Si faceva chiamare da tutti Andrea Bonafede, era un geometra di Campobello di Mazara, paese in provincia di Trapani, e ogni settimana si recava a Palermo per sottoporsi alle cure chemioterapiche per il tumore al colon che gli era stato diagnosticato da alcuni mesi. Una messinscena quasi perfetta per Matteo Messina Denaro, il latitante trentennale che dal 1993 aveva fatto perdere le tracce di sé fino al 16 gennaio 2023, giorno in cui i ROS e i carabinieri lo hanno arrestato alla clinica “La Maddalena” di Palermo.
Trent’anni in fuga sì, ma sempre lì tra i territori che conosceva bene, in quella Sicilia che è sempre stata nascondiglio sicuro per tanti boss mafiosi che negli anni, grazie al lavoro delle forze dell’ordine, sono stati arrestati. Da Totò Riina a Bernardo Provenzano, l’ultimo dei grandi latitanti di Cosa Nostra ha finito la sua fuga da “Andrea Bonafede”, con dei documenti falsi che gli hanno permesso negli anni di farla sempre franca. Ma ora che è in custodia in un carcere di massima sicurezza in Abruzzo dovrà rispondere alle domande degli inquirenti sull’operato mafioso e non solo.
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Messina Denaro è Andrea Bonafede, il documento falso
Finito in manette, si fa per dire, nella mattina di lunedì 16 gennaio 2023 alla clinica “La Maddalena”, un centro specializzato del capoluogo siciliano dove si recava ogni settimana per delle cure chemioterapiche, Matteo Messina Denaro per tutti è sempre stato Andrea Bonafede. Geometra trapanese di 60 anni, da compiere il prossimo 23 ottobre, Bonafede è stato per anni l’alter ego del boss mafioso che ha saputo fare la spola tra Palermo e Trapani senza alcun problema.
Al momento dell’arresto, scattato quando un carabiniere in fila dietro di lui ha sentito chiaramente il nome e il cognome falso segnalato in precedenza grazie a una soffiata degli investigatori, Messina Denaro è stato quindi colto con documenti falsi che, stando a quanto riferito dai pm, sono tutt’altro che una “falsificazione grossolana” (il primo decreto sulla giustizia del governo di Giorgia Meloni).
Un documento, rileva Paolo Guido, che è stato trattato nei minimi dettagli per non creare alcun dubbio agli occhi di chi lo leggeva. Bonafede Andrea, nato il 23 ottobre 1963 a Campobello di Mazara e residente in via Marsala, proprio a Campobello, sono infatti dei dati che potevano essere controllati in qualsiasi momento da parte delle forze dell’ordine che, senza dubbio avrebbero anche potuto trovare lì il “geometra”. Ma intanto il vero Andrea Bonafede, quello che ha subito il furto d’identità, dovrà spiegare agli inquirenti come mai il boss latitante usasse la sua carta di identità.
Cosa rischia chi falsifica i documenti
Non è il caso di Matteo Messina Denaro, che nella lunga lista dei reati che lo vedono accusato vede in quello di falsificazione di documenti l’ultimo dei problemi. Ma in Italia, così come nel resto del mondo, produrre o essere in possesso di un documento falso è perseguibile penalmente.
Infatti la legge italiana prevede che chiunque venga trovato in possesso di un documento falso, valido per l’espatrio, è punibile con la reclusione da due a cinque anni. Chi, invece, fabbrica o forma il documento falso avrà la stessa pena aumentata di un terzo. Messina Denaro, quindi, vedrebbe aumentare la pena per questo reato, considerato di certo minore rispetto ai tanti altri imputati nella lunga lista delle accuse alle quali dovrà rispondere dal 41-bis.