Pensione anticipata in Manovra, quali alternative sono rimaste per il 2026

Le novità sulla pensione anticipata nel 2026 tra stop, proroghe e nuovi requisiti. Dalla fine di Opzione donna alle incertezze su quota 103

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Si discute ancora molto della Manovra 2026 focalizzandosi sui nodi che tendono i rapporti all’interno della maggioranza. Alcune tematiche, come il tema della pensione, sono state lasciate da parte, eppure è piuttosto interessante quello che accadrà nel 2026, a partire dalla fine del prossimo mese. Il prossimo anno infatti cambiano le dinamiche per accedere all’uscita anticipata dal lavoro, ridisegnando gli strumenti a tale scopo. Alcuni vengono cancellati, altri confermati, anche se con flessibilità diversa rispetto al passato.

Di fatto le possibilità per percorrere l’uscita anticipata si sono ristrette, il Governo ha favorito quelle soluzioni più sperimentali e che cercano di rispondere alle nuove esigenze del mondo del lavoro. Così, mentre Opzione donna va verso la dismissione, ci si interroga ancora sulla proroga di quota 103 o la possibilità di considerare validi ai fini contributivi stage e tirocini.

Addio a Opzione donna

Appare ormai certa la dismissione dello strumento “Opzione donna”. Non solo era inserito nella Manovra, ma uno degli emendamenti che proponeva di prorogarlo e ampliarlo è stato dichiarato inammissibile dal Senato. Il motivo della dichiarazione di inammissibilità è che non spiegava chiaramente da dove sarebbero state prese le risorse per pagare la misura e, salvo un nuovo emendamento che chiarifichi il punto, ormai dal 2026 è chiaro che questa opzione non sarà più disponibile.

Opzione donna permetteva il congedo anticipato per le lavoratrici che si vedevano riconosciuto il ruolo di cura. Da una parte la cancellazione priva moltissime di uno strumento che permetteva di compensare carriere discontinue, part-time involontari e interruzioni dovute alla maternità e all’assistenza familiare in cui spesso incappano proprio le donne; dall’altra parte non era uno strumento molto utilizzato.

Non tanto per volontà delle lavoratrici, ma perché la platea era stata drasticamente ristretta dal governo Meloni, arrivando a supportare appena 3.500 donne circa.

Quota 103

Anche Quota 103 potrebbe andare verso lo stop definitivo perché non si tratta di uno strumento prorogato automaticamente al 2026, anche se c’è chi chiede di mantenerlo attivo per il prossimo anno in assenza di un’alternativa.

Quota 103 permette l’uscita a 62 anni con 41 anni di contributi, con il ricalcolo dell’assegno secondo il sistema contributivo, che riduce di fatto la pensione. Si tratta per molti lavoratori di una soluzione di uscita perché hanno raggiunto già soglie contributive elevate. Il rischio di non mantenerlo attivo anche nel 2026 è quello di creare una categoria non inclusa con ormai dei requisiti raggiunti per un altro sistema di uscita dal mondo del lavoro.

Al momento non si conosce il suo destino, che potrebbe essere deciso da emendamenti o altre risorse che la manovra riuscirà ad allocare su questo. Anche in questo caso, però, con la stretta del governo Meloni prima a Quota 102 e a Quota 103 dopo, i beneficiari sono poco più di 1.000 persone.

Prorogata l’Ape sociale

Strumento prorogato è invece l’Ape sociale. Si tratta di una proroga che avviene di anno in anno dal 2017 e che permette l’uscita anticipata dai 63 anni e cinque mesi, ma solo per chi ha almeno 30 o 36 anni di contributi e rientra in categorie specifiche. Si tratta di un’indennità “ponte” per chi ha perso il lavoro, assiste familiari disabili o svolge mansioni gravose.

A differenza degli strumenti precedenti, l’Ape sociale è stata utile a circa 20.000 persone. Si tratta comunque di una misura poco utilizzata, ma utile. La maggior parte dei lavoratori, in ogni caso, va verso la pensione di vecchiaia a 67 anni o all’anticipata ordinaria con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne), secondo le regole della legge Fornero.

Riscattare stage e tirocini

In un emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra viene inserita la possibilità di riscattare stage e tirocinio ai fini pensionistici. Sono molte le persone che hanno iniziato l’attività lavorativa attraverso percorsi formativi non retributivi o privi di copertura contributiva e questa soluzione permetterebbe di coprire un vuoto che in molti hanno accumulato proprio all’ingresso del mercato del lavoro.

La procedura sembra somigliare al riscatto della laurea, con un numero definito di mesi e la condizione che il periodo formativo sia effettivamente collegato a un successivo impiego regolare.

Pensione anticipata: le alternative rimaste

Tra cancellazioni sicure e possibili proroghe, quali sono le alternative per la pensione anticipata nel 2026? Si tratta ormai di un sistema molto ridotto, permesso a pochi lavoratori e lavoratrici, ma che resta accessibile solo con alcune condizioni. Tra queste abbiamo già citato l’Ape sociale, molto probabilmente confermata per il 2026. Ma ci sono anche altre possibilità, come Quota 41 per i lavoratori precoci, che permette a chi ha iniziato a lavorare molto presto e ha svolto mansioni usuranti o è invalido, di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età.

Attenzione: le condizioni per accedervi, tanto nel 2025 come nel 2026, sono molto stringenti.

A questo si aggiungono il regolare pensionamento anticipato, quello del vecchio canale previsto dalla legge Fornero che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, nel quale entrano però in gioco gli adeguamenti all’aspettativa di vita dal 2027. Infine, la pensione anticipata contributiva per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza pubblica obbligatorie che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, requisito contributivo per chi vuole la pensione anticipata all’età di 64 anni e almeno 20 anni effettivi e a patto che l’assegno pensionistico sia pari o superiore a tre volte l’importo dell’assegno sociale, quindi deve superare i 21 mila euro lordi all’anno circa.