Il Forum Ambrosetti di Cernobbio, una delle più importanti assise economiche europee, si è aperto quest’anno con un intervento dal forte impatto geopolitico da parte del premier ungherese Viktor Orbán. Questo ha illustrato la sua visione sulla presidenza ungherese dell’Unione Europea e sulla gestione della guerra in Ucraina, lanciando una proposta che ha subito attirato l’attenzione: un incontro diretto tra i presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky per negoziare la pace.
Orbán propone incontro tra Putin e Zelensky
Durante il suo intervento, Victor Orbán ha sottolineato l’importanza di riaprire i canali di comunicazione tra Russia e Ucraina, ritenendo che senza dialogo non ci sia alcuna possibilità di pace. “Non c’è mai stata una guerra che si sia conclusa senza comunicazione”, ha dichiarato, spiegando che il primo passo per risolvere il conflitto deve essere il cessate il fuoco, seguito dal dialogo e, infine, da un piano di pace condiviso. Secondo Orbán, se la comunità internazionale si impegna seriamente su questa strada, un incontro tra Putin e Zelensky potrebbe diventare non solo possibile, ma necessario.
La visione del premier ungherese si basa sull’esperienza accumulata nei suoi 21 anni alla guida dell’Ungheria, durante i quali ha attraversato diversi conflitti internazionali, dai Balcani alla Georgia. “Ho esperienza nel gestire le guerre e nel creare la pace”, ha affermato, riferendosi anche ai suoi recenti viaggi diplomatici che lo hanno portato prima a Kiev per incontrare Zelensky e poi a Mosca, dove ha stretto la mano a Putin, generando non poche critiche in ambito europeo.
È possibile un cessate il fuoco?
Ora no, ma secondo Orbán – che ha descritto la sua visione – è possibile creare un contesto internazionale favorevole a una tregua immediata, sottolineando come entrambe le parti, Ucraina e Russia, siano convinte che il tempo giochi a loro favore e che, pertanto, non siano ancora pronte a cedere. “Putin e Zelensky credono che il tempo sia dalla loro parte e per questo non c’è alcuna intenzione, da nessuna delle due parti, di cessare il fuoco o di considerare un piano di pace in questo momento”, ha affermato.
Per Orbán, la soluzione non risiede in un piano di pace immediato, come spesso viene richiesto dalle opinioni pubbliche occidentali, ma piuttosto in un approccio graduale: “Prima il cessate il fuoco, poi il dialogo, infine il piano di pace”, ha chiarito. A suo avviso, insistere su un piano di pace prima di stabilire una tregua sarebbe inutile, poiché entrambe le parti non sono disposte a negoziare seriamente fino a quando non ci sarà un’interruzione delle ostilità.
Le reazioni alla proposta
La proposta di Orbán di un incontro tra Putin e Zelensky ha generato reazioni contrastanti. Da un lato, alcuni vedono nel suo intervento un tentativo di assumere il ruolo di mediatore internazionale, sfruttando la presidenza di turno dell’Ue per promuovere una visione diplomatica della crisi. Dall’altro, la sua recente visita a Mosca e la stretta di mano con Putin hanno sollevato critiche tra i leader europei, che vedono nell’atteggiamento di Orbán un tentativo di bilanciarsi tra l’alleanza occidentale e la Russia, in un contesto internazionale sempre più polarizzato.
Orbán ha difeso le sue scelte diplomatiche e ha sottolineato come la comunicazione sia l’elemento chiave per qualsiasi processo di pace. “Abbiamo bisogno della comunicazione sia con l’Ucraina sia con la Russia”, ha ribadito. Secondo il premier ungherese, attendere un piano di pace accettabile da entrambe le parti potrebbe significare prolungare il conflitto all’infinito, mentre il cessate il fuoco rappresenterebbe il primo, fondamentale passo verso la fine delle ostilità.
L’Ungheria avrà un ruolo nella mediazione?
L’intervento di Orbán al Forum Ambrosetti riflette la volontà del premier ungherese di ritagliarsi un ruolo centrale nella diplomazia internazionale, nonostante l’Ungheria sia stata spesso isolata nell’Unione Europea per le sue posizioni sui diritti civili e sull’immigrazione. Durante la sua presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, Orbán sta cercando di affermarsi come un leader capace di mediare tra le varie parti, pur mantenendo un delicato equilibrio tra il sostegno alla Nato e i rapporti con Mosca.
La sua strategia, che lo ha portato a viaggiare da Pechino a Mar-a-Lago, dove ha incontrato Donald Trump, e da Kiev a Mosca, è stata definita da alcuni analisti come un tentativo di consolidare la sua immagine di leader capace di parlare con tutte le parti in causa. La sua ambivalenza nei confronti di Mosca, in particolare, resta un punto critico, soprattutto agli occhi dei partner europei, che vedono nella sua apertura verso Putin un indebolimento della posizione comune dell’Ue nei confronti della Russia.
Cos’altro ha detto Orbán: politica estera, Trump e integrazione europea
Durante il suo intervento, Viktor Orbán ha affrontato diversi temi oltre al conflitto russo-ucraino, esprimendo posizioni forti su politica estera, integrazione europea e politica migratoria.
Uno dei punti centrali è stato il suo netto rifiuto di rinunciare al diritto di veto nazionale in materia di politica estera all’interno dell’Unione Europea. Orbán ha affermato che “non posso permettere che la Germania, la Francia e magari anche l’Italia decidano la nostra politica estera”, una posizione condivisa da altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, che vedono nel veto una garanzia della propria sovranità.
Il premier ungherese ha poi spiegato il suo sostegno a Donald Trump nelle elezioni presidenziali statunitensi, descrivendolo come un “deal maker” capace di negoziare efficacemente con le potenze globali. Orbán ha sottolineato che una presidenza Trump potrebbe essere vantaggiosa per l’Europa, favorendo una cooperazione con la Cina e, dopo la guerra, anche con la Russia.
Infine, Orbán ha toccato il tema della competitività europea, sostenendo che la burocrazia di Bruxelles rappresenta un ostacolo da ridurre per attrarre investimenti e mantenere l’Europa competitiva a livello globale. Sebbene favorevole a una maggiore cooperazione sul mercato e sulla difesa, Orbán ha ribadito la sua opposizione a un’unione politica più stretta, giudicandola dannosa per l’Europa. Ha anche ribadito la sua ferma posizione sull’immigrazione, sottolineando che le decisioni in merito devono essere prese a livello nazionale, senza ingerenze da parte delle istituzioni europee.