Il Monte Bianco si ferma per tre mesi: parte la maratona di lavori nel traforo

Monte Bianco chiuso per 105 giorni. Inizia il cantiere su 600 metri di volta, previsto fino al 16 dicembre, con disagi sul traffico e collegamenti

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Il Monte Bianco chiude i battenti per 105 giorni. Dalle 17 di lunedì 2 settembre, il traforo si è trasformato in un cantiere, con l’avvio dei primi interventi di risanamento della volta, lunga oltre 11 chilometri. L’operazione, che coinvolge due tratti di 300 metri ciascuno, potrebbe inaugurare una lunga serie di chiusure nei prossimi 18 anni, con un conto salato: 50 milioni di euro solo per le opere già in corso e quelle programmate per il 2025.

Questa chiusura si aggiunge alle già problematiche restrizioni sul Frejus e alle limitazioni imposte dall’Austria sul Brennero, e crea un ulteriore ostacolo ai collegamenti tra Italia e Francia.

La riapertura è fissata per la stessa ora di metà dicembre, quando i lavori sul primo tratto di 600 metri saranno completati. La volta della galleria verrà demolita, impermeabilizzata e ricostruita utilizzando moduli prefabbricati in calcestruzzo.

Tra ritardi e deviazioni: la lunga strada del risanamento

Il progetto, slittato rispetto ai piani iniziali, doveva partire lo scorso anno, ma la frana che ha devastato la Maurienne in Francia ha costretto a rivedere i tempi. Ora, con il cantiere finalmente avviato, la riapertura è fissata entro il 16 dicembre, in tempo per le festività natalizie. Il gestore, Geie-Tmb, si impegna a fare il possibile per rispettare i tempi, sottolineando come il periodo scelto sia quello meno dannoso per il turismo.

Ma i disagi sono dietro l’angolo: durante la chiusura del traforo, si prevede che la maggior parte dei camion sarà dirottata sul traforo del Fréjus, già provato dalla frana dello scorso anno e con un futuro incerto per la riapertura del traforo ferroviario, rinviata almeno fino al primo trimestre del 2025. Il traffico leggero, invece, sarà redistribuito tra la galleria Bardonecchia-Modane, il traforo del Gran San Bernardo e il Colle del Piccolo San Bernardo, che rischia però di chiudere al primo fiocco di neve.

Monte Bianco: un’arteria trafficata a rischio blocco

Il traforo del Monte Bianco è un punto di passaggio obbligato per una buona fetta del traffico che attraversa le Alpi: il 4,4% dei mezzi pesanti e il 3,3% dei veicoli leggeri che solcano queste montagne lo fanno attraverso questo tunnel. Nonostante le chiusure già avvenute lo scorso anno, con ben nove settimane di stop totale, il traffico non ha rallentato: oltre 1 milione e 677 mila veicoli hanno attraversato il traforo, con una media giornaliera di 4.595 mezzi.

Le preoccupazioni della Valle d’Aosta

Il presidente della Regione Valle d’Aosta, Renzo Testolin, ha espresso la sua preoccupazione in un videomessaggio diffuso ieri. “È una chiusura programmata, ma non per questo meno impattante per il tessuto economico e sociale della Valle,” ha dichiarato. Testolin ha rinnovato l’appello alla politica nazionale e alle autorità francesi, chiedendo la realizzazione di una seconda canna per il traforo. Questa richiesta è stata ribadita anche domenica scorsa a La Thuile, durante la prima edizione della Fête des Alpes, a testimonianza dell’importanza strategica di questa infrastruttura per la regione e per l’intero Nord Ovest.

L’appello di Fai-Conftrasporto

Di fronte a questa nuova chiusura, la Fai-Conftrasporto ha lanciato un appello per un incontro urgente con Antonio Tajani e Matteo Salvini, oltre al Commissario Europeo ai Trasporti. L’obiettivo è scongiurare una crisi che potrebbe avere ripercussioni non solo sul settore dell’autotrasporto e della logistica, ma sull’intera economia italiana.

Paolo Uggè, presidente di Fai-Conftrasporto, non ha esitato a parlare dei possibili rischi di una paralisi nel commercio di merci tra l’Italia e i Paesi europei, richiamando l’intervento dei Parlamentari europei Carlo Fidanza, Paolo Borchia, Massimiliano Salini e Pierfrancesco Maran che, nel mese di agosto, avevano sollecitato la riapertura del Frejus alla Commissione Europea.