Alexander Fleming: la scoperta della penicillina

La bizzarra storia della scoperta della penicillina: la fortuna e il genio del Nobel Alexander Fleming

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato nel 1881 e deceduto nel 1955, Sir Alexander Fleming è indubbiamente uno dei medici più famosi della storia. Le sue scoperte sono state rivoluzionarie, come ben dimostra il premio Nobel per la medicina ricevuto con merito nel 1945. Di seguito analizziamo il processo che lo ha condotto a offrire al mondo la penicillina.

La scoperta del lisozima

Nel mondo della medicina pochi esponenti possono dirsi “fortunati” quando Fleming. Nel 1922, prima della rivoluzione rappresentata dalla penicillina, il celebre studioso scoprì in maniera casuale il lisozima.

Durante i suoi esperimenti, infatti, pose del proprio muco nasale su una capsula di Petri. Notò poi come alcune colture di microbi si fossero sviluppate su tutta la piastra, tranne che sulla sua secrezione.

Con esperimenti successivi, sfruttando altro muco o lacrime, capì come in queste secrezioni fosse presente una sostanza ad azione antibatterica, di molto superiore a quella del siero di origine animale. Il tutto dovuto a un enzima che “lisava” certi microbi, dal greco lysis, ovvero dissoluzione. Ecco da dove deriva il nome lisozima.

Una scoperta fortuita

Ha davvero dell’incredibile la scoperta della penicillina a opera di Sir Alexander Fleming. Per alcuni è senza dubbio la più importante della storia, in relazione al suo essere accidentale. Per quanto possa sembrare incredibile, tutto ebbe inizio durante le vacanze del medico. Una semplice disattenzione ha portato a una rivoluzione. Dimenticò un piatto di coltura batterica, per poi ritrovarvi un fungo pienamente cresciuto al suo ritorno.

In questa fase della sua carriera era impegnato nello studio delle mutazioni all’interno delle colture di stafilococco. Il piatto venne lasciato in un angolo del laboratorio e in seguito lo trovò contaminato da questo fungo. Totalmente circondato da colonie di stafilococchi, del tutto distrutte. Erano però intatte le colonie più distanti.

Fleming prestò allora attenzione alla muffa, scoprendo come producesse una particolare sostanza in grado di uccidere varie tipologie di batteri, responsabili di svariate malattie. La muffa venne da lui identificata come appartenente al genere penicillium. Il nome che ormai tutti conosciamo non giunse alla sua mente fino al 7 marzo 1929, quando ci fu il battesimo della penicillina. Fino ad allora, infatti, era solito definirla “succo di muffa”.

Oggi può sembrarci assolutamente incredibile ma la reazione della comunità scientifica non fu gioiosa come potremmo aspettarci, tutt’altro. Un duro confronto post pubblicazione Fleming lo aveva già avuto con la lisozima. Semplicemente risultò meno potente di quanto lui pensasse. Ad ogni modo rivoluzionario, anche perché lo ha spinto a scavare a fondo in questo ambito, fino a cambiare il corso della storia.

Anche la penicillina ottenne però una risposta glaciale dopo la pubblicazione dei risultati sul Medical Research Club. Con l’avvento dei sulfamidici, infatti, venne del tutto messa da parte e posta in secondo piano. Qualcosa di sconvolgente, con il senno di poi. Ci si rese però conto che quest’alternativa, creata dalla Bayer, era del tutto inefficace in presenza di una concentrazione elevata di microbi. Utile soltanto a confronto con concentrazioni minori, non tossiche per l’uomo. Da qui in poi, seppur in maniera non automatica, anzi, la scoperta di Fleming ottenne il meritato riscontro.