“I virus che mi fanno paura sono quelli che non conosco”. Anthony Fauci, a lungo direttore del National Institute of Allergy and Infectious Disease (NIAID) di Bethesda e tra i massimi esperti su nuovi e vecchi virus, qualche tempo fa sottolineava così come e quanto tra patogeni invisibili (virus in testa) ed essere umano ci sia un equilibro che a volte si rompe. E quando avviene questo, magari per l’adattamento di un ceppo virale animale alla biologia dell’essere umano, occorre considerare tutte le prospettive.
Al momento, parlando di quella che è stata battezzata la “malattia del Congo”, siamo ancora nella fase della conoscenza. E tutte le ipotesi sono valide. Proviamo a capire di cosa potrebbe trattarsi, sempre rimanendo nel campo della speculazione scientifica ed in attesa di certezze.
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OMS parla di agente patogeno respiratorio
Partiamo dai dati ufficiali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in una nota, parla di “un agente patogeno respiratorio, come l’influenza o Covid-19, attualmente in studio come possibile causa” della patologia che sta provocando diversi decessi, specie tra bambini e giovani, nella Repubblica Democratica del Congo. In questo senso, sono stati inviati studiosi dell’OMS nell’area di Kwango, a quasi 700 chilometri dalla capitale Kinshasa.
Ma siamo appunto solo all’inizio. Quanto si sa, ed è importante conoscere, è che stiamo parlando di un’infezione che si trasmetterebbe per via respiratoria. Per questo nasce il parallelo con l’influenza. Ma va detto che la classica epidemia invernale non è l’unica possibilità, anche per i sintomi che il quadro sembra causare. A fianco di quelli simil-influenzali come febbre alta, mal di gola, addirittura difficoltà nella respirazione, si parla spesso di anemia. In questo caso si osserva quindi un calo significativo dell’emoglobina trasportata dai globuli rossi. Per questo, tra le opzioni diverse, si parla anche di quadri potenzialmente legati a batteri, come il Mycoplasma pneumoniae, di polmoniti atipiche o addirittura di quadri simili a quelli delle febbri.
Perché si parla di Mycoplasma
Il Mycoplasma pneumoniae è un batterio “curioso”. A differenza di altri ceppi, infatti, ha una struttura che lo rende praticamente privo della parete cellulare. Anche per questo le infezioni che provoca sono spesso difficili da diagnosticare, tanto che si parla spesso di polmoniti atipiche primarie.
Soprattutto, per le sue caratteristiche, questo germe a volte non limita la sua azione alle vie respiratorie, ma può causare complicazioni che interessano sia il sistema nervoso sia soprattutto le cellule del sangue. In questo senso chi sviluppa l’infezione può presentare problemi legati all’emolisi dei globuli rossi, con quadri che vengono appunto definiti anemie emolitiche. Di cosa si tratta? In pratica il globulo rosso si “rompe” e quindi progressivamente cala il numero delle cellule in grado di trasportare l’ossigeno, attraverso l’emoglobina contenuta proprio negli eritrociti. La trasmissione del Mycoplasma avviene per via respiratoria, con un’incubazione di 1-3 settimane.
Bambini e anziani più a rischio
Può accadere che questo batterio provochi potenzialmente epidemie circoscritte, proprio per la modalità di diffusione. E i gruppi maggiormente a rischio sembrano essere quelli dei bambini, specie se molto piccoli, e degli anziani. Per i bambini, in particolare, tra le cause che possono rendere più grave l’infezione ci sono anche l’immaturità del sistema immunitario ed eventuali carenze nelle difese, legate anche a malnutrizione. Tanto che proprio i deficit nutrizionali vengono chiamati in causa, a prescindere dal Mycoplasma, come possibili (co) fattori dei quadri clinici osservati. Senza dimenticare che anche i plasmodi della malaria, in qualche modo, potrebbero contribuire a peggiorare la situazione.
Polmoniti virali e non solo
Quando si parla di polmoniti, lasciando per un attimo da parte la problematica legata all’anemia, bisogna ricordare che nei bimbi molto piccoli queste condizioni vengono determinate soprattutto da virus, come il Virus Respiratorio sinciziale (RSV) o appunto i ceppi che causano l’influenza. Poi, crescendo, le polmoniti più classiche (con le loro complicanze possibili) tendono ad avere come causa predominante i batteri.
In questo senso, pur se non si parla di polmoniti atipiche, occorre prestare attenzione allo pneumococco. Questo germe, chiamato anche Streptococcus pneumoniae, è un batterio capsulato, vale a dire ricoperto da una capsula di polisaccaridi (zuccheri). E’ altamente patogeno, viene trasmesso e si diffonde per via aerogena attraverso la tosse, gli starnuti, le goccioline di saliva mentre si parla. Solitamente, quando avviene il contatto con un organismo e la conseguente infezione, lo pneumococco si posiziona a livello delle vie aeree superiori, nel tratto oro-faringeo che viene colonizzato dal batterio il quale inizia a riprodursi e a spostarsi nei siti dove trova l’ambiente più congeniale a provocare la malattia. Le sedi privilegiate nei bambini sono l’orecchio medio, l’otite media è una manifestazione molto frequentemente causata da una precedente infezione da pneuomococco, i seni paranasali con conseguente sinusite, e i polmoni dove il batterio può causare bronchiti e polmoniti.
Lo pneumococco può anche spostarsi in sedi più vitali come il cervello, quando oltrepassa la barriera emato-encefalica, causando meningite e, sempre a livello polmonare, può dare una compromissione pleurica; nel caso in cui lo pneumococco diffonde nel peritoneo, invade il sangue provocando una batteriemia, malattia molto grave che può evolvere in sepsi. La polmonite batteriemica insieme alla meningite e alla sepsi formano la triade delle malattie invasive da pneumococco.
I virus delle febbri emorragiche e non solo
Ci sono virus, che la scienza conosce, che si sviluppano in aree molto circoscritte dell’Africa. E possono dare, come avviene, microepidemie. In genere si tratta di infezioni che interessano piccoli gruppi di persone, ed è molto improbabile che queste malattie possano trasferirsi anche in altre zone del pianeta, magari attraverso i voli aerei, perché portano rapidamente a quadri patologici molto gravi. Quindi, pur se il pericolo di contagio è estremamente basso al di fuori della cerchia di quanti vivono a stretto contatto con il paziente, bisogna seguire con grande attenzione quanto avviene.
Per quanto riguarda Ebola, sa parte della famiglia dei filovirus. Il contagio tra uomo e uomo e assai semplice. Provoca gravi febbri con emorragie diffuse.
Il virus di Marburg presenta segni e sintomi simili ed anche in questo caso il contagio interumano è molto semplice.
La febbre di Lassa, infine, è provocata da un arenavirus e viene trasmessa dai roditori oltre che per contagio interumano. I casi sono concentrati nell’Africa occidentale. L’infezione porta a sintomi respiratori e a carico del sistema nervoso.
Ci vuole tempo per capire
La malattia del Congo, insomma, presenta ancora tanti punti da esplorare e conoscere. E non bisogna dimenticare che i casi si sono concentrati in un’area molto povera, poco popolata e nella quale possono esserci pesanti carenze nutrizionali. Soprattutto, occorre ricordare che le terapie possono non essere ottimali.
La speranza è che non si tratti di un “nuovo” virus, capace di trasferirsi dagli animali all’uomo e soprattutto a diffondersi e replicarsi nell’organismo umano. Come ci ha mostrato Covid con il virus Sars-CoV-2, esistono infezioni che in qualche modo possono spuntare dal nulla grazie a ricombinazioni genetiche avvenute negli animali che poi si trasferiscono all’uomo. Questi quadri tendono ad essere una costante, anche per i mutamenti ambientali. Ma con una certezza. L’eterna sfida tra uomo, batteri e virus è destinata a proseguire.