Da più di 24 ore si parla quasi incessantemente dell’iniziativa che potrebbe cambiare il volto del sistema pensionistico italiano, con la pensione a 64 anni. La novità è che ora si punta anche a consentire l’accesso alla pensione anticipata anche ai lavoratori che hanno iniziato a versare contributi prima del 1996, sfruttando la rendita della previdenza complementare. Al centro della proposta, un emendamento alla legge di Bilancio 2025 che apre nuove strade per chi sogna un pensionamento anticipato.
Un doppio ponte tra contributi e previdenza integrativa
La Manovra in discussione apre a un nuovo dialogo tra previdenza obbligatoria e complementare, unendo le due dimensioni per chi rientra nel regime contributivo puro. L’ultima versione approvata dalla commissione Bilancio consente a questi lavoratori di utilizzare una parte della rendita della pensione integrativa per raggiungere la soglia minima richiesta per il pensionamento anticipato a 64 anni. Una strategia pensata per chi, entrato nel mondo del lavoro dopo il 31 dicembre 1995, affronta l’eredità di assegni pensionistici ridotti rispetto ai predecessori.
Questa misura non si limita a fornire un aiuto immediato, ma mira anche a incentivare una maggiore adesione ai fondi pensione tra i lavoratori più giovani. Infatti, chi decide di destinare una parte del proprio Tfr alla previdenza complementare avrà strumenti in più per costruire una rendita integrativa che potrà fare la differenza nel momento di accedere alla pensione.
Come cambiano le regole per l’uscita anticipata
Dal prossimo anno, accedere alla pensione anticipata richiederà almeno 25 anni di contributi, cinque in più rispetto al passato. Entro il 2030, questa soglia salirà ulteriormente a 30 anni. L’importo minimo dell’assegno richiesto, attualmente pari a tre volte l’assegno sociale (1.603,23 euro), subirà un ulteriore incremento: dal 2030 sarà necessario raggiungere 3,2 volte l’assegno sociale, un livello fissato per compensare i costi legati alla misura. Non proprio una misura felice, quest’ultima.
Il correttivo introduce anche una clausola di salvaguardia: l’Inps monitorerà l’andamento delle richieste e riferirà periodicamente al Ministero dell’Economia. Se necessario, potrebbero essere rivisti i requisiti, con un eventuale aumento delle soglie o un rinvio delle decorrenze previste. Questo meccanismo mira a garantire che il sistema resti sostenibile anche in caso di adesioni superiori alle aspettative.
Un ulteriore aspetto riguarda l’adeguamento alla speranza di vita. Le soglie minime di contribuzione e i requisiti di età saranno rivisti periodicamente, tenendo conto delle proiezioni demografiche. Questo potrebbe comportare aggiustamenti futuri che incidano sul reale accesso alla pensione anticipata.
Previdenza complementare e giovani: nuove opportunità e vecchi limiti
Dal 2025, i neoassunti potranno optare per una maggiorazione volontaria dei contributi previdenziali fino a due punti percentuali. Questa scelta, fiscalmente agevolata al 50%, potrebbe rendere più consistente l’assegno futuro. Tuttavia, lo stipendio netto ne risentirà nell’immediato, penalizzando chi già oggi fatica ad arrivare a fine mese. Parallelamente, resta fuori dalla manovra la proposta di un nuovo semestre di “silenzio-assenso” per il trasferimento del Tfr ai fondi pensione, un tema che avrebbe potuto dare ulteriore slancio alla previdenza complementare. Nonostante ciò, l’impianto complessivo tenta di migliorare la sostenibilità del sistema nel lungo periodo.
Un altro nodo cruciale riguarda l’effettiva convenienza delle nuove misure per i giovani. Se da un lato la possibilità di incrementare il montante contributivo rappresenta un’opportunità, dall’altro le difficoltà economiche e la precarietà lavorativa potrebbero scoraggiare molti dall’aderire.
Maggiorazioni per gli assegni sociali
Per i pensionati over 70 in condizioni disagiate, la manovra prevede un vergognoso aumento di 8 euro al mese a partire dal 2025. Inoltre, la soglia massima di reddito per mantenere il diritto all’assegno sociale verrà incrementata di 104 euro, garantendo un piccolo supporto a una fascia della popolazione particolarmente vulnerabile.
Oltre a queste misure, si prevede anche un lieve miglioramento del trattamento pensionistico per chi ricade nelle fasce di reddito più basse, con l’obiettivo di contenere le disuguaglianze e assicurare una maggiore dignità economica agli anziani.