La cucina italiana diventa patrimonio Unesco dell’Umanità, c’è il primo sì

Il dossier di candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell'umanità ha ricevuto il primo parere positivo da parte dell'Unesco

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

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L’arte culinaria del nostro Paese incassa il primo “sì” dall’Unesco. L’organizzazione delle Nazioni Unite, per l’educazione, la scienza e la cultura, ha emesso il parere positivo per il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’umanità, rendendo pubblica la valutazione tecnica sulla candidatura.

Si tratta dell’atto preliminare alla presentazione del dossier di fronte al Comitato intergovernativo dell’Unesco, che a dicembre dovrà prendere una decisione politica sull’iscrizione nell’elenco dell’Unesco.

Il parere positivo dell’Unesco

Le valutazioni pubblicate nella giornata di lunedì 10 novembre dall’organizzazione delle Nazioni Unite ha riguardato anche altre candidature, come quella sullo Yodel svizzero, il Son cubano, gli Origami giapponesi, il vino passito cipriota e alla passione di Cristo in Messico.

Il parere positivo dell’Unesco rappresenta un giudizio fondamentale per permettere alla cucina italiana di ricevere l’approvazione finale del riconoscimento a patrimonio immateriale dell’umanità, come spiegato da Pier Luigi Petrillo, professore alla Luiss Guido Carli e curatore del dossier.

La valutazione tecnica pubblicata oggi ci dice che il dossier è ben fatto ed è coerente con gli obiettivi dell’Unesco. Occorre però tenere conto che questo primo sì non deve creare illusioni perché il Comitato intergovernativo che si riunirà in India a dicembre ha la possibilità di rivedere completamente la decisione

Per conoscere la decisione definitiva bisognerà aspettare la sessione del Comitato intergovernativo dell’Unesco in programma dall’8 al 13 dicembre a New Delhi.

Nella lista rappresentativa sono presenti da anni alcune pratiche, conoscenze e tecniche legate alla ricchezza gastronomica e culinaria del nostro Paese come, la “Vite ad alberello di Pantelleria”, dal 2014, l'”Arte del Pizzaiuolo Napoletano”, dal 2017, e dal 2021 la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia”.

Già dal 2010 è riconosciuta patrimonio dell’Unesco anche la “Dieta mediterranea” che riunisce le arti culinarie di Italia, Spagna, Grecia, Marocco, Cipro, Croazia e Portogallo, non solo in quanto modello di alimentazione ma anche per i saperi e i valori culturali e sociali espressi dalle tradizioni condivise da questi Paesi.

In caso di voto positivo, la cucina del nostro Paese sarebbe la prima al mondo ad apparire nell’elenco dei patrimoni immateriali dell’umanità.

La candidatura a patrimonio dell’umanità

Il dossier è stato presentato dal ministero della Cultura e dell’Agricoltura nel 2023, grazie a lavoro di documentazione e ricerca del Comitato scientifico presieduto dal professore emerito dell’Università di Bologna, Massimo Montanari.

Una candidatura che era partita già dal 2020, dando seguito alla proposta dell’Accademia italiana della cucina, fondata nel 1953 da Orio Vergani, che con oltre 80 sedi all’estero, la Fondazione Casa Artusi, nata nel 2007 per promuovere “la cucina di casa italiana” praticata da Pellegrino Artusi sin dalla seconda metà dell’Ottocento, e dalla rivista “La Cucina Italiana”, fondata nel 1929.