Giovani e donne sono oggi i lavoratori più penalizzati in ambito pensionistico. Precarietà e poche garanzie contraddistinguono i contratti e le collaborazioni che coinvolgono spesso queste due categorie e, fatta qualche eccezione, molti sono quelli che si chiedono se avranno mai una pensione o se – una volta raggiunta l’età di uscita dal lavoro – potranno contare su un assegno che permetta loro di vivere dignitosamente.
A partire da questa consapevolezza, sul tavolo del Governo sono state portate alcune proposte che puntano a tutelare i soggetti più deboli del sistema, con una riforma che potrebbe cambiare tutto.
Pensioni, Governo al lavoro per tutelare di più donne e giovani
Dei dossier bollenti al vaglio dell’Esecutivo dopo l’elezione di Mattarella ve ne avevamo già parlato. Tra gli argomenti più spinosi, però, c’è anche l’attesissima (e discussissima) riforma delle pensioni 2022. Bisogna intervenire e bisogna farlo subito, anche in vista dei fondi in arrivo da Bruxelles. Dalle prossime manovre, infatti, dipenderanno gli aiuti del PNRR.
Tutte ipotesi al momento, ma con un unico obiettivo: eliminare i gap a svantaggio di donne e giovani al momento dell’uscita dal lavoro, con bonus contributivi ad hoc per garantire anche a queste categorie una pensione.
Cos’è e come funziona la pensione di “garanzia” per donne e giovani
La chiamano pensione di “garanzia” che era stata proposta da Cgil e si tratta di un assegno pensionistico garantito a donne e giovani, anche se precari e non in possesso di tutti i requisiti contributi necessari per l’uscita dal lavoro.
In pratica, se la proposta dovesse passare, lo Stato si impegnerebbe a coprire tutti i periodi di formazione, stage o assenza da lavoro (tra un rinnovo del contratto e un altro) per i quali non figurano contributi versati. Una sorta di bonus contributivo che permetta di raggiungere la quota minima prevista e assicurare l’assegno pensionistico anche a chi ha dovuto lavorare in condizioni precarie e non sempre tutelate da un punto di vista previdenziale.
Resta da capire, però, in che modo verranno calcolati questi contributi, come verranno scelti i lavoratori e le lavoratrici che ne avranno diritto e quali saranno i limiti dei versamenti a carico dell’Erario.
Ricordiamo, infatti, che in questo momento più che mai il Governo deve far quadrare i conti. C’è in ballo la ripresa post Covid, la reputazione internazionale del Paese e un assetto politico non del tutto chiaro, soprattutto a seguito della crisi scoppiata dopo le elezioni del Presidente del consiglio (di cui vi abbiamo parlato qui).
Pensioni giovani e donne, le ipotesi al vaglio
L’ipotesi prevalente è che il bonus contributivo venga calcolato garantendo, per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, sei mesi di versamenti a carico dello Stato. In alternativa, si sta valutando l’erogazione di un bonus una tantum. Alle donne, invece, lo Stato potrebbe versare e riconoscere contributi per il periodo che copre l’assenza da lavoro per l’assistenza di un parente disabile o per prendersi cura della famiglia.
Ai tecnici del Ministero dell’Economia spetta ora il compito di valutare entrambe le possibilità, quantificare – in termini di uscite – quanto verrebbe a costare il finanziamento di entrambi gli interventi e, poi, provare a fare i conti con le risorse a disposizione e le previsioni finanziarie dei prossimi anni.