Quota 103 flop, la pensione anticipata non piace agli italiani

Requisiti troppo rigidi, finestre mobili e assegni penalizzati hanno disincentivato i pensionandi a richiedere Quota 103, che ora potrebbe venire cancellata

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

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I pensionati ignorano Quota 103. Lo attestano i dati sui rendiconti sociali regionali del Civ dell’Inps, secondo i quali le pensioni soggette al ricalcolo liquidate dall’Istituto nel 2024 sono state appena 1.153. E ci si aspetta un ulteriore calo per il 2025.

Sono state accettate poco più di mille domande su circa 15mila presentate, inclusi i casi con requisiti meno penalizzanti per chi li aveva raggiunti entro la fine del 2023.

I motivi del calo

Per dare un’idea del flop di quest’anno, basti pensare che, nell’intero 2023, le pensioni anticipate con Quota 103 liquidate sono state 23.249. A frenare i pensionandi è stata una serie di fattori:

  • requisiti difficili da raggiungere, ovvero 62 anni di età e 41 anni di contributi;
  • l’allungamento delle finestre mobili;
  • il ricalcolo con il metodo contributivo.

Con l’espressione “finestre mobili“, si intende il periodo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l’effettiva erogazione dell’assegno pensionistico. In pratica, significa che il lavoratore, pur avendo raggiunto i requisiti per andare in pensione, dovrà attendere più tempo prima di ricevere il primo pagamento della pensione. Nel caso di Quota 103, le nuove regole hanno posticipato l’accesso alla pensione a sette mesi per il settore privato e a nove per quello pubblico.

L’assegno viene calcolato interamente con il metodo contributivo, risultando spesso penalizzante. Fino al compimento dei 67 anni, l’importo massimo erogabile non può superare quattro volte il trattamento minimo (circa 2.413,60 euro nel 2025). A ciò si somma l’obbligo di cessare qualsiasi attività lavorativa subordinata.

Cos’è Quota 103

Introdotta nel 2023 dal governo Meloni per superare la Quota 102, consente il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 41 di contributi. Inizialmente prevedeva una finestra mobile di 3 mesi per i lavoratori del settore privato e 6 per quelli del pubblico, con il calcolo dell’assegno pensionistico secondo il sistema misto.

Nel tentativo di contenere i costi e alla luce della scarsa adesione, la misura è stata modificata nel 2024, ma le domande sono ulteriormente diminuite.

E ora potrebbe venire accantonata

Questi nuovi dati potrebbero far riflettere il governo sul tema delle pensioni. Con l’avvio dei lavori sulla Legge di Bilancio, per Giorgia Meloni potrebbe essere l’occasione di archiviare definitivamente Quota 103.

Nella versione 2024 e 2025, visti i tanti paletti inseriti, la possibilità di lasciare il lavoro con 62 anni di età e 41 anni di contributi è stata utilizzata da una platea davvero minima di lavoratori. Alla luce di questi dati, il governo sembra intenzionato a cancellare la misura nel 2026, segnando la fine del sistema delle Quote.

Male anche Opzione Donna

Lo stesso discorso vale per Opzione Donna; nel 2024 solo 3.489 lavoratrici hanno beneficiato della misura, a fronte delle 11.996 del 2023.

Anche Opzione Donna ha subito un inasprimento delle condizioni di accesso senza precedenti. Oltre ai 35 anni di contributi richiesti, è necessario aver compiuto 61 anni d’età, con una riduzione di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due (quindi 60 anni con un figlio, 59 anni con due o più figli). Per le lavoratrici licenziate, il requisito anagrafico è fissato a 59 anni.

Ma non basta, perché ora è necessario rientrare anche in una delle seguenti categorie aggiuntive:

  • essere caregiver da almeno sei mesi di un familiare convivente con disabilità grave;
  • avere un’invalidità civile riconosciuta pari o superiore al 74%, oppure essere state licenziate o dipendenti di aziende in crisi.