Decontribuzione per il Sud, lo stop nel 2025 mette a rischio 25mila lavoratori

In Manovra è previsto lo stop alla decontribuzione per il Sud nel 2025 il che mette a serio rischio 25mila lavoratori e fa scendere il Pil e l’occupazione dell’area

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Pubblicato: 27 Novembre 2024 21:26

Il governo di Giorgia Meloni ha deciso con la Manovra di abrogare dal 2025 la decontribuzione prevista per il Sud, con la mossa che potrebbe mettere a serio rischio circa 25mila posti di lavoro e far calare il Pil del Mezzogiorno d’Italia dello 0,2% e l’occupazione dello 0,3%. I dati sono stati elaborati dal rapporto 2024 della Svimez, che sottolinea come il taglio dello stanziamento di 5,9 miliardi per il 2025 deciso dall’esecutivo non potrà essere compensato in giusto modo dal nuovo Fondo di interventi per il Sud previsto dalla Legge di Bilancio. Il Sud tornerà, quindi, a crescere meno del Centro – Nord, senza aver risolto in questi anni il problema delle basse retribuzioni.

Lo stop della decontribuzione al Sud mette a rischio i lavoratori

“La Legge di Bilancio 2025 prevede, a compensazione, il finanziamento di un nuovo Fondo per interventi al Sud, con una dotazione pari a circa la metà di quanto tagliato (5,9 miliardi per il 2025, ndr) e senza ancora una chiara destinazione né uno strumento attuativo”, si legge nel report di Svimez che senza mezzi termini descrive l’impatto fortemente negativo che avrà sul tessuto socio economico la scelta del governo.

A rischio ci sono, come detto 25mila lavoratori, con la crescita del Mezzogiorno registrata nel 2024 che potrebbe andare svanita. Più nello specifico, Svimez evidenzia che nel 2024 il Sud d’Italia è cresciuto, per il secondo anno di fila, più della media del Centro – Nord, con i dati che sono rispettivamente del +0,9% nel 2023 (quasi un punto percentuale in più di quello del Centro-Nord) e del +0,7%.

In questi anni, anche soprattutto grazie alla possibilità per le imprese meridionali di tagliare del 30% il costo del lavoro, gli investimenti nel Mezzogiorno sono cresciuti notevolmente. Nel settore delle costruzioni, quello che più ha avuto un incremento, la spesa per le opere pubbliche ha portato il settore al +4,9%, rispetto al 2,7% registrato nel resto del Paese.

Con il venir meno della decontribuzione, sempre secondo Svimez, la crescita al Sud tornerà a essere inferiore rispetto al resto del Paese (+0,7% contro +1% del Centro-Nord), confermando la tendenza anche nell’anno 2026 (+0,8% contro 1,1%).

Il dato sui salari ancora troppo bassi

Pur evidenziando le problematiche per il Sud legate al mancato rinnovo della decontribuzione per il 2025 e sottolineando che grazie a questi incentivi l’occupazione nel Meridione è tornata a livelli che non vedeva dal 2008, Svimez ha anche sottolineato che il valore dei salari è notevolmente crollato. La povertà al Sud, infatti, è salita nel 2024, portando i cosiddetti lavoratori poveri al numero di 1,4 milioni. Entrando più nello specifico, tra il quarto trimestre 2019 e la prima metà del 2024, i salari reali dei lavoratori sono scesi maggiormente al Sud che al Centro – Nord, rispettivamente del 5,7% e del 4,5%, a fronte di una media dell’Eurozona pari a meno 1,4%.

“Un vero e proprio crollo al Sud – recita la nota di Svimez – causato da una più sostenuta dinamica dei prezzi e dai ritardi nei rinnovi contrattuali, in un mercato del lavoro che ha raggiunto livelli patologici di flessibilità”.

I dati della decontribuzione al Sud

Per comprendere l’impatto dello stop della decontribuzione al Sud nel 2025 è sufficiente guardare al potere benefico che questa iniziativa ha avuto nel corso dell’ultimo anno. La sgravio del 30% è stato applicato nel 2023 a 2 milioni di contratti (spesa di oltre 3,6 miliardi di euro).