Condominio, a quali condizioni è possibile il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato

Per potersi distaccare dall’impianto di riscaldamento centralizzato il condomino che rinuncia al servizio deve provare il rispetto di alcuni requisiti

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Manuela Margilio

Content Specialist in diritto, fisco e immobilare

Esperta di diritto, sul web collabora con diverse riviste occupandosi del settore immobiliare e fiscale.

Pubblicato: 9 Novembre 2024 09:00

Con l’avvicinarsi dell’inverno e l’accensione degli impianti di riscaldamento molti proprietari di immobili situati in condominio sono indotti a prendere in considerazione l’idea di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, al fine di ottenere un risparmio sui consumi, negli ultimi tempi sempre più elevati, e una maggiore flessibilità in merito alle modalità e alle fasce di accensione delle caldaie.

A seguito della riforma del condominio attuata nel 2012 è la legge stessa a consentire al singolo condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato e di dotarsi di un impianto autonomo, al fine di potersi autogestire. Tale facoltà è prevista e disciplinata dall’articolo 1118 del codice civile che subordina la rinuncia all’utilizzo dell’impianto comune al rispetto di determinate condizioni.

La possibilità è confermata da numerose pronunce dei Giudici di merito e della Corte di Cassazione che, di volta in volta, ne circoscrivono l’ambito di validità, identificando le condizioni cui tale intervento sulle parti comuni è ammesso (sentenze Corte di Cassazione 11815/2020, 26185/2023).

A prescindere dal rispetto dei requisiti richiesti, il dibattito in ambito condominiale, spesso motivo di contenziosi, concerne, anche la partecipazione o meno alle spese di gestione del servizio del condomino distaccatosi.

Non è tutto. Conflitti sorgono infatti anche in merito alla validità o meno di una clausola contenuta nel regolamento condominiale, sia pure di contrattuale, che possa vietare ai condomini di scollegarsi dal suddetto impianto.

A quali condizioni è ammesso il distacco

La legge, all’articolo 1118 del codice civile stabilisce quali sono le condizioni affinché un condomino possa legittimamente rinunciare all’utilizzo dell’impianto di riscaldamento condominiale.
A tal fine:

  • non si devono accertare notevoli squilibri nel funzionamento dell’impianto centralizzato;
  • dall’intervento non devono derivare aggravi di spesa per gli altri condomini;
  • non si deve arrecare alcun danno agli altri condomini.

Insomma, è essenziale che non vi sia alcuna conseguenza negativa per gli altri proprietari nonché alcun incremento di consumi o rischi di guasto per l’impianto di riscaldamento centrale.

In presenza delle condizioni sopra riportate è un diritto del condomino rinunciare ad avvalersi dell’impianto centralizzato. Questo sta a significare che non è necessario ottenere l’autorizzazione preventiva da parte dell’assemblea condominiale o dell’amministratore.

Per dimostrare la sussistenza delle condizioni indicate, prima di effettuare in concreto lo scollegamento dall’impianto comune, il condomino interessato ai lavori dovrà munirsi di perizia tecnica rilasciata da un professionista qualificato.
La perizia è un documento tecnico che rientra tra gli oneri probatori a carico del condomino che intende distaccarsi. Esso permette di dimostrare con certezza che l’intervento da porre in essere non arrecherà notevoli squilibri al funzionamento dell’impianto centrale o un aggravio dei costi a carico degli altri condomini.

Qualora vi sia il benestare da parte del tecnico che accerta la sussistenza dei requisiti necessari occorre procedere per passi, seguendo i seguenti step.

Come prima cosa il condomino dovrà dare comunicazione all’amministratore del condominio. Siamo di fronte ad un lavoro che viene eseguito nell’ambito dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva che non deve arrecare danno alle altre abitazioni o pregiudicare la sicurezza o la stabilità delle parti comuni. In ogni caso la legge richiede che se ne dia preventiva notizia all’amministratore.

Quando è richiesto il parere dell’assemblea condominiale

In mancanza di idonea prova delle condizioni necessarie per il distacco, mediante perizia tecnica, sarà l’assemblea condominiale a dover decidere se consentire o meno il distacco, previa valutazione dell’eventuale impatto negativo sugli altri condomini.

Inoltre una delibera assembleare sull’argomento sarà indispensabile nei casi in cui le opere da realizzare siano causa di evidenti squilibri di funzionamento dell’impianto comune o comportino un aumento delle spese per gli altri partecipanti al condominio. La decisione in questo caso è rimessa all’assemblea e la delibera, per essere valida, deve essere presa a maggioranza dei partecipanti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio in millesimi.

Solo a questo punto il condomino interessato potrà passare alla fase concreta di esecuzione dei lavori, rispettando i vincoli di legge in merito a conformità, adeguatezza e sicurezza.

Vale la pena ricordare che, in caso di installazione di un impianto autonomo, resta fermo il rispetto il calendario con le date di accensione stabilito dalla normativa nazionale o regionale.

Quanti condomini si possono staccare dall’impianto centralizzato

A richiedere il distacco dall’impianto centralizzato può essere più di un condomino. La legge non prescrive un numero massimo di proprietari che possano effettuare lo scollegamento ma va da sé che un limite debba ritenersi sussistente al fine di rispettare le condizioni richieste dalla normativa per poter procedere. In caso di numeri elevati potrebbero crearsi notevoli squilibri e aggravio dei costi. La questione in tal caso, visto il coinvolgimento di molti condomini, dovrà certamente essere discussa in sede di assemblea.

Dopo la chiusura del collegamento al condomino che ha rinunciato sarà indispensabile verificare l’impatto del nuovo assetto sulle spese condominiali.

Obbligo di installazione dell’impianto autonomo

Una volta avvenuto il distacco da parte del condomino rinunciatario, il condominio dovrà accertare che egli effettivamente provveda ad installare l’impianto autonomo. Questo passo è essenziale al fine di evitare ulteriori aggravi di spesa che non erano stati inizialmente messi in conto mediante la redazione della perizia tecnica. Senza la messa a punto della caldaia autonoma il condomino beneficerebbe indebitamento del calore altrui con l’effetto di sottoporre l’impianto centralizzato ad un sovraccarico di lavoro e quindi di costi, continuando egli a usufruire del calore dei radiatori altrui.
La necessità di un impianto autonomo è evidenziata dalla sentenza della Corte di Cassazione del 2023 sopra riportata.

Calcolo delle spese

Tra le spese che il condomino deve sostenere in caso di installazione di un impianto autonomo sono da menzionare i costi diretti connessi al distacco, a partire dalla perizia e fino alle eventuali opere in muratura che saranno totalmente a carico del condomino uscente.

Per quanto concerne invece le restanti spese di riscaldamento, la legge è chiara sul punto. Anche se il condomino rinunciatario non pagherà le spese vive di riscaldamento, che saranno suddivise solo tra i condomini che si serviranno dell’impianto centralizzato, resteranno a suo carico alcune tipologie di spese: le spese di manutenzione straordinaria dell’impianto, quelle per la sua conservazione e per la sua messa a norma. Le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria devono comunque continuare ad essere pagate in quanto l’impianto centrale di riscaldamento costituisce pur sempre una parte comune ai sensi dell’articolo 1117 codice civile, come le scale, l’androne o il pianerottolo.

È proprio tale contitolarità che determina l’insorgere dell’obbligo di contribuire alle spese per la gestione dei beni in comune. Nonostante l’articolo 1118 codice civile abbia derogato al generale divieto di rinunciare al diritto sui beni in comproprietà, talune spese restano obbligatorie.

Si precisa che per spese di manutenzione straordinaria si intendono, ad esempio, quelle sostenute per adeguare l’impianto alle norme vigenti, anche in termini di sicurezza.
Le spese finalizzate alla conservazione comprendono quelle per interventi volti a garantire l’integrità e l’efficienza dell’impianto, incluse quelle di sostituzione della caldaia che sia vetusta.

Poiché l’impianto di riscaldamento costituisce bene comune, continuando ad appartenere anche al condomino rinunciatario, quest’ultimo sarà comunque tenuto a contribuire al pagamento di determinati oneri pro quota, mantenendo egli pur sempre il diritto a riallacciarsi nuovamente in futuro qualora lo desiderasse.

La sentenza della Corte di Cassazione del 2020 che abbiamo sopra citata ha anche aggiunto tra le spese da mettere in conto, i cosiddetti consumi involontari. Si intende quella parte dei consumi di cui si beneficia grazie alla mera accensione dell’impianto comune e per il calore da esso proveniente. Potrà essere stabilita una quota fissa a carico del rinunciatario da parte dell’assemblea condominiale che terrà conto anche del fatto che il condomino potrà trarre vantaggio dal riscaldamento delle parti comuni, come l’androne dello stabile. Possiamo constatare come i consumi involontari non siano strettamente correlati alle scelte personali del condomino rinunciatario e non sono quantificabili con appositi strumenti di misurazione.

Le uniche spese che il condomino non è tenuto a versare sono quelle strettamente legate ai consumi effettivi.

In sintesi, se l’intento del proprietario che si distacca è quello di risparmiare, alla fine non sempre è così. Con calcoli alla mano l’investimento in un impianto autonomo potrebbe non rivelarsi poi così conveniente.

Può il regolamento condominiale vietare il distacco?

Sulla base di quanto asserito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione deve ritenersi nulla una clausola contenuta nel regolamento condominiale che apponga il divieto di distaccarsi dall’impianto centralizzato, impedendo al condomino interessato di dotarsi di un impianto autonomo.

Siffatto divieto dovrà pertanto ritenersi illegittimo poiché volto a limitare un diritto fondamentale di ciascun condomino.

Una clausola di questo tipo che incida sull’esercizio di un diritto in capo al singolo proprietario è ritenuta invalida anche qualora contenuta all’interno di un regolamento condominiale di natura contrattuale.

È altresì nulla la delibera che vi darebbe attuazione, ponendo anche a carico del condomino che si distacca le spese vive legate ai consumi e all’uso della caldaia centralizzata.

Si deve considerare che il regolamento condominiale, non può in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni né, anche se di natura contrattuale, può derogare alle disposizioni di cui all’articolo 1138 codice civile quarto comma, imponendo con apposita clausola il pagamento delle spese di riscaldamento da parte del condomino distaccatosi.