Mielofibrosi, cos’è e come si affronta: in un libro bianco i cinque punti fondamentali per i malati

Un Libro Bianco e un Manifesto per sensibilizzare le Istituzioni su priorità e bisogni di chi convive con la mielofibrosi, una rara neoplasia del sangue che colpisce circa 350 persone ogni anno in Italia

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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Ha preso il via il progetto “Uniti per la Mielofibrosi”. Le principali Associazioni di Pazienti che si occupano di neoplasie mieloproliferative, delle quali la mielofibrosi è la forma più rara e grave, hanno unito le loro forze per un obiettivo comune: sensibilizzare le Istituzioni – regionali e nazionali – sui principali bisogni insoddisfatti dei pazienti, sulle loro difficoltà quotidiane, sulla richiesta di opzioni terapeutiche efficaci e di una migliore qualità di vita, al fine di dare concretezza a queste richieste, corali e urgenti attraverso la redazione di un Libro Bianco – dal titolo “Uniti per la Mielofibrosi – Verso un futuro migliore. Analisi dei bisogni e proposte operative per la gestione della mielofibrosi” – e di un Manifesto.

L’identikit della malattia

In pratica, in caso di mielofibrosi il midollo osseo che rappresenta la centrale di produzione delle cellule del sangue viene sostituito da tessuto fibroso, con conseguente sovvertimento della sua struttura. Così si altera appunto la produzione normale delle cellule del sangue, dai globuli rossi fino ai bianchi ed alle piastrine.

La patologia è ovviamente cronica. Inizia da una fase precoce, o pre-fibrotica, perché non è presente ancora la fibrosi del midollo osseo. Nella fase avanzata compare la fibrosi midollare e si evidenzia una fuoriuscita di cellule staminali immature dal midollo osseo. Queste, attraverso il sangue, raggiungono la milza e il fegato, dove si accumulano.
Solitamente, quando la malattia si manifesta, sono già presenti le alterazioni tipiche: oltre alla fibrosi, tra le altre, l’anemia e l’ingrossamento della milza. In alcuni casi (10-15 su 100) la mielofibrosi può evolvere in una patologia più severa: la leucemia mieloide acuta.

Individuare nuove terapie è fondamentale. L’unica cura potenzialmente risolutiva è il trapianto di midollo, ma è riservato a una piccola percentuale di pazienti, in genere sotto i 70 anni, per via della complessità e dei rischi ad esso associati. Per il resto si punta sui farmaci. Ed in questo senso la ricerca va avanti, con attenzione particolare per i JAK Inibitori. Questi hanno la capacità di bloccare la via di segnalazione JAK STAT attivata nelle cellule che è responsabile della crescita abnorme delle cellule del sangue, ma anche di una serie di sintomi, del deposito di fibre e soprattutto della splenomegalia, l’ingrossamento della milza.

Chi colpisce e come si manifesta

Secondo il registro Orphanet, in Europa la mielofibrosi ha un’incidenza pari a 0,1-1 su 100.00 persone e una prevalenza di 2,7 persone su 100.000, per un totale di circa 350 nuovi casi ogni anno in Italia. Si tratta prevalentemente di adulti, con un’età media di 65 anni, ma anche persone più giovani: circa 1 paziente su 4 ha meno di 56 anni alla diagnosi e circa 1 su 10 ha meno di 46 anni.

I sintomi della mielofibrosi sono vari e poco specifici, come stanchezza, sudorazione notturna, febbre, perdita di peso, prurito, dolori muscolari o alle ossa; questo porta spesso ad una diagnosi tardiva, con il rischio di intervenire quando la malattia è già in fase avanzata. Tra le complicanze più gravi, l’ingrossamento anomalo della milza, l’aumento del tessuto fibroso nel midollo osseo e, frequente, anche l’anemia, che può comportare ricorrenti trasfusioni di sangue, con un alto impatto sulla qualità di vita dei pazienti e sulla gestione da parte delle strutture sanitarie in termini di tempi e costi.

La scelta della terapia da parte dell’ematologo deve essere personalizzata e dettata dalle caratteristiche dei pazienti. Quelli a basso rischio e asin¬tomatici devono sottoporsi solo a visite di controllo. Sui pazienti a rischio intermedio o alto e/o sintomatici è, invece, necessario intervenire con trattamenti e terapie. Ovviamente, caso per caso, bisogna trovare le cure su misura.

“La gestione del paziente con mielofibrosi, specialmente se trasfusione-dipendente, è complessa e richiede un approccio multidisciplinare per affrontare non solo la malattia ematologica sottostante, ma anche i sintomi, le complicanze legate alla patologia e quelle derivanti dalla terapia trasfusionale, con un’attenzione costante alla qualità di vita”

spiega Massimo Breccia, Professore Associato di Ematologia, Dipartimento di medicina traslazionale e di precisione, Sapienza Università-Azienda Policlinico Umberto I di Roma.

Cosa si chiede, i cinque bisogni prioritari del Libro Bianco

Al centro del Libro Bianco ci sono i racconti del vissuto personale dei pazienti, dei caregiver e il punto di vista dei clinici esperti in quest’area. Ciascuno dei cinque capitoli è dedicato ad uno dei bisogni prioritari emersi a seguito di un lavoro di discussione e confronto tra i rappresentanti delle Associazioni di Pazienti.

  1. Ricerca e accesso equo alle cure
    Si chiede di investire in nuove terapie, migliorare i trattamenti per l’anemia e garantire che tutti i pazienti, ovunque vivano, possano accedere alle cure più appropriate. Si propone anche di coinvolgere i pazienti nella ricerca e di potenziare la cultura della donazione di sangue e midollo.
  2. Cure personalizzate e vicine al paziente
    Si chiede una sanità più flessibile, che usi strumenti come la telemedicina e migliori l’organizzazione delle trasfusioni, anche a domicilio quando possibile. È importante investire in strutture moderne e in sistemi digitali efficienti.
  3. Supporto psicologico continuo
    Si chiede di garantire, sin dalla diagnosi, un supporto psicologico come parte integrante della cura, un percorso incluso nei percorsi terapeutici e accessibile anche a distanza.
  4. Sostegno ai caregiver
    Si chiede che vengano garantiti diritti sul lavoro, aiuti economici, formazione specifica e sostegno psicologico a chi si prende cura di una persona con mielofibrosi.
  5. Informazione e formazione
    Si chiede l’accesso a una informazione chiara e accessibile su diagnosi, trattamenti disponibili e diritti garantiti. Si chiede, inoltre, di migliorare la formazione dei Medici di Medicina Generale e degli altri operatori sanitari per garantire diagnosi tempestive e cure adeguate.

I cinque punti hanno dato vita al Manifesto “Uniti per la Mielofibrosi”, un documento sintetico destinato a rappresentare in modo autentico i bisogni, le istanze e le aspettative delle persone che convivono con questa malattia rara. Il Manifesto, oggi firmato dalle Istituzioni presenti, è un vero e proprio appello rivolto a loro, con proposte concrete per migliorare la qualità della vita dei pazienti e costruire una sanità più equa e vicina ai bisogni dei pazienti.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.