Mantenimento dei figli, in quali casi cessa l’obbligo: la nuova sentenza della Cassazione

In quali casi cessa l’obbligo di mantenimento dei figli che abbiano raggiunto la maggiore età e cosa dice la Corte di Cassazione in merito

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Manuela Margilio

Content Specialist in diritto, fisco e immobilare

Esperta di diritto, sul web collabora con diverse riviste occupandosi del settore immobiliare e fiscale.

La legge stabilisce che i genitori debbano provvedere al mantenimento dei figli. Se in proposito vi è certezza per quanto concerne i figli minorenni, con il conseguimento della maggiore età possono sorgere alcuni dubbi su quelle che siano le regole da applicare. A tal fine si deve ricorrere alle interpretazioni della giurisprudenza. Sul tema riveste particolare importanza la recente sentenza n. 8630 del 2 aprile 2024 con la quale la Corte di Cassazione illustra alcuni criteri per stabilire quando l’obbligo di mantenimento viene a cessare. Secondo i Giudici Supremi tale obbligo viene meno con il raggiungimento dell’età lavorativa da parte del figlio.

Obbligo di mantenimento dei figli da parte dei genitori

Lo Stato riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Nell’ambito delle formazioni sociali di cui all’articolo 2 della Costituzione va infatti annoverata la comunità familiare come fondamentale forma di organizzazione della convivenza umana all’interno della quale si attua la personalità dell’individuo.

Tra i membri della famiglia intesa in senso stretto intercorre una fitta e intensa rete di rapporti giuridici che determinano il sorgere di diritti e di doveri. Tra questi si deve menzionare l’obbligo dei coniugi di mantenere, la prole (articolo 147 del codice civile) in attuazione di quanto già previsto dalla Costituzione all’articolo 30 posto a tutela anche dei figli nati al di fuori del matrimonio.

Alla famiglia vengono dunque riconosciuti specifici compiti entro l’organizzazione complessiva della società. Nell’ambito di questi compiti vi è quello che abbiamo citato di mantenimento dei propri figli. I doveri della famiglia non si esauriscono in tale obbligo, poiché ad esso si affianca quello di assistenza morale e materiale tra coniugi unitamente a quello di prestare alimenti al parente o affine che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento.

La base normativa che pone l’obbligo di mantenimento dei figli è costituita, oltre che dalla Costituzione, dall’articolo 147 del codice civile che impone, ad ambedue i genitori, i seguenti doveri nei confronti dei figli:

  • mantenimento;
  • istruzione;
  • educazione;
  • assistenza morale.

Tali obblighi devono essere assolti rispettando la capacità dei figli, le loro inclinazioni naturali, le aspirazioni.

I genitori devono adempiere l’obbligo di cui all’articolo 147 codice civile secondo un criterio ben preciso, statuito dall’articolo 316 bis codice civile, in base al quale essi devono rispettare le prescrizioni nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze economiche e secondo la loro capacità di lavoro professionale e casalingo.
Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

L’obbligo di mantenimento cessa con la maggiore età?

Cosa succede una volta raggiunta la maggiore età? Con il compimento dei 18 anni del figlio non viene meno automaticamente l’obbligo dei genitori di provvedere al suo mantenimento. Il figlio che prosegue negli studi per ottenere un titolo o un’abilitazione continuerà ad essere mantenuto dai genitori. Stesso discorso nel caso in cui il figlio si impegni seriamente nella ricerca di un lavoro dopo la scuola dell’obbligo o dopo gli studi universitari.

Come evidenziato dalla Corte di Cassazione tuttavia il periodo di ricerca dell’occupazione confacente alle proprie aspirazioni e inclinazioni non può essere a tempo indeterminato.

L’obbligo di mantenimento cessa, oltreché quando il figlio abbia trovato un lavoro (non necessariamente a tempo indeterminato) o sia mantenuto da altri, anche quando abbia raggiunto un’età lavorativa ovvero l’età in cui la persona è messa in condizione di poter e dover lavorare, a meno che non vi siano gravi forme di inabilità lavorativa riconducibili a quanto previsto dall’articolo 104/1992. Il figlio maggiorenne che abbia raggiunto un’età tale da poter provvedere comunque a se stesso perde il diritto al mantenimento.

Certamente occorre tener conto delle sempre maggiori difficoltà dei giovani ad entrare nel mondo del lavoro che sono alla base di un sempre maggiore slittamento del momento in cui si consegue l’indipendenza economica dalla famiglia.
Tuttavia i figli non possono riversare sulle avverse condizioni di mercato del lavoro la responsabilità per un’inattività colposa.

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, in base a quanto evidenziato nella sentenza n. 8630 del 2 aprile 2024 le difficoltà a trovare un’occupazione che sia in linea con il percorso di studio o comunque con le proprie inclinazioni e obiettivi non deve tradursi in una giustificazione per farsi ancora mantenere dai genitori. Ecco che, anche se si è conseguito un titolo di laurea, ci si deve adattare anche a lavori non conformi alle proprie aspirazioni.

Questo momento per la Cassazione coincide con l’età che va dai 30 -35 anni a seconda del tipo di formazione tecnica e professionale conseguita. Inoltre, una volta raggiunta l’indipendenza economica, il figlio non può più avanzare la pretesa del mantenimento in caso di un cambiamento delle sue condizioni. Anche qualora dovesse perdere il posto di lavoro poco tempo dopo, il mantenimento non potrà più essere richiesto.

Il diritto agli alimenti

Anche se vengono meno i requisiti per il diritto al mantenimento, resta comunque fermo, in caso di bisogno, il diritto agli alimenti che non incontra limiti temporali.

Occorre evidenziare che il diritto al mantenimento è ben più ampio del mero obbligo ad erogare gli alimenti in quanto abbraccia qualsivoglia esigenza del figlio, tenuto conto, da un lato, dell’ambiente sociale in cui vive la famiglia e delle effettive possibilità economiche dei genitori (art 148 codice civile), il tutto in linea con gli accordi dei genitori in merito all’educazione.

Anche se il diritto al mantenimento è venuto meno, per le motivazioni sopra esposte, non per questo può venir meno il diritto agli alimenti, il diritto riconosciuto al figlio (o più in generale ad un familiare) che versa in stato di bisogno in quanto privo del necessario per la vita, sia per carenza di risorse patrimoniali sia per mancanza di capacità al lavoro. Gli alimenti sono mezzi di sussistenza in denaro o in natura, aventi portata più ridotta rispetto al mantenimento, in quanto limitati alle necessità di vitto, alloggio, vestiario e cure sanitarie e, se si tratta di minori, anche alle cure per l’istruzione e l’educazione.
Esso spetta indipendentemente dalle cause che hanno determinato lo stato di bisogno.