morti premature. Cosa mangiare e cosa evitare per ridurre il consumo di sale a meno di 5 grammi al giorno

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 15 Maggio 2024 20:31

E’ in corso la Settimana Mondiale per la Riduzione del Consumo di Sale, lanciata dal WASSH – World Action on Salt, Sugar and Health. E con essa si moltiplicano gli appelli per la riduzione dell’introduzione del sodio, sotto forma di cloruro di sodio. Perché ne assumiamo troppo.

L’ultimo, ennesimo richiamo in questo senso viene direttamente dal sito Epicentro dell’Istituto superiore di Sanità. Nella popolazione adulta italiana, il consumo medio di sale al giorno è pari negli uomini a 10,9 grammi nelle 24 ore. Nelle donne si è solo di poco inferiori: si viaggia verso i sei 8,6 grammi nelle 24 ore. I dati emergono dai risultati preliminari del progetto Minisal-Gircsi, raccolti in 15 Regioni italiane su 1519 uomini e 1450 donne di età compresa tra i 35 e i 79 anni. Aldilà dei numeri assoluti, ciò che conta è che esageriamo.

Perché questi valori sono ben oltre l’apporto di sodio raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità che esorta a non consumare quotidianamente più di 5 grammi di sale (circa 85 millimoli di sodio).
Esagerando, come stiamo facendo, facciamo salire i rischi per due delle cronicità più “pesanti”, sia per il singolo che per il sistema sanitario, ovvero le patologie cardiovascolari e i tumori.

Cosa comporta l’abuso di sale

Come segnalano gli esperti della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), che collabora con WASSH, coordinando per l’Italia la campagna, bisogna puntare sull’alimentazione mediterranea per rendere più agevole la riduzione del consumo di sale. L’eccesso di sale nella dieta, che inizia spesso già dallo svezzamento, è infatti particolarmente dannoso in quanto induce un progressivo aumento della pressione arteriosa già dai primi anni di vita e favorisce lo sviluppo di ipertensione in età adulta. Uno studio recente ha anche evidenziato una correlazione tra l’abuso di sale e lesioni vascolari precoci predisponenti all’infarto cardiaco e all’ictus cerebrale.

L’eccessiva quantità di sale presente nell’alimentazione abituale degli adulti e dei bambini e adolescenti italiani è stata ampiamente documentata dagli studi componenti il programma MINISAL. Questi studi hanno evidenziato anche la frequente associazione tra abuso di sale, obesità e aumento dei valori pressori, dovuta al fatto che un’alimentazione ricca di sale dipende in buona parte dal consumo di prodotti trasformati ricchi di sale aggiunto e ipercalorici che, stimolando tra l’altro il senso della sete, inducono, specialmente gli adolescenti, al consumo di bevande zuccherate, a loro volta ipercaloriche.

Gli studi epidemiologici condotti in circa 200 Paesi in tutti i continenti hanno segnalato l’abuso di sale come l’errore alimentare maggiormente responsabile di morti premature e disabilità correlata allo sviluppo di malattie croniche non trasmissibili. A livello globale, sarebbe possibile prevenire oltre due milioni e mezzo di morti premature, attraverso la riduzione del consumo di sale a meno di 5 grammi al giorno, tra quello già presente negli alimenti e quello aggiunto, secondo le indicazioni dell’OMS.

Da dove viene il sale in eccesso

La principale fonte di assunzione del sodio nella dieta italiana è data dal cloruro di sodio (sale), aggiunto nei prodotti trasformati di tipo artigianale, industriale o della ristorazione collettiva (almeno il 50% dell’assunzione totale) e poi da quello aggiunto in cucina e/o a tavola (circa il 35%). I cereali e derivati, in primo luogo pane, pizza e altri prodotti da forno, rappresentano una delle fonti più rilevanti di sodio aggiunto nei prodotti trasformati. Elevate quote derivano anche dai gruppi carne/uova/pesce (31%) e latte e derivati (21%), sempre a causa del sale aggiunto rispettivamente nelle carni e nei prodotti del mare conservati e ancor più nei formaggi. Il contenuto di sale della frutta, della verdura e in generale degli ortaggi freschi è, invece, molto basso.

“Una dieta ricca di frutta, verdura e legumi freschi, su cui si basa il modello della dieta Mediterranea, implica un minor consumo complessivo di sale, a patto di evitare il consumo frequente di formaggi stagionati e di insaccati, così come di carne, pesce e altri alimenti in scatola contenenti sale aggiunto – spiega Pasquale Strazzullo, coordinatore del Gruppo di Lavoro Meno Sale Più Salute della SINU. È, inoltre, molto importante consumare pane povero di sale, facendo attenzione a quanto riportato sull’etichetta, non aggiungere sale a tavola e contenerne al massimo l’uso in cucina, preferendo in ogni caso il sale iodato”.

L’impegno individuale deve essere accompagnato da una strategia globale che richiede, a livello nazionale e internazionale, la collaborazione dell’industria alimentare e la sensibilizzazione della popolazione attraverso campagne pubblicitarie. È necessario che i produttori di alimenti trasformati riducano il contenuto di sodio dei loro prodotti, seguendo le ripetute indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e indichino, in modo chiaro, sulle etichette nutrizionali, se il prodotto è a più basso o più alto contenuto di sodio.

Perché è importante puntare sul pane

Diversi Paesi stanno realizzando importanti programmi di riduzione del consumo di sale. In Italia, il ministero della Salute ha siglato un accordo con le principali Associazioni della panificazione artigianale e industriale per una progressiva riduzione del contenuto di sale nel pane (15% in meno in 4 anni), poiché questo alimento è quotidianamente presente sulla tavola degli italiani. Se è vero infatti che la scienza dice come occorra ovviamente fare attenzione al sale che si aggiunge ai cibi, non va dimenticato che ci vuole occhio anche al sale che già si trova negli alimenti confezionati. In questo senso il pane è sicuramente uno dei cibi maggiormente sotto osservazione, così come i prodotti da forno.

E’ su questi alimenti che si è concentrato una studio dell’Università dell’Illinois, pubblicato su Journal of Food Science and Technology. La ricerca propone una revisione della letteratura accademica sul valore della riduzione del sodio nel pane. Secondo gli esperti, il metodo più semplice è semplicemente ridurre la quantità di sale nel prodotto. Ma non è l’unico passaggio. A volte si punta sulla modifica fisica, per tentare di ingannare le papille gustative con una distribuzione non uniforme del sale nel prodotto, quasi come un inganno per le papille gustative. L’obiettivo in questo caso è alternare strati densi e leggermente salati, per arrivare a determinare un effetto nel gusto con meno sale. Un terzo metodo prevede la sostituzione del sodio con altre sostanze, come cloruro di magnesio, cloruro di calcio o cloruro di potassio. Il quarto metodo infine prevede la modifica del sapore con esaltatori di gusto come erbe e spezie o altre sostanze.

Consigli per chi fa il pane in casa? Puntate su ricette specifiche a basso contenuto di sale, visto che è possibile comunque fare ottime pagnotte anche con minori quantitativi di cloruro di sodio. Ad esempio il pane ai cereali, o insaporito con spezie ed erbe.

Come abituarsi a ridurre il sale

In condizioni normali il nostro organismo elimina giornalmente da 0,1 a 0,6 grammi di sodio e questa quantità va reintegrata con la dieta. Ma è sul fronte dell’introito che dobbiamo migliorare. Pensate che dimezzare da 10 a 5 grammi al giorno il nostro consumo abituale di sale riduce del 23 % il pericolo di avere un ictus e riduce del 17 % il pericolo di avere una malattia del cuore.

Ridurre la quantità di sale che si consuma giornalmente non è difficile, soprattutto se la riduzione avviene gradualmente. Infatti il nostro palato si adatta facilmente, ed è quindi possibile rieducarlo a cibi meno salati. Entro pochi mesi, o addirittura settimane, questi stessi cibi appariranno saporiti al punto giusto, mentre sembreranno troppo salati quelli conditi nel modo precedente.

Come comportarsi quindi? Ad esempio, oltre a controllare le etichette, conviene ridurre il consumo di piatti e sughi già pronti, limitando anche cibi ricchi di sodio come dado da brodo, salsa di soia, senape e altro. Ma è basilare anche limitare il sale aggiunto ai piatti, a partire dalla pasta in cottura. Abituiamoci ad utilizzare erbe aromatiche fresche, spezie o usando limone e aceto. Tra i formaggi, meglio preferire quelli freschi che hanno in genere meno sale, come del resto il latte e lo yogurt. Per gli snack ricordate di preferire frutta e vegetali, anche sotto forma di spremute e centrifughe.
In considerazione della stretta relazione tra sodio e potassio, infine, ricordiamo che è necessario valutare la assunzione alimentare non solo di sodio, ma anche di potassio. La maggior fonte alimentare di potassio si trova nella verdura e nella frutta e nei prodotti derivati dal latte e l’uso di prodotti alimentari confezionati, tra cui anche il pane, favorisce l’eccesso alimentare di sodio e la carenza di potassio. E’ stato inoltre dimostrato che un aumento del contenuto di potassio nella dieta ha un effetto favorevole su diversi fattori di rischio e sulle malattie cardiovascolari e per tale motivo le linee guida internazionali raccomandano un aumento del consumo regolare di verdura e frutta fresca proprio allo scopo di aumentare il contenuto di potassio nella dieta, anche in considerazione dello scarso apporto alimentare di potassio nella popolazione generale.