Per Elly Schlein questo 2024 non si è aperto nel migliore dei modi. In calo nei sondaggi e attaccata da diversi esponenti del suo partito, con molti esponenti di spicco del Partito Democratico contrari ad una sua eventuale candidatura alle elezioni Europee. Ma anche critiche riguardo la sua ambiguità sull’invio delle armi in Ucraina.
Europee, quanti no per la candidatura unitaria di Schlein
Nella lunga lista di persone che hanno sconsigliato a Schlein di candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni alle elezioni europee si è aggiunto da poco anche Romano Prodi, il rispettato leader del Partito Democratico. L’ex presidente del Consiglio e attuale presidente emerito della Commissione Europea evita di menzionare direttamente la segretaria del Pd, affermando che il suo intervento è di carattere generale e si applica a tutti. Tuttavia, in occasione di un significativo evento legato al futuro del Pd nell’ambito europeo e durante la giornata di commemorazione di David Sassoli, Prodi sottolinea che se “metti cinque candidature e ne scegli una vuole dire che alle altre quattro non ci vai. In alcuni casi non ci vai proprio”, se sei già eletto in Parlamento e non intendi lasciare Roma per Bruxelles.
Le parole di Romano Prodi giungono a seguito della pressione esercitata da Stefano Bonaccini sulla segretaria, il quale sostiene che non ci sia necessità di candidature fittizie. Inoltre, riflettono le prese di posizione di Giuseppe Conte, che condanna coloro che “ingannano gli elettori con candidature fittizie” e non rispettano il mandato parlamentare ricevuto.
“Non puoi dire ai cittadini: datemi il voto, trovate Conte su tutte le liste quando già sai che al Parlamento europeo non ci andrai. Sono deputato, presidente del Movimento 5 Stelle, quello di parlamentare europeo è un compito che non posso assolvere. Gli altri leader – insiste l’ex premier – dovrebbero avere l’accortezza di fare altrettanto, la politica dovrebbe imparare una volte per tutte a non prendere in giro i cittadini”. Anche una parte della sinistra dem mostra una certa freddezza, come evidenziato da Peppe Provenzano, il quale afferma che le elezioni europee sono troppo cruciali per essere ridotte a una contesa personale tra leader.
Gentiloni torna in Italia, cosa cambia negli equilibri del PD
Parole che arrivano dopo che Paolo Gentiloni ha confermato che non si ricandiderà alle Europee. Il commissario Ue per gli affari economici dopo la scadenza del suo mandato tornerà in Italia; una notizia che non sorprende nessuno, visto che da mesi circola l’idea, all’interno di una parte del Partito democratico, di puntare proprio su Gentiloni come segretario della sinistra, dando il benservito ad Elly Schlein in caso di risultato flop alle elezioni Europee.
In sintesi, sembra che ci sia un’operazione a tenaglia per impedire a Elly Schlein di candidarsi alle elezioni europee. Tuttavia, dietro le diverse prese di posizione emergono ragioni divergenti. Romano Prodi ritiene che le pluricandidature costituiscano una minaccia per la democrazia, sottolineando l’importanza di preservare i principi democratici per evitare il rischio di una dittatura.
Schlein, d’altra parte, mira a polarizzare lo scontro con Giorgia Meloni, cercando di consolidare la leadership nel Partito Democratico e tagliando fuori altri leader come Giuseppe Conte. Alcuni esponenti del Pd, che potrebbero essere costretti a gareggiare come secondi in lista, sollevano obiezioni a questa linea, preoccupati per la visibilità e per il fatto che una candidatura di Schlein brucerebbe le possibilità di candidature femminili, a causa della regola dell’alternanza uomo-donna.
Il tema delle candidature per le Europee è caldissimo. Nel centrodestra ha rotto gli indugi Matteo Salvini annunciando che non sarà in lista. Giorgia Meloni resta tentata, ben sapendo che il suo nome servirebbe a dare spinta alla lista FdI e a creare intoppi nelle aspirazioni degli alleati. Antonio Tajani ha preso tempo, rinviando la decisione dopo il congresso di Forza Italia in programma a febbraio.
Astensione del PD sull’Ucraina, perchè è importante
Ma c’è anche il problema Ucraina che Schlein deve fronteggiare. Il 10 gennaio alla Camera in una relazione del Ministro della Difesa Crosetto, che proponeva l’invio di armi alla Ucraina per sostenere la resistenza contro l’aggressione russa, tutti i partiti di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati) hanno votato a favore. Sorprendentemente, tre partiti dell’opposizione (Italia Viva, Azione, +Europa) si sono uniti al sostegno, ma la sinistra si è frammentata: il PD si è astenuto, mentre M5S, Verdi e Sinistra hanno votato contro.
Inoltre, anche all’interno del PD c’è stata divisione, con Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Sensi e altri che hanno votato a favore dell’invio delle armi. Questo voto è stato descritto come devastante, soprattutto considerando il contesto internazionale. Fino a quel momento, il PD non aveva brillato particolarmente sulla scena politica generale, ma rappresentava un punto saldo nel panorama politico italiano per quanto riguarda l’adesione all’Unione Europea, la NATO e le relazioni con gli Stati Uniti.
La scelta di votare a favore dell’invio di armi, specialmente dopo l’operazione militare del 24 febbraio in cui Putin ha chiaramente mostrato le sue intenzioni, è stata criticata. Non solo ha suscitato divisioni interne al PD, ma ha anche sollevato preoccupazioni sulla coerenza della politica estera italiana, specialmente in contrasto con il palese sostegno a Putin di alcuni partiti come M5S, Forza Italia e la Lega. L’astensione del PD indica che il partito sembra non avere più una posizione chiara nel campo della politica estera e che l’opposizione nel suo complesso è disarticolata. Al contrario, Italia Viva, Azione e +Europa hanno mantenuto salda la loro posizione europeista e atlantica.
La scelta di astenersi rappresenta un vuoto di linea nel PD, derivante da una combinazione di fattori. Questi includono un pacifismo ambiguo, la preoccupazione di non perdere i contatti con il M5S, che attualmente sembra essere dominante, e la confusione in cui si trovano Elly Schlein e il PD.
Mentre votare sì o no all’invio di armi implica una chiara presa di posizione, l’astensione suggerisce una mancanza di orientamento definito, contribuendo a un’immagine di disorientamento all’interno del PD sulla questione critica della politica estera. La necessità di mantenere un equilibrio delicato tra diverse fazioni e alleanze apparentemente conflittuali ha portato il partito a una situazione di incertezza e indecisione.