I dati sono tanti, e il traffico delle diverse metropoli cambia. Ma c’è una costante. Passiamo una buona parte della nostra giornata seduti al volante. Qualche tempo fa, uno studio di Moovit ha rilevato che gli italiani impiegano circa 52 minuti al giorno nel tragitto fra casa e lavoro. Ed allora, pur senza tenere conto della ricerca del parcheggio, viene da chiedersi cosa accade a chi deve stare diversi minuti in coda, allungando ulteriormente la permanenza nell’abitacolo.
C’è però un aspetto che forse non consideriamo. Quando la sera, per rientrare, ci infiliamo nel solito ingorgo, spesso ci viene più facile evitare di andare a casa per il pasto e fermarci ad un fast food. Magari per consumare in tutta fretta una cena molto calorica e anche ricca in grassi.
Risultato? Alla lunga l’alimentazione potrebbe non essere esattamente salutare. L’ipotesi, che coniuga dati del traffico e sana alimentazione, viene da una ricerca apparsa su Journal of Urban Economics e condotta dagli esperti dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign. Lo studio ha preso in esame la contea di Los Angeles. Ma fa riflettere anche da noi.
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Quanto pesa il ritardo sulle abitudini alimentari
Sia chiaro. Non è che tutti i giorni si trovino sulla strada ingorghi che fanno letteralmente “perdere” l’orario di cena. Ma il ritardo impatta. Eccome. Come rileva in una nota dell’ateneo l’autrice della ricerca Becca Taylor, “ritardi imprevisti del traffico oltre alla congestione abituale hanno portato a un aumento dell’1% delle visite ai fast food. Potrebbe non sembrare molto, ma equivale a 1,2 milioni di visite in più ai fast food all’anno nella sola contea di Los Angeles. Descriviamo i nostri risultati come modesti ma significativi in termini di potenziale cambiamento delle scelte alimentari non sane”.
L’orario a rischio
I ricercatori coordinati dalla Taylor hanno incrociato i dati relativi alla modellistica del traffico autostradale giornaliero per più di due anni a Los Angeles con quelli degli utenti degli smartphone localizzati all’interno dei fast food nello stesso periodo di tempo. Si è quindi creato un modello che associa le due situazioni, mostrando addirittura quasi un rapporto causa-effetto tra traffico in tilt con conseguenti rallentamenti e visite nei locali che offrono cibo rapidamente. Il tutto, considerando sia le 24 ore ed orari specifici nel corso della giornata.
Pensate: bastano circa 30 secondi di ritardo per miglio (e riflettiamo quanto potrebbe contare la coda di un chilometro), per aumentare dell’1% le visite al fast food. Quando i ricercatori hanno suddiviso la giornata in segmenti della durata di un’ora, hanno scoperto un numero significativamente maggiore di visite al fast food quando i rallentamenti del traffico si verificavano durante l’ora di punta serale. Al contempo, come ci si poteva attendere, si tende a fare meno la spesa la sera. Infatti, sempre monitorando gli spostamenti rilevati attraverso la posizione degli smartphone, c’è stato nelle serate di traffico una diminuzione degli accessi ai supermercati.
Insomma, come conclude la Taylor, “se c’è traffico tra le 5 e le 7 di sera, che capita proprio all’ora di cena, vediamo un aumento delle visite al fast food. Gli automobilisti devono decidere se tornare a casa e cucinare qualcosa, fermarsi prima al supermercato o semplicemente mangiare al fast food”.
Più attenzione alle infrastrutture
Il collegamento tra traffico e scelte di salute, che magari privilegino i dettami dell’alimentazione mediterranea e soprattutto consentano di puntare su una cena più leggera per un miglior riposo ed una più efficace lotta al sovrappeso, sarebbero quindi significativi. E ridurre la congestione sulla strada potrebbe rivelarsi importante non solo per il controllo dell’aria che respiriamo, ma anche per la nostra dieta. Mitigare l’effetto negativo delle code, anche attraverso una maggior disponibilità di mezzi di trasporto pubblici, potrebbe essere quindi utile. Anche per un’alimentazione più sana.